Malasanità nel Lazio, lasciano una garza nell’addome dopo il parto: in arrivo un maxi risarcimento

Un grave errore ignorato per mesi dai sanitari: una garza quadrata larga 50 centimetri è rimasta all'interno dell'intestino di una giovane donna dopo il parto cesareo che ha portato alla nascita di una bimba in buone condizioni di salute. Nonostante i dolori e i sintomi sempre più gravi, i medici le avevano diagnosticato una depressione post-partum. E invece, ha stabilito una radiografia effettuata dopo mesi, la colpa era proprio della garza. E l'infezione era già talmente grave che è stato necessario un intervento d'urgenza con rimozione di un tratto dell'intestino. Un ritardo nella diagnosi di sole poche ore, hanno evidenziato i medici, avrebbe messo la giovane donna in grave pericolo di vita.
A sette anni di distanza dai fatti, il tribunale di Frosinone ha condannato la Asl e l'intera equipe medica e infermieristica dell'ospedale Santissima Trinità di Sora per quanto avvenuto e ha disposto l'erogazione di un maxirisarcimento nei confronti della donna.
L'errore medico, ha stabilito il giudice, coinvolge tutta l'equipe che ha curato il parto, perché non è possibile stabilire se l'errore nella conta delle garze sia avvenuto all'inizio o alla fine dell'operazione. Un fatto che rende difficilissimo, quindi, individuare un singolo responsabile. Nella sentenza i magistrati hanno sottolineato inoltre che il conteggio e l'inventario di tutti gli strumenti chirurgici, garze comprese, debbono essere svolti con attenzione e precisione, con il coinvolgimento di almeno due operatori sanitari. Una procedura che evidentemente è stata eseguita in modo errato dai sanitari di Sora e che ha determinato gravi conseguenze per la neomamma.
Il tribunale, inoltre, ha riconosciuto anche il danno morale subito dal marito della donna, costretto a gestire da solo la figlia neonata e a prendersi cura della moglie. Gli avvocati Di Murro e Perrozzi, che hanno seguito le vittime, hanno espresso soddisfazione per l'esito processuale, sottolineando però che nessuna sentenza potrà cancellare le sofferenze della donna e di suo marito.