Rami, il contrabbandiere di giocattoli ora costruisce scuole: “Non si può stare a guardare”
“Non posso stare a guardare la mia gente morire”, è stata questa la molla che ha spinto Rami Adham, un tranquillo ingegnere finlandese nato ad Aleppo 45 anni fa, ad aiutare i bambini siriani vittime della guerra. Un’avventura cominciata nel 2012 quando, grazie ai suoi risparmi e alle donazioni di amici, comincia a portare cibo e medicine nelle zone più colpite. Per farlo, rischia la propria vita entrando illegalmente in Siria attraverso il confine turco. Indelebile il ricordo del suo primo viaggio ad Aleppo: “una città devastata, sotto assedio, sistematicamente bombardata”. E tanta sofferenza, soprattutto negli occhi dei più piccoli. Di ritorno nella sua casa di Helsinki è stata Yasmine, una dei suoi 6 figli, a suggerirgli l’idea: “Mia figlia mi ha detto: ‘Papà, ma lì i bambini non hanno giocattoli?’. Io le ho detto che i giocattoli costano, che non potevo comprarne per centinaia di bambini siriani. Allora la piccola mi ha risposto: ‘Io ho tanti giochi che non uso più, puoi prenderli’”.
Così, oltre a medicine e generi di prima necessità, Rami mise in un sacco anche i regali di sua figlia di tre anni: 25 orsacchiotti e 36 Barbie. “Non avrei mai pensato che dei giocattoli potessero avere un impatto più forte degli altri aiuti che distribuivo, quando aprii il sacco fu come aprire la borsa della loro infanzia perduta. Fu una celebrazione di gioia che creò un’incredibile atmosfera di allegria tra i bambini, i sorrisi e le risate erano spettacolari, persino i genitori furono avvolti e contagiati dalla felicità dei loro piccoli. Da allora, Rami ha consegnato migliaia di pupazzi, bambole e giochi (oltre 20.000) guadagnandosi il soprannome di Toy Smuggler, il contrabbandiere di giocattoli.
Ma la generosità di Rami va ben oltre il contrabbando di giocattoli. Ha fondato un’Ong, la Suomi Syyria Yhteisö, impegnata nella costruzione di scuole per i piccoli orfani siriani. Fanpage.it l’ha raggiunto telefonicamente per un’intervista.
Perché ha scelto di aiutare i bambini in Siria?
Avevo una vita tranquilla in Finlandia ma quando vedevo in televisione quello che stava accadendo in Siria non potevo smettere di pensare che dovevo fare qualcosa. Non potevo voltare le spalle di fronte alla sofferenza del mio popolo. Come padre di sei figli dovevo fare qualcosa per loro. Se le persone come me non danno una mano ai bambini siriani, chi lo farà?"
Dove trova i giocattoli?
All'inizio era difficile ma con l’aiuto dei miei figli e degli amici su Facebook, sono sempre riuscito a recuperarne un numero sufficiente . Ora ricevo tantissimi giocattoli anche dal resto del mondo, ne ho più di 25000 in magazzino. Ma in questo momento servono di più le donazioni per portare avanti i progetti di aiuti umanitari e delle scuole.
Quali problemi ha dovuto affrontare per consegnare i giocattoli ai bambini?
Il primo anno (2012, ndr) non ho mai avuto problemi ma dopo che la mia storia ha cominciato ad essere conosciuta grazie ai media di tutto il mondo sono iniziate le complicazioni. Tre mesi fa quando sono arrivato all'aeroporto di Istanbul, le autorità turche mi hanno detto che non avevo il permesso di entrare nel Paese. Ho chiesto il perché, se c’erano ragioni di sicurezza nazionale o di altro tipo per negarmi il visto ma mi hanno risposto semplicemente che non potevo entrare e mi hanno rimesso nel primo aereo per Londra. Ho il passaporto finlandese, non ho mai violato le leggi turche però a loro non importava. Spero che questo non comprometta il mio lavoro. Sono stato costretto ad entrare illegalmente in Siria proprio per le misure adottate dalla Turchia nel 2015. E questo vale non solo per me, ma anche per le migliaia di siriani che cercano di scappare dalla guerra.
Molti bambini siriani hanno vissuto solo l’orrore della guerra. Unicef parla di un’intera generazione perduta. Cosa prova di fronte al fatto che, nonostante tutte le denunce delle organizzazioni internazionali, la situazione sia ancora così grave?
