Esecutività e passaggio in giudicato
L'art. 282 cpc ha introdotto il principio che scinde l'esecutività della sentenza dal passaggio in giudicato della stessa. Il fine della norma è quello di evitare il protrarsi di inutili procedimenti tesi solo ad allontanare il momento in cui si dovrà dare esecuzione (bonaria o coattiva) alla sentenza.
La possibilità di iniziare l'esecuzione forzata in base ad un titolo non cristallizzato o non definitivo (ma che potrebbe essere modificato o eliminato in un successivo procedimento) pone a carico di colui che inizia l'esecuzione forzata il rischio che derivano dalla modifica o eliminazione del titolo esecutivo non (ancora) definitivo. (A tutela del debitore è prevista la possibilità di chiedere in sede di appello la sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza)
L'art. 282 cpc fa riferimento soprattutto alle sentenze, ma la scissione tra titolo definitivo e esecuzione forzata è presente anche per un altro provvedimento: il decreto ingiuntivo, il quale può essere revocato a seguito dell'esito positivo dell'opposizione al decreto ingiuntivo (anche per tale provvedimento è possibile ottenere la sospensione della provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo.
Il decreto ingiuntivo e l'esecuzione forzata
Anche per il decreto ingiuntivo è prevista la provvisoria esecutività e, quindi, anche per il decreto ingiuntivo è a carico del creditore procedente all'esecuzione forzata il rischio di intraprendere l'esecuzione forzata sulla base di un titolo esecutivo non definitivo e anche per il decreto ingiuntivo si pone il problema degli effetti della revoca del decreto ingiuntivo sull'esecuzione forzata intrapresa in base ad un decreto ingiuntivo revocato. (Anche per il decreto ingiuntivo è prevista la possibilità di chiedere la sospensione dell'esecutività).
La revoca del decreto ingiuntivo e la difesa del debitore oggetto di esecuzione forzata
Anche se il rischio di una esecuzione forzata intrapresa sulla base di un titolo non definitivo è a carico del creditore che procede all'esecuzione, resta da chiedersi quali armi o strade ha a sua disposizione il debitore che vede, da un lato, revocare il tiolo esecutivo, dall'altro, proseguire l'esecuzione forzata.
Dopo la revoca del decreto ingiuntivo si potrebbe sostenere che il debitore oggetto di esecuzione forzata debba proporre l'opposizione all'esecuzione ai sensi dell'art. 615 cpc per contestare il diritto del creditore a proseguire l'azione esecutiva promossa sulla base del decreto ingiuntivo dichiarato provvisoriamente esecutivo, ma successivamente revocato.
Oppure si potrebbe sostenere che poiché l'estinzione del titolo esecutivo è rilevabile d'ufficio l'eventuale opposizione è del tutto inutile dovendo il giudice dell'esecuzione estinguere la procedura esecutiva, non essendo necessario nessun accertamento da parte del giudice dell'esecuzione.
Revoca del decreto ingiuntivo determina l'automatica estinzione dell'esecuzione
In presenza di una revoca del decreto ingiuntivo una eventuale opposizione all'esecuzione è irrilevante (e sarebbe comunque da ritenere inammissibile).
Infatti, l'accoglimento dell'opposizione al decreto ingiuntivo con sentenza passata in giudicato, e la definitiva revoca del decreto stesso, determinano ovviamente la caducazione del relativo titolo esecutivo.
Orbene, il venir meno del titolo esecutivo determina automaticamente anche la caducazione dell'esecuzione fondata su quel titolo, e in generale degli atti di esecuzione (peraltro solo nei limiti previsti dall'art. 653, comma 2, c.p.c., se si tratta di decreto ingiuntivo), senza alcuna necessità per il debitore di proporre una opposizione esecutiva onde far valere tale sopravvenuta inefficacia.
Ne consegue che l'opposizione proposta dal debitore ai sensi dell'art. 615 c.p.c. per contestare il diritto di procedere ad esecuzione forzata del creditore intervenuto in base a titolo esecutivo caducato dopo l'intervento – intervento che ha quindi automaticamente già perduto i suoi effetti – si deve ritenere di regola inammissibile per difetto di interesse ad agire ai sensi dell'art. 100 c.p.c., a meno che l'opponente non deduca e dimostri che in concreto il creditore pretende ugualmente di proseguire l'esecuzione sulla base del titolo caducato (o per l'intero importo di esso, se il titolo risulta caducato solo in parte).
L'eccezione prevista dall'art. 653 comma 2 cpc
I principi sono esposti non sono derogati dall'art. 653 comma 3 cpc in materia di decreto ingiuntivo. Infatti, solo al fine di conservare una parte dell'esecuzione forzata (al fine, quindi, di evitare l'inutile ripetizione di atti già posti in essere) il legislatore conferma che se l'opposizione al decreto ingiuntivo è accolta solo in parte, il titolo esecutivo è costituito esclusivamente dalla sentenza, ma (ecco l'eccezione ai fini esecutivi) gli atti di esecuzione già compiuti in base al decreto revocato conservano i loro effetti nei limiti della somma o della quantità ridotta.
Ipoteca iscritta in base ad un decreto ingiuntivo revocato
Le spese per la cancellazione di una eventuale ipoteca iscritta sulla base di un decreto ingiuntivo revocato sono a carico di colui che si è assunto il rischio di iscrivere ipoteca sulla base di un titolo esecutivo non definitivo.
Cass., civ. sez. III, del 2 febbraio 2017, n 2727
Aggiornamento Cass. civ. sez. II del 9 agosto 2019 n. 21240 (estinzione del titolo esecutivo ed esecuzione forzata)
La Cassazione ha riconfermato il principio sopra esposto con la Cass. civ. sez. II del 9 agosto 2019 n. 21240
Deve confermarsi il principio che l'esecuzione diviene ingiusta, se, durante lo svolgimento del processo esecutivo, venga cassata la sentenza posta in esecuzione.
La sopravvenuta caducazione del titolo esecutivo- che può essere rilevata anche d'ufficio, in ogni stato e grado del processo – importa l'accoglimento dell'opposizione alla esecuzione (Cass. n. 28/1970; n. 1245/1973).
Ed invero «l'accertamento dell'idoneità del titolo a legittimare l'azione esecutiva si pone come preliminare dal punto di vista logico per la decisione sui motivi di opposizione, anche se questi non investano direttamente la questione.
Pertanto, dichiarata cessata la materia del contendere per effetto del preliminare rilievo dell'avvenuta caducazione del titolo esecutivo nelle more del giudizio di opposizione, per qualunque motivo sia stata proposta, l'opposizione deve ritenersi fondata, e in tale situazione il giudice dell'opposizione non può, in violazione del principio di soccombenza, condannare l'opponente al pagamento delle spese processuali, sulla base della disamina dei motivi proposti, risultando detti motivi assorbiti dal rilievo dell'avvenuta caducazione del titolo con conseguente illegittimità ex tunc dell'esecuzione» (Cass. 3977/2012; n. 20868/2018).