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Quando la disdetta della locazione ad uso abitativo deve essere motivata

Cassazione del 13.2.2015 n. 2863 ha riconfermato il principio per il quale nello locazione ad uso abitativo (ex art. 3 legge del 9.12.1998 n. 431) la disdetta deve essere motivata solo alla prima scadenza del contratto, non è richiesta motivazione alla seconda scadenza, (e l’eventuale motivazione è irrilevante), questo principio si applica anche ai contratti di locazione ad uso abitativo stipulati precedentemente alla legge del 9.12.1998 n. 431, ma rinnovati tacitamente dopo la legge del 9.12.1998 n. 431.
A cura di Paolo Giuliano
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La legge del 9 dicembre 1998 n. 431 regola le locazioni ad uso abitativo (sostituendo la legge sull'equo canone del 1978), in particolare l'art. 3 della legge del 9 dicembre 1998 n. 431 art. 3 regola la disdetta da parte del proprietario prevendendo che alla prima scadenza (cioè dopo i primi 4 anni di contratto o i primi 3 anni di contratto a secondo se il contratto è stipulato per un periodo di 4+4 o di 3+2) la disdetta può essere data dal proprietario solo in alcuni casi.

Di fatto, si può tranquillamente affermare che il legislatore impedisce la disdetta alla prima scadenza contrattuale imponendo un rinnovo (quasi) automatico salvo casi particolari (il motivo di questa decisione del legislatore può essere tranquillamente individuato nell'esigenza di fornire una sorta di tranquillità sulla durata della locazione, (senza escludere completamente la fine traumatica del rapporto di locazione, ma limitando le ipotesi in cui questa fine traumatica o imprevista del contratto di locazione può avvenire).

Da quanto detto risulta anche evidente la differenza tra la differenza tra recesso e disdetta, infatti, anche se  entrambe le ipotesi portano alla fine del contratto, la disdetta impedisce il rinnovo del contratto ad una scadenza prestabilita (ed è immune da problemi o questioni relative all'adempimento o inadempimento), mentre  il recesso mette fine al contratto (immediatamente) prima della scadenza ed è giustificato dall'impossibilità di adempiere o dall'inadempimento dell'altra parte.

La disdetta è un negozio giuridico unilaterale con il quale il locatore può provocare alla prima scadenza (solo in alcuni casi) o alla seconda scadenza la cessazione della locazione nel momento in cui sopraggiunge la scadenza del termine contrattuale di locazione.

La disdetta deve provenire dal proprietario se i proprietari sono più persone (perchè il bene locato è in comunione) è opportuno che la disdetta pervenga da tutti i proprietari.

Anche se la disdetta è un negozio recettizio (la disdetta produce effetto nel momento in cui perviene a conoscenza del destinatario conduttore), l'effetto concreto della disdetta (la fine del contratto di locazione) si verificherà non immediatamente alla ricezione della disdetta, ma alla scadenza del termine naturale della locazione. Questo perché la comunicazione della disdetta deve essere anticipata rispetto al momento della produzione dell'effetto proprio della disdetta (cioè la fine del contratto di locazione).

La disdetta deve avere forma scritta (quanto meno per provare facilmente che sia stata effettuata). E' opportuno inviare la disdetta tramite raccomandata con ricevuta di ritorno al fine di avere certezza della ricezione. I moderni mezzi tecnologici potrebbero anche spingere ad usare altri sistemi di comunicazione come l'email o pec (resta il problema che anche l'email o la pec devono essere firmate).

Oltre alla forma scritta per la disdetta è anche previsto che la disdetta (in alcuni casi) debba indicare il motivo per il quale il locatore decide di disdire il contratto. Il motivo della presenza di questo onere formale (obbligo di indicazione del motivo) può essere compreso se si considera che il legislatore limita la disdetta ad alcuni casi particolari, in queste ipotesi, il legislatore per consentire (ex post) la verifica della veridicità del motivo indicato nella disdetta chiede che il locatore riporti la motivazione nella disdetta.

La mancata indicazione del motivo della disdetta è causa di nullità della stessa, quindi, poiché la nullità dell'atto impedisce il prodursi di qualsiasi effetto, il contratto si rinnova anche in presenza di una disdetta alla prima scadenza non motivata (infatti l'art. 3 comma 2 della legge del 1998 n. 431 prevede che "2.  Nella comunicazione del locatore deve  essere  specificato,  a pena di nullità, il motivo, fra quelli  tassativamente indicati al comma 1, sul quale la disdetta è fondata").

Se, invece, la disdetta è motivata, ma il proprietario, dopo la liberazione dell'immobile, non mette in esecuzione il motivo indicato nella disdetta,  (se, cioè c'è un uso illegittimo della disdetta) il proprietario è condannato al risarcimento del danno. I presupposti per questo risarcimento sono sostanzialmente due: a) oltre l'uso illegittimo della disdetta, b) inoltre, si anticipa, che è necessario anche che si verta nell'ipotesi di disdetta al primo rinnovo e non di disdetta al secondo rinnovo  (l'art. 3 comma 3 della legge del 1998 n. 431 prevede che "Qualora  il  locatore  abbia  riacquistato  la  disponibilità  dell'alloggio  a  seguito  di illegittimo esercizio della facoltà di  disdetta, il locatore stesso è tenuto  a  corrispondere  un  risarcimento  al  conduttore  da determinare in  misura  non  inferiore  a  trentasei mensilita' dell'ultimo canone di  locazione percepito).

L'obbligo di indicare il motivo della disdetta è necessario solo in caso di disdetta emessa alla scadenza della primo periodo di locazione (non è necessario indicare il motivo della disdetta alla seconda scadenza ed anche se è indicato questo è irrilevante, per cui non si applica la sanzione della nullità o la possibilità di chiedere il risarcimento del danno per illegittimo uso della disdetta).

Descritto in questo modo il problema della disdetta, ci si chiede se questi principi (nullità e risarcimento del danno per illegittimo uso della disdetta) sono applicabili anche ai contratti stipulati prima dell'entrata in vigore della legge del 9.12.1998 n. 431, ma rinnovai (quindi, durati) dopo l'entrata in vigore della legge del 9.12.19998 n. 431.

Il problema è dato dal fatto che l'art. 14 della legge n. 431 del 1998, contenente le disposizioni transitorie, prevede che "ai contratti per la loro intera durata ed ai giudizi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi ad ogni effetto le disposizioni normative in materia di locazioni vigenti prima di tale data (conformemente al principio generale di irretroattività delle norme) però  l'art. 2 della legge del 9 dicembre 1998 n. 431  (che disciplina il rinnovo del contratto di locazione) contiene all'ultimo comma,  un'altra norma transitoria, speciale, che prevale sulla norma transitoria generale qualora si realizzi la particolare forma di rinnovo del contratto di locazione ivi prevista : "I contratti di locazione stipulati prima della data di entrata in vigore della presente legge che si l'innovino tacitamente sono disciplinati dal comma I del presente articolo"

Quindi, ne consegue che la prima scadenza, per la quale si può intimare solo disdetta motivata per le ipotesi tassative previste dall'art. 3 della legge n. 431 del 1998, a pena del risarcimento del danno, è quella che cade successivamente all'entrata in vigore della suddetta legge, mentre per la scadenza successiva il locatore è  libero di comunicare la sua intenzione di non proseguire il rapporto contrattuale senza alcuna motivazione.

Cass., civ. sez. III, 13 febbraio 2015, n. 2863 in pdf

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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