Roberti: “Intelligence italiana funziona, ma rischio Isis esiste”
Tra mafia e terrorismo di stampo jihadista, il procuratore capo della Direzione nazionale antimafia Franco Roberti si dice molto preoccupato. "Non riesco a dare un ordine di priorità. Sono due fenomeni ugualmente pericolosi che mi preoccupano entrambi". In una lunga intervista concessa al quotidiano La Stampa, Roberti spiega per quali motivi, nonostante la presenza di presunte cellule terroristiche sul territorio e pur non escludendo alcuno scenario, le circostanze non conducono a pensare all'esistenza di un concreto allarme terrorismo per l'Italia.
Il fenomeno è complesso, spiega Roberti, e sono evidenti inquietanti intrecci e similitudini tra il comportamento delle cellule jihadiste e quelle tipicamente mafiose: "il terrorismo si autofinanzia con traffici di armi, di oggetti d’arte, di droga, anche di esseri umani. Sono attività tipicamente mafiose, al servizio di strategie eversive", sottolinea Roberti.
Se però da un lato la complessità del fenomeno può spaventare, dall'altra parte "le indagini di polizia e d’intelligence nel nostro Paese, sia nell’azione preventiva quando si giunge a un’espulsione precauzionale di un soggetto pericoloso, sia quando ci sono elementi per andare davanti a un magistrato", sono efficaci e dimostrano che sul territorio è in atto un controllo meticoloso delle situazioni potenzialmente rischiose.
"L’inchiesta dei colleghi della Dda di Milano ha dimostrato che c’era almeno un reclutatore dalla Siria che invitava degli aspiranti foreign fighters a non andare lì, ma a colpire in Italia. Ed è vero: la situazione di Isis è in grande evoluzione sul campo. In tutta evidenza un’evoluzione in Siria, comporta un’evoluzione anche da noi", ha proseguito Roberti.
In relazione all'allarme lanciato la scorsa settimana da Europol, la quale sostiene che alcuni jihadisti potrebbero nascondersi tra i barconi colmi di migranti, Roberti si dice perplesso, pur non escludendo alcuna ipotesi: "Occorre controllare meglio chi arriva, ma l'Europa non può tirarsi indietro di fronte all'emergenza umanitaria. Mi sembra difficile, però, immaginare che l’Isis utilizzi i barconi per infiltrare cellule organizzate, con piani operativi in tasca, pronte a colpire. Vedo piuttosto su quei barconi in arrivo dall’Africa la possibilità che ci siano persone in via di radicalizzazione e che potrebbero finire di radicalizzarsi in Europa", ha concluso.