Reddito di cittadinanza e quota 100 pensioni, il Consiglio dei ministri approva il decreto
Il Consiglio dei ministri ha approvato il cosiddetto decretone, il decreto contenente le regole sulla quota 100 per le pensioni e il reddito di cittadinanza. Ad annunciarlo è stato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in conferenza stampa con Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Le due misure, fortemente volute dalla Lega e dal Movimento 5 Stelle, sono quindi state varate dall'esecutivo. Un provvedimento che era atteso da giorni dopo il voto in Parlamento sulla legge di Bilancio che ha previsto lo stanziamento dei fondi necessari per introdurre la quota 100 e il reddito di cittadinanza, nonostante la riduzione delle risorse conseguente alla trattativa con Bruxelles per evitare la procedura d'infrazione sul debito italiano.
Il reddito di cittadinanza
Il decreto stabilisce le regole del reddito di cittadinanza, misura chiave per il M5s. Il provvedimento prevede, con lo stanziamento di oltre 6 miliardi per il 2019 (più uno da investire nei centri per l'impiego), l'erogazione di 500 euro mensili per una persona single e senza altre entrate da lavoro. A questa cifra si potranno aggiungere 280 euro in caso di pagamento di affitto e 150 per chi ha invece un mutuo. Escluso chi è proprietario di due case. Può accedere alla misura chi ha un Isee annuale inferiore ai 9.360 euro. Il reddito verrà erogato attraverso quella che è stata definita ‘Carta Rdc', sulla quale verranno immessi i soldi che il nucleo familiare dovrà poi spendere. Il reddito aumenterà in base al numero dei componenti della famiglia. Chi aderisce alla misura dovrà sottoscrivere un patto per il lavoro e riceverà fino a tre offerte: la prima entro i 100 km, la seconda entro i 250 e la terza in tutto il territorio nazionale. Se il beneficiario rifiuterà più di tre offerte perderà il diritto a ricevere la rendita mensile. La misura potrà essere erogata per un massimo di 18 mesi, prorogabili per altri 18.
La quota 100
Con il decretone si introduce anche la quota 100, la norma che permette a chi ha almeno 62 anni di età e 38 di contributi versati, di andare in pensione in anticipo. Chi decide di aderire alla quota 100 si vedrà ridotto l'assegno pensionistico (a causa del mancato versamento dei contributi per gli anni rimanenti fino al raggiungimento del criterio per il pensionamento per vecchiaia) e potrà ritirarsi dal lavoro approfittando di finestre che saranno trimestrali per i lavoratori privati e semestrali per quelli pubblici. Per i privati il primo assegno dovrebbe arrivare ad aprile, per gli statali ad agosto. L'ultima versione del decreto prevede anche un monitoraggio mensile sul numero di domande di pensionamento accolte per evitare "scostamenti": se necessario scatterà una sorta di clausola salva-spesa che prevede tagli al ministero del Lavoro e altre misure correttive.