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Aggiornamenti sul caso Emanuela Orlandi

Pignatone si dimette dal Tribunale del Vaticano: cosa c’entra con la scomparsa di Emanuela Orlandi

Giuseppe Pignatone, collegato con il caso di scomparsa di Emanuela Orlandi, si è dimesso dalla carica di Presidente del Tribunale dello Stato Vaticano. Il fratello Pietro: “Questi sono i benefattori secondo la Chiesa: c’è chi viene tumulato in una Basilica e chi nominato presidente del Tribunale Vaticano.
A cura di Beatrice Tominic
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A sinistra Giuseppe Pignatone, a destra Emanuela Orlandi.
A sinistra Giuseppe Pignatone, a destra Emanuela Orlandi.
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Le dimissioni di Giuseppe Pignatone, che dal 2019 ricopriva la carica di Presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano sono arrivate nei giorni scorsi. Dallo scorso luglio è indagato dalla Procura di Caltanissetta per presunti legami con la mafia negli anni Novanta.

La scelta di rassegnare le dimissioni non è stato un passo inatteso per il magistrato, già procuratore di Roma: la scelta è stata presa dopo aver raggiunto i limiti di età fissati per la magistratura vaticana. Il pontefice, una volta appresa la notizia, non ha potuto fare altro che ringraziarlo per il servizio reso in questi anni e accettare le dimissioni. Dirà addio al suo incarico il prossimo 31 dicembre 2024. 

Nella sua esperienza di magistrato, però, risulta essere collegato con innumerevoli casi, fra cui anche quello di Emanuela Orlandi. Come confermano fonti interne a Fanpage.it, però, la commissione bicamerale d'inchiesta non avrebbe intenzione di convocarlo, almeno per il momento.

Il commento di Pietro Orlandi: "Per il Vaticano questi sono i benefattori"

Non ha tardato ad arrivare il commento di Pietro Orlandi, diffuso sui social network: "Certo, ringraziamolo pure – attacca – Quindi va via solo per raggiunti limiti di età? Non perché indagato presso la Procura di Caltanissetta per collusione con la mafia negli anni Novanta?". E chiama in causa direttamente la Santa Sede: "A quanto pare ci sono diversi tipi di benefattori della Chiesa – dice – C'è chi viene ricompensato con una tumulazione in una Basilica (riferendosi a De Pedis, ndr) e chi viene nominato presidente del Tribunale Vaticano".

Pietro Orlandi.
Pietro Orlandi.

Chi è Pignatone, ex procuratore di Palermo e Roma

Nel corso del suo mandato in Procura a Roma, fra i vari casi di cui si è occupato Giuseppe Pignatone, anche la questione di Mafia Capitale. Il procurato è fra i primi a coniare questa espressione, che caratterizzerà un insieme di inchiesta sulla criminalità romana di quegli anni. A scuotere l'opinione pubblica, sicuramente, anche la vicenda dell'estumulazione della tomba di De Pedis che rappresenta, fra gli altri, uno dei collegamenti fra il procuratore e la scomparsa di Emanuela Orlandi.

A circa dieci dai fatti, Pignatone, che prima dell'incarico nella capitale era stato ex procuratore di Palermo e poi procuratore a Reggio Calabria, risulta essere indagato a Caltanissetta, nell'ambito dell'inchiesta sul presunto insabbiamento dell'indagine su mafia e appalti, nel 1992.

Anche per quanto riguarda la partecipazione nella magistratura italiana, la sua esperienza in Procura si è conclusa per raggiunti limiti di età. Era il maggio del 2019. Circa cinque mesi dopo, invece, ha dato il via a quella in Vaticano, con la nomina a Presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano.

Cosa c'entra Pignatone con la scomparsa di Emanuela Orlandi

Le sue dimissioni risaltano alle cronache proprio nelle settimane in cui la commissione di inchiesta ha ricevuto il comandante e il vice della gendarmeria di Stato vaticana che hanno affrontato, ognuno a modo propri, come vedremo più avanti, il tema della cosiddetta "trattativa fra Stato e Chiesa" sulla questione legata alla tomba di Enrico De Pedis, considerato il leader della Banda della Magliana, sepolto nella basilica di Sant'Apollinare.

In quegli anni, a partire dal 2012, era proprio Giuseppe Pignatone a trovarsi a capo della Procura di Roma, che rappresentava una delle due parti nella questione legata all'estumulazione della tomba del criminale romano sotto alla basilica.

L'inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi

Il mandato di Pignatone nella Procura di Roma inizia mentre è in corso la seconda indagine sulla scomparsa di Emanuela Orlandi. Iniziate nel 2006, a seguito delle dichiarazioni rilasciate da Sabrina Minardi, partner di Enrico De Pedis negli anni Ottanta.

