Renzi: “Referendum non è su mio futuro, ma del Paese. Italicum? Pronti a cambiarlo”
“Bratislava doveva essere la svolta, e invece è stata l’ennesima riunione finita a discutere le virgole di un documento che dice tutto e non dice nulla”. Comincia con una amara constatazione la lunga intervista che il Presidente del Consiglio Matteo Renzi rilascia al taccuino di Maria Teresa Meli sul Corriere della Sera. Al centro le polemiche sollevate dalla delegazione italiana dopo il vertice di Bratislava, durante il quale non sarebbe stato trovato un accordo sulla flessibilità chiesta da alcuni Paesi, tra cui il nostro.
Renzi spiega: “Va detto che l’austerity europea ha fallito mentre la politica americana di investimenti ha portato l’amministrazione Obama al record di posti di lavoro […] Qualcuno pone questioni di merito, serie. E altri rispondono con il maquillage dei documenti, con le modifiche degli sherpa, con le virgole cambiate. E in nome dell’unità chiedono di dire fuori che siamo tutti d’accordo”.
Nella lettura di Renzi, l’Italia ha sempre rispettato gli impegni presi in sede europea, a differenza di altri: “La Spagna ha un deficit doppio del nostro. La Francia non rispetta nemmeno Maastricht con il deficit ancora sopra il 3%. La Germania viola la regola del surplus commerciale: dovrebbe essere al 6% e invece sfiora il 9%”. E sull’immigrazione attacca: “L’Europa ha parlato tanto e fatto poco. Noi abbiamo fatto gli hotspot, il fotosegnalamento, i salvataggi, la lotta agli scafisti. Loro hanno messo un paio di navi nel Mediterraneo che scaricano i migranti in Sicilia: utile per fare le interviste, non per risolvere i problemi. Il giochino così non funziona. Vanno chiusi gli accordi in Africa decisi nel summit di Malta del 2015. Vanno costretti i Paesi membri a fare le ricollocazioni visto che in troppi fanno finta di niente. Vanno gestiti i rimpatri che per il momento fa l’Italia mentre l’Europa fa i convegni”.
Sul fronte interno, Renzi si dice fiducioso di poter vincere il referendum e parla di “clima più disteso”, rivendicando la bontà della scelta di non proseguire sulla strada della personalizzazione della consultazione: “Questo non è un referendum sul mio futuro, ma sul futuro dell’Italia”. E dedica un passaggio centrale alla questione dell’Italicum: “Siamo pronti a cambiarla, qualunque sia la decisione della Consulta. La maggioranza c’è: adesso tocca alle opposizioni parlare. Devono dirci cosa propongono. Vogliono tornare ai collegi uninominali? Vogliono eliminare le preferenze? Vogliono il turno unico e non il ballottaggio? Devono tirare giù le carte loro. Noi ci siamo. Ma le opposizioni hanno qualche proposta o sanno solo dire no?”