Ritrovata in Salento la Minerva dell’Eneide: la statua conferma lo sbarco di Enea
Non è la prima volta che mito e storia si confondono: fu Heinrich Schliemann più di un secolo fa a confermare l'esistenza della leggendaria città di Troia narrata nei poemi omerici. È accaduto di nuovo in Salento, pochi giorni fa: un gruppo di archeologi guidati da Amedeo Galati ha riportato alla luce una statua che potrebbe raffigurare la dea Minerva, e che quindi confermerebbe l'esistenza in questo luogo di un tempio dedicato al culto della dea: lo stesso tempio che Virgilio descrive per bocca di Enea al momento dello sbarco in Italia.
Rinvenuta a tre metri dal sottosuolo a Castro, un piccolo comune sulla costa orientale del Salento, la statua è sprovvista della testa e di altri dettagli anatomici, ma il busto ed il braccio recuperati fin'ora lasciano pensare ad una figura femminile alta più di quattro metri. La ricerca di ulteriori dettagli è importante per la definitiva identificazione della statua: la dea Minerva infatti veniva tradizionalmente raffigurata con un gufo, l'ulivo, l'egida (il mitico scudo indistruttibile forgiato con la pelle caprina del gigante Pallante) e una lancia. Prossimamente saranno effettuate ulteriori indagini, in collaborazione con la soprintendenza dei Beni archeologici, l'Università del Salento e il Comune di Castro. Intanto, gli archeologi hanno confermato la datazione dell'opera, che risalirebbe al IV secolo avanti Cristo.
Nella sua Eneide, Virgilio aveva collocato il primo approdo di Enea in Italia a "Castrum Minervae", descrivendo un porto dominato da un alto promontorio, alla cui sommità si ergeva il maestoso tempio consacrato alla dea Minerva. Il gruppo di archeologi di Amedeo Galati lavora al sito da otto anni, e già nel 2007 l'acropoli di Castro aveva restituito le tracce di un santuario. Alla luce della recente scoperta della statua, tale santuario potrebbe essere proprio quello della dea romana Minerva, l'Atena dei Greci.
Le interpretazioni ricorrenti attribuiscono alla costa che va da Badisco a Castro l'area del presunto sbarco di Enea: i riferimenti letterari del III libro parlano infatti di un posto popolato, con un tempio dedicato a Minerva frigia, posto molto in alto rispetto alla costa e con un porto ad arco difeso da uno scoglio. Tutti elementi che hanno portato ad identificare il porto romano di Castro con il luogo descritto, dove è documentato ed attestato storicamente il culto della dea Minerva di origine, probabilmente, cretese. In questo punto storia e leggenda si confondono: se infatti la cronologia dei viaggi di Enea raccontati nell'opera virgiliana e ambigua e più appartenente ad una dimensione leggendaria che strettamente storica, la presenza greca in Italia meridionale e in Sicilia risale addirittura al VII secolo avanti Cristo. In questo periodo infatti, numerose città greche organizzano vere e proprie campagne colonizzatrici delle coste italiche. Se quindi, da una parte la scoperta della statua di Minerva non fa che confermare questo fenomeno, l'effettiva presenza di insediamenti greci e la fusione culturale con le genti indigene (la stessa dea greca Atena venne assorbita nel pantheon romano tramite le genti etrusche), dall'altra la scoperta alimenta una leggenda che ancora oggi torna ad affascinare tutti.
Già si arrossava l'Aurora dietro la fuga delle stelle quando a distanza brune alture vediamo e appena emergente l'Italia. (…) Si fa più teso l'agognato soffio e ci si apre un porto già più vicino e un tempio appare sulla rocca di Minerva. Ammainano le vele i compagni e puntano le prore sul lido. Il porto è curvato ad arco dalla parte dei flutti del levante; su protese barriere di roccia spumano spruzzi di salsedine, esso resta nascosto; con duplice muraglia distendono le braccia scogli come torri e il tempio è arretrato dalla linea di costa.