Abbiamo già perso un’intera generazione e stiamo assistendo alla perdita di un’altra. Ci sono 13 milioni di persone che sono state costrette ad abbandonare le loro case, sei dei quali vivono come rifugiati fuori dalla Siria. Quasi il 60 per cento degli sfollati sono bambini, senza la possibilità di andare a scuola. Chi pensa alla loro educazione? Per questo dico che stiamo perdendo un’altra generazione, perché migliaia di bimbi non hanno un’istruzione scolastica. Per quanto mi riguarda è dal 2013 che cerco di risolvere questo problema. Abbiamo già costruito tre scuole in Siria e ne stiamo per finire un’altra per offrire la possibilità a 2100 bambini di tutte le età di avere un’educazione appropriata.
Dopo la riconquista di Aleppo da parte delle forze dell’esercito siriano è calato il silenzio su quanto sta avvenendo in città. Qual è la situazione adesso?
Aleppo è stata bombardata dall'aviazione russa ogni giorno per tre lunghi anni. Senza di loro e l'aiuto delle milizie iraniane e libanesi, l’esercito non sarebbe mai riuscito a riconquistarla. Ci sono stato l’anno scorso e non rimane in piedi un solo edificio nella parte orientale della città. Dopo la cattura di Aleppo, il resto del mondo ha cominciato a credere che la guerra in Siria fosse finita. Ma non è così. Ci sono ancora molte aree che sfuggono al controllo di Assad. Milioni di persone vengono bombardate ogni giorno in Siria ma a nessuno sembra importare. E’ molto triste e allo stesso deprimente ammetterlo.
Il suo impegno umanitario l’ha reso famoso. Ma ha dovuto affrontare anche l’accusa di essere dalla parte dei jihadisti.
Da quando la mia storia ha cominciato ad essere conosciuta in tutto il mondo, i sostenitori di Assad hanno cominciato ad attaccarmi. ‘Come fa questo tipo ad entrare in Siria e tornare sempre vivo? Deve avere per forza dei contatti con i terroristi?’ Invece tutto quello che faccio è alla luce del sole. Le autorità finlandesi sanno perfettamente i miei movimenti, sono avvertite di dove vado e perché. E’ tutto molto trasparente e ben documentato. Voglio aggiungere: in molti si dimenticano che dal momento in cui metti piede in Siria, sei in pericolo. Se non hai buoni contatti con persone che capiscono quello che fai, che ti aiutano a superare i checkpoint, sei morto. Non ho mai pagato neanche un dollaro per la mia protezione perché sapevano che stavo portando aiuti alle loro famiglie, ai loro bambini. Non ho mai avuto rapporti con i jihadisti. Nonostante il pericolo, era quello che ho scelto di fare.
I suoi progetti ricevono qualche tipo di sovvenzione?
La mia Ong non riceve nessun tipo di aiuto ufficiale. E’ composta da gente normale, tutti volontari. Chiunque voglia può collaborare con noi. Abbiamo una buona reputazione, nonostante le voci che sono state messe in giro sui miei rapporti con i jihadisti. Non siamo Unicef né la Croce Rossa però cerchiamo di dare il meglio di noi stessi.
Come si immagina la pace in Siria?
Non vedo nessuna luce alla fine del tunnel. Dopo oltre sei anni e mezzo di guerra civile, tutto il mondo sta tacitamente mettendo da parte l’idea che Assad abbandoni il potere. Perché allora sono morti così tanti siriani? Non posso accettare che tutti i massacri e i genocidi non abbiano un responsabile. Cosa accadrà ai milioni di rifugiati che hanno abbandonato il Paese? Potranno tornare in Siria? E se faranno ritorno, quanti di loro verranno uccisi? Nel mio caso, ad esempio, il regime di Assad mi vuole vivo o morto. Ho ricevuto minacce di morte da parte dei suoi sostenitori. Hanno confiscato tutte le mie proprietà e anche quelle della mia famiglia ad Aleppo. Mio cugino è stato arrestato ed interrogato per avere informazioni su di me. Se dovessero catturarmi quando sono in Siria, quasi sicuramente finirei giustiziato. E nella mia stessa situazione ci sono altre migliaia di siriani. Non possiamo accettare che Assad continui al potere, a dirigere il Paese. Sinceramente non vedo nessun futuro di pace in Siria e lo dico a malincuore.
La storia del "Contrabbandiere di giocattoli" potrebbe diventare presto un film. Un importante regista di Hollywood ha preso contatti con Rami per realizzare una pellicola drammatica. Ma, come lui stesso ammette, l’idea un po’ lo spaventa. “Non voglio dare a nessuno i diritti in esclusiva sulla storia della mia vita”. La prossima settimana Rami sarà a Taipei dove riceverà dal presidente taiwanese un importante premio per il suo lavoro umanitario.