Regeni, la procura di Roma: “Ucciso per il suo lavoro da professionisti della tortura”
Giulio Regeni è stato ucciso per il suo lavoro di ricercatore e chi lo ha fatto è un "professionista" della tortura. La procura di Roma mette un punto fermo sulla tragica scomparsa del ricercatore di Cambridge. Tutte le ipotesi più o meno fantasiose fatte circolare in Egitto, dalla criminalità comune alla rapina, sono da scartare. L'Italia prova a fare la voce grossa per raggiungere la verità su quanto è successo a Regeni dopo la sua scomparsa del 25 gennaio scorso al Cairo.
L'ultima calunnia riguarda una fantomatica pista legata alla droga. Regeni, come è emerso dall'autopsia, non ha mai fatto uso di droga. Era legatissimo alla sua fidanzata quindi anche eventuali piste passionali sono da escludere. I segni lasciati dagli assassini sul corpo di Regeni fanno propendere gli inquirenti italiani verso una sola certezza: si tratta di professionisti della tortura.
L'esame del pc di Giulio non ha dato riscontro nemmeno alle voci che lo volevano collaboratore di servizi segreti. Le uniche informazioni raccolte riguardavano la sua attività di ricercatore sui sindacati egiziani. Gli inquirenti in queste ore hanno fatto richiesta ai maggiori social network per avere le password dei suoi account e risalire anche ai suoi spostamenti, anche se il cellulare del giovane non è stato mai ritrovato.
Il pm Sergio Colaiocco, intanto, aspetta da tre settimane l'intero fascicolo relativo a Regeni dagli inquirenti egiziani. Le testimonianze, i filmati delle telecamere, i referti della prima autopsia effettuata al Cairo, i tracciati delle celle telefoniche, ma ancora non ha ricevuto nulla di tutto questo. In mano agli investigatori italiani per ora c'è solo il suo pc e il referto della seconda autopsia fatta in Italia.