Rivolta in Siria, la rabbia esplode su Facebook. In Yemen, trema il governo di Saleh
Decine di proteste in Siria, organizzate grazie a social network come Facebook e Twitter – i veri nuovi protagonisti delle rivoluzioni che dal nord-Africa al Medio Oriente stanno stravolgendo le decennali dinastie di dittatori e sovrani come Ben Ali, Mubarak e Gheddafi. In Siria, in una settimana di scontri sono rimasti a terra circa 55 manifestanti – come affermato da Amnesty Internazional. A Daraa ieri è stata una giornata durissima, la polizia e l'esercito hanno aperto il fuoco sulla folla durante l'incendio della statua dell'ex presidente Hafez al-Assad. Oggi il panico e la rabbia esplode a Damasco, la capitale della Siria: numerosi gruppi di ribelli su Facebook hanno richiamato i concittadini alla “rivolta popolare”.
È stato proprio il social network Facebook a dare inizio alle proteste lo scorso 15 marzo, aggregando un movimento di contestatori di enorme numero, i quali chiedono la fine della tirannia e delle leggi speciali che da decenni limitano le libertà personali dei siriani. Nelle manifestazioni in corso oggi è stata data alle fiamme la sede del partito Baath: In migliaia hanno preso d'assalto la sede del partito di potere. Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, afferma che “L'Italia è fortemente preoccupata per l' escalation di violenza in Siria”.
Continuano anche in Yemen le proteste contril il regime. Il governo di Ali Abdullah Saleh è in ginocchio dinanzi all'irruenza delle proteste anti-governative che da messi mettono a ferro e fuoco il paese. Nella capitale Sanaa, una folla di suoi sostenitori ha manifestato, il presidente si è detto disposto a “cedere il potere” per evitare che si ripetano sanguinosi scontri. È previsto, probabilmente per oggi, un passaggio di poteri attraverso il negoziato con i membri dell'opposizione yemenita. Le dimissioni che da un mese si svolgono nel paese hanno come obiettivo principale le dimissioni di Saleh, che detiene il potere da trentadue anni. È labile il sostegno all'attuale presidente e la repressione rimane sanguinosa, negli scontri di ieri a Sanaa si sono registrati oltre 40 morti.