Enrico De Pedis.
Enrico De Pedis.

In quegli anni, però, i passi avanti sul caso ufficiali non sono stati rivoluzionari come, alcuni, avrebbero potuto pensare. L'attenzione dell'opinione pubblica si concentra soprattutto sulla questione legata alla tomba di De Pedis. Come emerso nel corso della trasmissione Chi l'ha visto?, infatti, il criminale romano era sepolto nella basilica minore di Sant'Apollinare, a Roma, come premio di alcuni favori personali svolti per la Chiesa. Ed è qui che, a seguito della ricostruzione verosimile, ma non ancora confermata da fati storici proposta da Minardi, nella vicenda della ragazzina vaticana scomparsa il 22 giugno 2023 si insinua l'ombra della Banda della Magliana

L'archiviazioni delle indagini sulla scomparsa di Emanuela Orlandi

La decisione di Pignatone, a quel punto, è quella di chiudere le indagini. La richiesta di terminare l'inchiesta arriva da parte della Procura nell'ottobre del 2015 per mancanza di prove consistenti. Nelle indagini erano sei le persone indagate per omicidio e sequestro di persona: monsignor Pietro Vergari, ex rettore della basilica di Sant'Apollinare dove fino al 2012 era stato sepolto De Pedis; Sergio Virtù, autista del boss; Angelo Cassani detto Ciletto Gianfranco Cerboni detto Giggetto; Marco Fassoni Accetti e la stessa Sabrina Minardi.

Ad opporsi alla richiesta il titolare dell'indagine dell'epoca, il magistrato Giancarlo Capaldo, anche lui già ascoltato dalla commissione. Ma senza successo. "La procura ha archiviato l’inchiesta su mia sorella non per incapacità, ma per volontà. Ed è gravissimo – è stato il commento di Pietro Orlandi sulla vicenda anni dopo la fine delle indagini – È stata una scelta voluta".

La trattativa fra Stato e Chiesa: gli incontri con Giani e Capaldo

Durante gli anni trascorsi a capo della Procura di Roma, come anticipato, è stata svolta la cosiddetta trattativa fra Stato e Chiesa. A parlare, in commissione di inchiesta, sono state le due figura che rappresentavano la parte del Vaticano, il comandante Domenico Giani e il suo vice, Costanzo Alessandrini. Esclusa, invece, come confermano fonti certe a Fanpage.it, la convocazioni di Pignatone. "Padre Georg e la segreteria di Stato mi hanno chiesto di prendere contatti con il dottor Capaldo (titolare del fascicolo sulla scomparsa di Emanuela Orlandi all'epoca, ndr) – ha raccontato il primo – Dovevamo parlare della questione della tomba di Enrico De Pedis".

Secondo quanto dichiarato Giani, ci sarebbero stati almeno due incontri: da una parte lui e il vice, dall'altra, a rappresentare la Procura di Roma, Capaldo e, almeno una volta, Simona Maisto, titolari dell'indagine. Il primo ha più volte confermato gli incontri, la seconda non potrà più farlo: è morta nel 2022.

Il racconto di Capaldo: "Chiedevamo collaborazione"

"Il Vaticano ci chiese di aprire la tomba di De Pedis come favore. Non era un'idea del capo della Gendarmeria, era un'idea della segreteria di Stato che voleva l'eliminazione di Renatino De Pedis dalla tomba: io ho detto loro che li avremmo aiutati se avessero collaborato per capire cosa fosse successo ad Orlandi", ha dichiarato Capaldo in commissione. "Con Capaldo potremmo essere vicini ad una svolta", aveva dichiarato il fratello, Pietro Orlandi.

Di rapporto di collaborazione parla anche Giani: "All'inizio era un rapporto cordiale e di collaborazione, poi si notò che era cambiato qualcosa – ha raccontato Giani – Tanto che l'8 maggio 2012 fu eseguito un sopralluogo da parte dei magistrati presso la Basilica senza dare alcuna comunicazione: potevano farlo sapere in Vaticano, come forma di cortesia".

Le dichiarazioni di Alessandrini: "Mai stato nessun accordo"

In questo scenario quella di Costanzo Alessandrini si classifica come voce fuori dal coro. Secondo lui, il vice comandante della gendarmeria vaticana all'epoca, non ci sarebbe stato alcun accordo fra loro e i pm. A suo avviso si sarebbe trattato di una collaborazione d'immagine: "Il nostro unico interesse era quello di mostrare la nostra disponibilità e collaborazione affinché questa presenza scomoda, insolita di questa tomba (si riferisce a quella di De Pedis, ndr) fosse tolta".

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