La Banca centrale europea ha mantenuto il tasso sulle operazioni di rifinanziamento stabile all’1,50%, preannunciando il varo di un nuovo programma di acquisto di titoli obbligazionari (covered bond) e due prossime operazioni con le quali fornirà liquidità a tasso fisso a 12 mesi (in ottobre) e a 13 mesi (a dicembre) a tutte le banche europee che ne faranno richiesta. Jean-Claude Trichet non dà ascolto a chi chiedeva di tagliare il costo del denaro, ma fa la sua parte, come la Banca d’Inghilterra (che lascia a sua volta i tassi fermi, allo 0,5%, ma riprende a comprare bond per 75 miliardi di sterline) e come la Federal Reserve (che venderà 400 miliardi di dollari di titoli a breve detenuti in portafoglio per acquistare altrettanto titoli a lunga scadenza e che ha fatto sapere di essere pronta ad adottare nuove “misure straordinarie” se la situazione lo richiederà).
In questo modo i maggiori banchieri centrali occidentali svolgono un ruolo di supplenza fino in fondo, ma lasciano alla politica il compito di trovare un accordo per garantire la sicurezza del sistema bancario europeo, attraverso una ricapitalizzazione “coordinata” da complessivi 100-200 miliardi di euro delle maggiori banche del vecchio continente che passerà per l’apertura del capitale a nuovi soci privati ma in qualche caso prevederà l’intervento pubblico, (tanto che per Dexia già si profila un coinvolgimento del Lussemburgo nell’opera di “spezzatino” dell’istituto che già vedeva tra i soci la Francia e il Belgio) e parallelamente il rafforzamento del fondo “salva stati” Efsf, se non con nuovi fondi con nuove regole che ne consentano una maggiore portata operativa. Il tutto per prepararsi, anche se nessuno lo dice esplicitamente, all’ipotesi di un default del debito greco e, forse, di quello del Portogallo, che nonostante gli sforzi non sembrano in grado di centrare gli obiettivi di deficit/Pil previsti nei rispettivi piani di salvataggio varati dalla “troika” Ue-Bce-Fmi e verosimilmente chiederanno ai “bondholder” privati (in gran parte le stesse banche europee che ora considerano quei titoli degli “asset tossici” da svalutare quanto prima) di accettare una sforbiciata (“haircut”) dei rimborsi forse superiore a quanto finora messo in conto.
Il tutto per cercare di convincere le banche, che finora non si fidano e continuano a mantenere i loro capitali presso al Bce (tra ieri e oggi i depositi overnight sono schizzati sui massimi da inizio anno ad oltre 221 miliardi di euro), a rimettere i capitali in circolo e ridare fiato all’economia. Un passaggio che peraltro richiederà che i governi europei varino quelle riforme a favore di una maggiore liberalizzazione e apertura dei mercati da tempo richiesti ma finora rinviati per il complesso gioco degli interessi contrapposti in vista delle elezioni politiche che il prossimo anno coinvolgeranno Francia e Germania (e secondo molti potrebbero riguardare anche l’Italia).
Nel frattempo con una liquidità abbondante per quanto poco utilizzata anche il costo dei mutui continua a mantenersi su livelli vicini ai minimi in tutta Europa e addirittura tocca nuovi minimi storici negli Stati Uniti, dove ormai un mutuo a tasso fisso a 30 anni costa mediamente il 3,94% lordo annuo, a 15 anni il 3,26%. In Italia, al contrario, se andaste a chiedere un mutuo a 30 anni a tasso fisso andreste a pagare un Taeg minimo del 4,83% (ma potreste vedervi proporre anche un’operazione al 5,90%), mentre sulla scadenza dei 15 anni le offerte oscillano dal 4,13% al 5,78%. Tradotto in cifre vuol dire che un mutuo da 100 mila euro a 30 anni in Italia porta a restituire 189,532.88 euro tra capitali e interessi (con rate mensili di più di 526 euro) nella migliore delle ipotesi, contro i 226,933.34 dollari (poco più di 630 dollari a rata, ovvero 473,7 euro) nell’ipotesi di un mutuo da 133 mila dollari (equivalente a 100 mila euro al cambio attuale) acceso negli Usa in dollari sulla stessa scadenza. La differenza, in euro, è a valori correnti di circa 18.907 euro in 30 anni; al netto delle incertezze circa i differenti mercati immobiliari e l’andamento del cambio euro/dollaro, adesso avete capito quanto vi può costare in più vivere in un paese percepito a torto o a ragione come “poco affidabile” rispetto ad uno ritenuto ancora degno di fiducia.