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Riforma delle pensioni: cosa cambia con la proposta Boeri (e chi ci rimette)

Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, propone una riforma del sistema pensionistico italiano che aumenta la flessibilità in uscita, ovvero la possibilità di anticipare per un massimo di tre anni l’entrata in pensione del contribuente, in cambio di una riduzione proporzionale dell’assegno mensile da erogare.
A cura di Charlotte Matteini
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La riforma del sistema pensionistico italiano avanzata dal presidente dell'Inps, Tito Boeri, continua a far discutere esponenti politici e parti sociali. In cosa consiste questa proposta così osteggiata, soprattutto dalle rappresentanze sindacali? In breve: nell'idea di Boeri, dal 2017, il contribuente potrebbe decidere di andare in pensione prima del termine previsto dalla legislazione in vigore, a patto di perdere una quota dell'assegno mensile, che dovrebbe variare a seconda del numero di anni di mancata contribuzione, il 3% circa su base annua per un massimo di 3 anni, per trattamenti pensionistici a partire da 1.500 euro mensili. Insomma, la proposta di Boeri potrebbe portare al parziale superamento della riforma Fornero, la quale impone l'abbattimento delle tempistiche per il completo passaggio da sistema retributivo a contributivo – con il progressivo abbandono del sistema misto introdotto dalla riforma Dini nel 1995 – innalzando inoltre l'età pensionabile: fino al 2011, per esempio, per riuscire a riscuotere la pensione di vecchiaia occorreva raggiungere 65 anni d'età per gli uomini e 60 per le donne e almeno 20 anni di contributi versati.

Dalla riforma del 2011, invece, occorrono 65 anni e 7 mesi di età per le lavoratrici del settore privato, 66 anni e un mese per le autonome e 66 anni e 7 mesi per lavoratori dipendenti e autonomi uomini mantenendo i vent'anni di contribuzione minima (requisiti per l'anno 2016, destinati a innalzarsi ulteriormente con il passare degli anni e l'aumento dell'aspettativa di vita). Con la riforma Fornero vengono inoltre modificati i criteri d'accesso alla cosiddetta "pensione di anzianità", che passano dalla quota ottenuta sommando 60 anni d'età anagrafica più 35 di contributi versati a 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.

La riforma Fornero è ampiamente contestata sia perché giudicata troppo penalizzante per l'intera platea dei pensionandi, sia perché ha contribuito a creare il problema degli "esodati" ovvero, ritoccando i requisiti anagrafici per l'età pensionabile, ha lasciato migliaia di lavoratori a ridosso dello scalone senza né lavoro, né trattamento pensionistico. Soprattutto la Lega Nord di Matteo Salvini, strenua contestatrice della riforma, l'anno scorso provò a raccogliere le firme per indire un referendum abrogativo che però la Consulta bloccò perché ritenne incostituzionale il quesito formulato.

Con la proposta del presidente Boeri, il requisito dell'età pensionabile diverrebbe un po' meno stringente, perché il contribuente potrebbe decidere di andare in pensione prima, rinunciando a una parte del proprio assegno mensile e questo potrebbe concorrere a sanare la questione "esodati". Un esempio concreto: secondo i calcoli effettuati dall'istituto previdenziale, il contribuente che volesse andare in pensione a 63 anni e 7 mesi, ovvero 3 anni prima del consentito, passerebbe da una pensione da 25.000 euro annui circa a 22.956 euro, perdendo l'8,4% dell'ammontare annuale, ovvero 2.097 euro. A una pensione da 1.927 euro mensili verrebbero quindi decurtati circa 162 euro al mese.

Nel caso in cui il contribuente volesse anticipare di un solo anno la propria pensione, perderebbe invece il 3% dell'ammontare lordo annuo. Prendendo in considerazione il caso di un pensionato che abbia generato con i propri versamenti un'ipotetica entrata da 19.630 euro annui, scegliendo di anticipare di un anno l'entrata in pensione, perderebbe 586 euro su base annua, ovvero 45 euro mensili.

Riforma Boeri

Le maggiori sigle sindacali italiane, però, sembrano non vedere di buon occhio la proposta Boeri. La Uil, per esempio, sostiene che "la penalizzazione del 3% per ogni anno di anticipo avrebbe un costo troppo alto per i lavoratori. Un taglio lineare, inoltre, graverebbe maggiormente sulle spalle di chi percepirà trattamenti più bassi: chiedere un sacrificio di 135 euro al mese a chi ne percepisce 1500 lordi comporterebbe una notevole perdita. La Uil è contraria a una flessibilità costruita sulle spalle dei lavoratori, già fortemente penalizzati da tutti gli interventi sulla previdenza". Per la Cgil, invece "bisogna cambiare la legge Fornero su più aspetti a partire dal tema di quale prospettiva previdenziale avranno i giovani e poi bisogna ridiscutere del tema dell'anzianità». Sembrerebbe invece più bendisposta Annamaria Furlan, segretaria generale della Cisl, la quale sostiene che Boeri abbia ragione "quando dice che bisogna mettere mano alla riforma pensionistica".

Secondo Boeri, la riforma del sistema pensionistico italiano "andrebbe fatta adesso", ovvero inserita nella Legge di Stabilità da approvarsi già alla fine di quest'anno per il 2017 perché intervenire tra tre anni, come inizialmente prospettato, sarebbe troppo tardi.

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