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Referendum, perché le lettere di Renzi agli italiani all’estero non sono illegali

Le lettere a firma Matteo Renzi a sostegno delle regioni del Sì inviate ai cittadini italiani residenti all’estero hanno creato un vero e proprio putiferio. Da più parti giungono accuse di illegittimità e alcuni parlamentari sostengono che Renzi abbia commesso un reato, ma non è vero: la legge lo permette.
A cura di Charlotte Matteini
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Referendum, Renzi a Pesaro

L'annuncio del ministro Maria Elena Boschi, che durante un incontro con i referenti dei comitati del Sì all'estero ha comunicato che a breve sarebbe arrivata a tutti i connazionali residenti in tutte le nazioni del mondo una comunicazione a firma di Matteo Renzi a sostegno delle ragioni del Sì al referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre, ha scatenato un vero e proprio terremoto politico. Secondo molti esponenti dell'opposizione, quelle lettere sarebbero illegali e Renzi avrebbe commesso un reato. Ma le cose non stanno esattamente così. Un passettino indietro, partiamo dalle dichiarazioni di Brunetta, Rampelli e Toninelli, rispettivamente esponenti di Forza Italia, Fratelli d'Italia e Movimento 5 Stelle. "Il Pd ha confessato che la lettera è un'iniziativa elettorale del partito, sostenuta interamente dal punto di vista economico dal partito stesso. Lo hanno detto per difendere Renzi, ma potrebbe essere un boomerang enorme. Come hanno fatto ad avere il registro? Hanno rispettatto tutte le procedure per poterlo fare? E' una violazione della privacy e dei dati identificativi dei nostri connazionali residenti all'estero? Non è che Renzi ha utilizzato impropriamente la propria carica per ottenere tutti insieme gli oltre 4 milioni di dati degli italiani all'estero che ha poi passato al suo partito per fare propaganda al governo?", scrive l'onorevole Toninelli, annunciando che il Movimento provvederà a denunciare il fatto nelle sedi competenti.

"La notizia, lanciata ieri dalla ministra Boschi, delle milioni di lettere partire da parte del presidente del Consiglio, Matteo Renzi, agli italiani residenti all'estero in merito al voto sul referendum costituzionale è di una gravità inaudita e senza precedenti. Roba da Procura della Repubblica e da reato ministeriale", ha invece dichiarato Brunetta, seguito a ruota da Fabio Rampelli: "Le lettere inviate dal presidente del Consiglio agli italiani all'estero non sarebbero pagate dagli italiani, ma dal Pd, di cui Renzi resta Segretario nazionale. Ma questa precisazione peggiora le cose perché non si capisce come il PD abbia potuto entrare in possesso degli elenchi degli italiani residenti all'estero, con tanto di domicilio. Chi gli ha dato l'accesso? A quale titolo? Vuoi vedere che c'è la "magagna"? Perché se l'indirizzario è quello di Palazzo Chigi, quel database non può assolutamente uscire da quel ‘portone' né fisicamente né informaticamente".

Accuse pesanti, che potrebbero avere risvolti penali. Non fosse che, tralasciando la questione della tempistica d'inoltro che può essere oggetto di critiche legittime, l'invio di queste lettere elettorali nonché l'acquisizione degli indirizzari degli iscritti all'Aire, ovvero degli italiani residenti all'estero, è assolutamente permessa e legittima. L'importante è che queste missive vengano inviate, e pagate, dai comitati referendari e non attraverso l'impiego di risorse pubbliche. Nel regolamento del Garante della Privacy, che si può tranquillamente reperire googlando "comunicazioni elettorali postali", si legge:

"Dati utilizzabili senza consenso: per contattare gli elettori ed inviare materiale di propaganda, partiti, organismi politici, comitati promotori, sostenitori e singoli candidati possono usare senza il consenso dei cittadini i dati contenuti nelle liste elettorali detenute dai Comuni, nonché i dati personali di iscritti ed aderenti. Possono essere usati anche altri elenchi e registri in materia di elettorato passivo ed attivo (es. elenco degli elettori italiani residenti all'estero) ed altre fonti documentali detenute da soggetti pubblici accessibili a chiunque. Si possono utilizzare dati raccolti nel quadro delle relazioni interpersonali avute con cittadini ed elettori".

Nessun reato, dunque. La comunicazione che, ribadisco, per modi e tempi può essere criticabile, è assolutamente legittima e non è affatto difficile "accaparrarsi" i dati personali degli iscritti nelle liste elettorali ed elenchi contigui, accessibili pubblicamente senza troppo sforzo.

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