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Opinioni

Ricette elettorali: Porcellum con preferenze o senza?

Dopo mesi di trattative e nonostante le sollecitazioni di Napolitano, sulla legge elettorale siamo di nuovo al punto di partenza. Ora il tema è quello delle preferenze: ma a chi fanno paura e perché? E davvero rischiamo di votare col Porcellum?
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Come vi abbiamo raccontato in questi giorni, il dibattito intorno alla necessità di cambiare la legge elettorale sta assumendo contorni a dir poco surreali. Nonostante la pressione di Napolitano e nonostante sia condiviso (almeno ufficialmente) il giudizio sull'improponibilità del Porcellum, non si registrano che piccoli passi in avanti su una discussione che resta complessa e confusa. L'ultimo ostacolo in ordine di tempo è relativo alla questione "preferenze", sulla quale le posizioni divergono radicalmente. A parlare per il Partito Democratico (o per meglio dire, per una parte) è stata la senatrice Anna Finocchiaro con un post sulla propria pagina facebook (che riprende un orientamento già manifestato in precedenza):

Noi siamo contrari alle preferenze per varie ordini di ragioni. Innanzitutto fanno lievitare i costi della campagna elettorale in maniera incredibile […] Il controllo delle preferenze garantisce, poi, in alcuni settori del Paese i tentativi della criminalità organizzata di inquinare la campagna elettorale. Complessivamente non mi pare che sia un buon modo di innovare la legge elettorale. […] Io ho il forte sospetto che ci siano forze politiche che non abbiano davvero intenzione di cambiarla o che abbiano intenzione di agire solo sul Porcellum, magari introducendo le preferenze e qualche altra piccola modifica sul premio di maggioranza. E come spesso dico, peggio del Porcellum c'è solo il Porcellum con le preferenze.

Una posizione condivisa anche da Dario Franceschini, ma accolta in maniera scettica dalla minoranza del partito. Ma soprattutto, almeno stando ai rumors delle ultime ore, una posizione che isola il Partito Democratico e che rende ancora più difficile una convergenza sul modello da adottare. Le ultime ipotesi in effetti gravitavano intorno al modello tedesco, una sorta di proporzionale con soglia di sbarramento e con un premio di maggioranza, seppur ridotto. Il punto è che nella prima bozza dell'ormai lontano accordo Alfano – Bersani – Casini la scelta dei parlamentari sarebbe stata "affidata a collegi uninominali" (tra l'altro si aprirebbe anche un problema legato alla riduzione del numero di deputati e senatori in discussione in Parlamento) e non alle preferenze su "eventuali listoni". Idea che sembrerebbe condivisa da un'ampia maggioranza (dal Pdl alla Lega, fino all'Udc) e che trova per ora la contrarietà del Partito Democratico.

Resta ovviamente una discussione legata ai prossimi passaggi parlamentari, mentre c'è già chi giura che per un accordo sul tema bisognerà attendere fino ad ottobre. D'altro canto, come suggerivamo qualche giorno fa, non sono nemmeno da escludere proposte dell'ultima ora, o prese di posizione strumentali che potrebbero di nuovo far saltare il banco e riporterebbero gli elettori al voto con il tanto contestato Porcellum (non eccessivamente "sgradito" ai partiti, per una serie di motivi). In tal senso troviamo del tutto condivisibile la valutazione di Stefano Cappellini sul Messaggero:

Nell’affannosa discussione per superare il famigerato Porcellum, c’è almeno un elemento di chiara lettura e immediata spendibilità: i cittadini hanno voglia di tornare a eleggere i propri rappresentanti anziché essere costretti a vidimare con una croce scelte integralmente calate dall’alto. […] Non esiste un solo metodo per ridare potere di scelta ai cittadini. Sono possibili più soluzioni e tutte dignitose. Tra queste, c’è senz’altro il ritorno al sistema delle preferenze. Un metodo chiaro e intellegibile: ogni lista presenta un elenco di candidati e l’elettore sceglie quali candidati indicare sulla scheda. Funziona ancora egregiamente così per i Comuni e per le Europee. Naturalmente, è del tutto legittimo privilegiare altre opzioni, ma è grottesco che molti esponenti politici escludano il ritorno alle preferenze assumendo nel volto e nelle parole la stessa aria di riprovazione che avrebbero se parlassero di evasione fiscale, criminalità organizzata o violenza minorile.

Insomma, prima dei tatticismi e delle alchimie c'è una priorità: ridare senso e valore al consenso popolare, lasciare che siano i cittadini a scegliere direttamente i propri rappresentanti. Un punto che non dovrebbe essere negoziabile e precondizione per una seria "rifondazione" della politica. Appunto.

UPDATE: Proprio mentre scriviamo, il Presidente del Senato ha comunicato di aver dato mandato al relatore Vizzini di presentare un testo base per la riforma della legge elettorale "in un tempo definito" in Commissione. Restiamo ovviamente in attesa di sviluppi.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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