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Renzi muove l’alfiere Mattarella: scacco (matto?) al Cavaliere

Cosa c’è dietro l’elezione del Presidente della Repubblica? Davvero la mossa di Renzi ha messo con le spalle al muro Berlusconi? E cosa succederà adesso?
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Matteo Renzi ha scelto: il candidato giusto per la Presidenza della Repubblica è Sergio Mattarella. E il PD ha risposto compatto: candidatura approvata all’unanimità in assemblea. Stavolta niente standing ovation come due anni fa, quando Romano Prodi fu lanciato dall’assemblea dei grandi elettori del Pd epoi bruciato dai 101 (e più) franchi tiratori, ma questa probabilmente non è nemmeno una cattiva notizia per Mattarella. La scelta del giudice della Corte Costituzionale ha scompaginato un copione che sembrava già scritto, con il “candidato del Nazareno” al Colle, i mal di pancia della minoranza del Partito Democratico, il rafforzamento delle “intese delle riforme” e la ripresa dell’offensiva grillina (che avrebbe potuto magari contare sulla carta “Prodi”, nel tentativo di mettere in difficoltà i democratici). La mossa di Renzi ha cambiato tutto, aprendo però una serie di interrogativi decisamente interessanti.

Che cosa farà Forza Italia? – Berlusconi ha parlato della rottura di un patto, lasciando intendere che di Mattarella si era già parlato e che la considerava candidatura archiviata. Romani, Brunetta e Gasparri sono stati più duri e diretti, D’Anna (GAL) ci ha fatto un chiaro quadro della situazione, ma in generale sono in molti ad aver smentito la ricostruzione di un “Berlusconi con le spalle al muro” e pronto a votare Mattarella a malincuore (come fece al momento dello strappo di Alfano, quando con un colpo di teatro decise all’ultimo secondo di votare la fiducia al Governo Letta). Il punto è che Berlusconi non può in alcun modo sostenere Mattarella apertamente, a maggior ragione per il modo in cui Renzi ha posto la questione. Quindi, come si muoverà il Cavaliere?

La risposta è nei numeri in Parlamento – Mattarella potrebbe in effetti essere eletto a maggioranza al quarto scrutinio, ma solo a determinate condizioni. Il Partito Democratico conta infatti su 446 grandi elettori, di cui almeno 70 fanno riferimento alla minoranza interna; su Mattarella convergeranno anche i voti di Sel, 34, quelli di Scelta Civica (32) e delle Autonomie (32); incerto invece il posizionamento di Per l’Italia (13 voti) e degli ex del Movimento 5 Stelle, 32 grandi elettori. Nel migliore dei casi, dunque, Mattarella conterebbe su circa 580 voti. Nel peggiore dei casi, sarebbe sostenuto da circa 540 grandi elettori: cifra sufficiente per superare il quorum, che alla quarta votazione scenderebbe a quota 505.

In più bisognerà capire quale sarà l’orientamento di Area Popolare, la formazione che raccoglie Ncd e Udc e che sulla carta può contare su 75 grandi elettori: al momento i centristi sono orientati per il no anche al quarto scrutinio, ma non è escluso che le cose cambino velocemente nelle prossime ore.

I franchi tiratori non fanno più paura – “Il clima è notevolmente cambiato rispetto a due anni fa”: è questa considerazione, esplicitata da Enrico Letta, a far dormire sonni tranquilli al Presidente del Consiglio Matteo Renzi sulla risposta compatta del Partito Democratico. Del resto, come notato da Francesco Costa, al momento di scegliere se rompere il Pd o il patto del Nazareno, Renzi ha scelto la seconda opzione e, non in seconda battuta, la figura di Mattarella (a questo punto “esterna” alle larghe intese) risponde proprio ad alcune richieste della maggioranza del PD. In più, c’è la questione dei “franchi tiratori al contrario”: ovvero la presenza dei malpancisti di Fi (fittiani e non solo) che potrebbero votare Mattarella proprio per dare il colpo di grazia alla linea “collaborazionista” tenuta in questi mesi da Berlusconi.

Il futuro del Patto del Nazareno – La scelta di Mattarella avrà evidentemente conseguenze nel proseguimento della legislatura. Il pressing su Berlusconi affinché recida il legame sulle riforme raddoppierà d’intensità che a quel punto il Cavaliere potrebbe mollare Renzi. Ma come, in che tempi e su cosa? Il via libera all’Italicum al Senato (dove sono fondamentali i voti di FI) rende infatti non necessario l’accordo per l’approvazione definitiva della legge elettorale (alla Camera c’è ampia maggioranza) e la clausola di salvaguardia (entrata in vigore della legge non prima di luglio 2016) non è garanzia sufficiente. Diversa la questione della riforma costituzionale (particolare di non poco conto: Italicum vale solo per la Camera e se il Senato resta “elettivo” si rischia di votare con doppia legge elettorale), su cui potrebbe concentrarsi l’ira di Berlusconi. E chiaro però che da un punto di vista strettamente politico, non è il massimo far saltare il tavolo delle riforme come “ripicca” al mancato rispetto di un accordo mai pubblicamente dichiarato (non sfuggirà che sia B che Renzi hanno sempre escluso che nel patto del Nazareno ci fosse anche l’elezione condivisa  del Capo dello Stato).

Il futuro del governo – La questione è nettamente distinta e dipenderà in gran parte dalla scelta che farà Area Popolare dalla quarta votazione. Alfano e Casini potrebbero convergere su Mattarella direttamente, oppure lasciare campo libero ai pontieri del proprio gruppo: in quest’ultimo caso sul giudice costituzionale potrebbero convergere voti decisivi, mentre rimarrebbe la “condanna sul metodo” utilizzato da Renzi. Il punto è che nessuno ha intenzione di far saltare il Governo e men che meno di andare alle urne, soprattutto in casa centrista. Tant’è vero che sia Alfano che Sacconi hanno fatto capire che la volontà è quella di tenere distinti i due piani, lasciando da parte l’alleanza di Governo.

Il “capolavoro” di Renzi – È stata questa la prima impressione della quasi totalità dei commentatori e degli analisti. Renzi ha certamente evitato che il Pd si disgregasse ed ha imposto il suo candidato (che di fatto è ormai l’unico) agli alleati di Governo. Allo stesso tempo ha completamente depotenziato la portata della proposta del Movimento 5 Stelle (che una mano gliel’hanno data scegliendo un nome velleitario) e ha messo di fronte al fatto compiuto anche i fuoriusciti grillini (che potrebbero votare un profilo come quello di Mattarella). Da questo punto di vista l’operazione Mattarella è stata un successo politico innegabile.

Con Forza Italia è andata diversamente, dal momento che Berlusconi non ha chinato il capo come Alfano (e del resto, perché avrebbe dovuto?). Insomma, è fallito il tentativo di “far eleggere un antiberlusconiano con i voti di Berlusconi”, come aveva ipotizzato qualcuno, ma resta la forza della proposta Mattarella, pur essendo imposta a maggioranza (sempre che non abbia ragione il nostro retroscenista…). Franchi tiratori permettendo, insomma, Renzi ne uscirà indenne. Il Governo pure. Le riforme meno. E questa forse non è nemmeno una cattiva notizia.

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A Fanpage.it fin dagli inizi, sono condirettore e caporedattore dell'area politica. Attualmente nella redazione napoletana del giornale. Racconto storie, discuto di cose noiose e scrivo di politica e comunicazione. Senza pregiudizi.
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