Riforma del lavoro, i malumori nella maggioranza e le tattiche del Premier
La Riforma del lavoro rischia di diventare un vero e proprio campo di battaglia parlamentare e politico, le dichiarazioni del leader del Pd Pierluigi Bersani non sono rassicuranti e del resto sul testo presentato dalla Fornero anche nel Consiglio dei Ministri vi sono stati dei malumori. Monti e la Fornero non vogliono sentir parlare di stravolgimenti in Aula e sono alla ricerca di piccoli aggiustanti che possano accontentare tutti, ma la battaglia soprattutto sull'articolo 18 si prospetta molto dura. Nonostante tutti siano ben consci che una rottura al momento attuale sarebbe controproducente, la tensione sta salendo ed è palpabile.
Il Pd non vuole alcuna blindatura in Parlamento come avvenuto per le riforme fin qui varate dal governo, ne va della sua credibilità con il suo elettorato, mentre il Pdl ha già chiarito che una riforma al ribasso non è nei suoi piani. Monti, dunque, al momento conta solo sull'appoggio incondizionato dei centristi, ma è chiaro che uno spostamento dall'una e dall'altra parte rischia di innescare conseguenze a catena poco immaginabili. Il Premier, nonostante sia impegnato in un importante vertice mondiale in Corea, non manca di far sentire la sua presenza nelle questioni interne con dichiarazioni ambigue, tra la velata minaccia di abbandono , le affermazioni rassicuranti sul rispetto del Parlamento e le accuse seppur generiche ai partiti.
Il Governo è tutto impegnato nella stesura del disegno di legge sulla riforma del lavoro da presentare in Parlamento, l'unico interlocutore al momento è il Quirinale a cui la formula "salvo intese" era riservata. Il testo così presentato avrà ben poche scappatoie e in molti pensano che la formula della fiducia sia quasi inevitabile. Del resto però in questo modo Monti metterebbe il Pd in una situazione di aut aut dal quale lo stesso Governo potrebbe anche non uscirne bene. A Napolitano tocca il ruolo di pompiere, "ho molta fiducia sulla capacità di comprensione degli italiani" ha detto il Presidente, ma una buona parte del Paese è sul piede di guerra con scioperi e manifestazioni già in programma.
Il nodo su cui nessuno vuole cedere è la contestata norma del licenziamento per ragioni economiche e almeno fino al rientro del Premier le cose non cambieranno di molto. Martedì la partita sulla riforma del lavoro sarà riaperta con il testo definitivo del ddl e solo allora si capiranno le intenzioni effettive del Governo e le inevitabili reazioni di partiti e gruppi politici. Sono molti quelli che lavorano alla ricucitura dei rapporti soprattutto tra Governo e Pd, almeno per arrivare ad un avvio dell'iter Parlamentare con umori più concilianti.
La situazione fuori dall'Aula del resto non è migliore con i sindacati che dopo la spaccatura con la Cgil sono tornati a chiedere unitariamente una modifica della contestata norma sui licenziamenti economici e promettono di premere sui parlamentari in tal senso. Dalla parte opposta l'Unione Europea si aspetta che il Governo non ceda sulla riforma del lavoro, e dalla Commissione di Bruxelles ieri è partito l'invito ad un'approvazione più rapida possibile del provvedimento in esame seppur con l'auspicio di una larga intesa tra partiti e parti sociali. L'equilibrismo imposto al Governo lo mette di fronte forse alla prima vera prova politica dall'inizio del mandato, il modo di operare dei tecnici e le reazioni dei politici ci diranno se è stata superata.