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Quando è esclusa la prelazione nelle locazioni ad uso commerciale: Cassazione 17.07.2012 n. 12230

Il diritto di prelazione del conduttore di un locale ad uso commerciale è escluso se il tasferimento del bene avviene a titolo di conferimento in una società (anche se unilaterale), l’identico principio si può applicare anche per le locazioni ad uso abitativo.
A cura di Paolo Giuliano
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IRAN

Il diritto prelazione (o il diritto di essere preferito) in caso di trasferimento di un immobile può essere costituito per volontà esclusiva delle parti (c.d. prelazione consensuale o volontaria) o può essere riconosciuto automaticamente dalla legge ad alcuni soggetti (c.d. prelazione legale).

I motivi che spingono il legislatore ad attribuire la prelazione ad un soggetto particolare (come ad esempio il diritto prelazione sui beni ereditari ex art. 732 c.c. riconosciuto agli eredi) o ad una delle parti di un contratto (come ad esempio  al conduttore dell'immobile locato ad uso commerciale ex art. 38 e 39 legge n. 392 del 27.07.1978) possono essere i più vari, ma, di solito, vengono inquadrati nell'esigenza di evitare l'ingerenza di estranei in situazioni particolari (come ad esempio nei beni ereditari, come per la prelazione ereditaria) o nell'esigenza di favorire la continuità commerciale o l'azienda (come nel caso della prelazione del conduttore del locale commerciale).

Come si è già detto, la prelazione viene si attiva in caso di trasferimento di un bene (la quota ereditaria o il locale locato), in altri termini, il diritto di essere preferito si attiva nel momento in cui il proprietario del bene decide di trasferire lo stesso. Però, se ci si ferma ad analizzare, con attenzione, la locuzione "trasferire il bene", ci si accorge che in questo ambito possono rientrare una serie, quasi infinita, di fattispecie, infatti, è possibile che il bene sia trasferito mortis causa o inter vivos, così come è  possibile che il bene sia trasferito a titolo oneroso o gratuito  e nei trasferimenti a titolo oneroso non rientra solo la classica vendita, ma anche la permuta, la prestazione in luogo dell'adempimento ecc., ecco, allora, che sorge l'esigenza di delineare il campo di applicazione della prelazione, cioè sorge l'esigenza di comprendere se la prelazione si applica a tutti i trasferimenti a titolo oneroso o solo ad alcuni di questi.

Un primo aiuto può essere fornito, in caso di prelazione legali,  dalla lettera della legge, nel caso specifico dall'articolo 38 della legge del 27.07.1978 n. 392 (diritto di prelazione) il quale prevede che "Nel caso in cui il locatore intenda trasferire a titolo oneroso l'immobile locato, deve darne comunicazione al conduttore con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario. Nella comunicazione devono essere indicati il corrispettivo, da quantificare in ogni caso in denaro, le altre condizioni alle quali la compravendita dovrebbe essere conclusa e l'invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione. Il conduttore deve esercitare il diritto di prelazione entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione, con atto notificato al proprietario a mezzo di ufficiale giudiziario, offrendo condizioni uguali a quelle comunicategli", dalla lettura della norma risulta che la prelazione è riconosciuta in caso di trasferimento a titolo oneroso (di conseguenza non si applica ai trasferimenti a titolo gratuito), ma anche in questo modo resta aperta la problematica di cosa si intende per trasferimento a titolo oneroso  e se tutti i trasferimenti a titolo oneroso attivano il diritto di prelazione.

Sul punto è intervenuta l'elaborazione dottrinale e giurisprudenziale, la quale  ha individuato il principio secondo il quale la prelazione si applica solo se la controprestazione dell'altra parte è perfettamente fungibile, cioè la prelazione può essere esercitata solo se la controprestazione offerta al proprietario del bene da un terzo può essere eseguita da tutti compreso il prelazionario. Di conseguenza, si applica la prelazione in caso di vendita (posto che il denaro dell'acquisto è bene fungibile) ma è esclusa la prelazione in caso di permuta (posto che il bene trasferito in corrispettivo, molto spesso un bene immobile, è unico e non può essere trasferito l'identico bene anche dal prelazionario).

Anche in  questo modo restano aperte una serie infinite di questioni, come, ad esempio, se la prelazione si attiva quando il bene oggetto della prelazione si conferisce in una società. La solzione discende dalla natura giuridica del c.d. atto di conferimento e se si analizza il c.d. conferimento in società si nota che in "cambio" del bene conferito (nel caso specifico il bene locato e su cui c'è il diritto di prelazione) il conferente riceve quote o azioni (che gli consentono di parteciapre ad una società e agli utili derivanti dall'esercizio dell'attività economica con la società,  quindi, logica vorrebbe che la prelazione è esclusa in caso di conferimento del bene in società, quanto meno perchè il prelazionario non può offrire la medesima partecipazione alla società e la medesima partecipazione agli utili di detta società.

Cassazione civ. sez. III, del 17 luglio 2012, n. 12230

6 Quanto poi ai rilievi critici in ordine alla ritenuta inoperatività del disposto degli artt. 38 e 39 della legge 27 luglio 1978, n. 392, con essi la ricorrente ripropone la questione se il conferimento di immobili in società di capitali sia riconducibile – alla stregua di un'interpretazione estensiva o analogica – alla nozione di trasferimento a titolo oneroso, con conseguente configurabilità, in capo al conduttore, di un diritto di prelazione, in ordine all'immobile oggetto del trasferimento. Sul punto, questa Corte si è più volte espressa nel senso che, in tema di locazione di immobili urbani ad uso non abitativo, il diritto di prelazione e quello succedaneo di riscatto, previsti dalle norme innanzi menzionate, sussistono soltanto nel caso in cui il trasferimento a titolo oneroso del bene locato sia realizzato mediante una compravendita, e non anche nel caso di permuta (Cass. 30.7.2007 n. 16853; Cass. 22.6.2006 n. 14455; Cass. 6.5.2003 n. 6867; Cass. 16.5.1991 n. 5519). L'affermazione si è giovata, anzitutto, di rilievi di carattere testuale: a ben vedere, infatti, l'art. 38, dopo aver premesso, al primo comma, che il diritto di prelazione può essere esercitato nell'ipotesi di trasferimento a titolo oneroso dell'immobile locato, nei commi successivi, e segnatamente nel secondo e nel quarto, disciplinando le formalità necessarie per il valido esercizio del diritto, mostra, con l'espressa menzione del corrispettivo, da quantificare, in ogni caso, in denaro, e del versamento del prezzo di acquisto, di riferirsi, in realtà, alla sola compravendita.

A ciò aggiungasi, da un lato, che i diritti in discorso, costituendo limitazioni delle facoltà del proprietario e incidendo sull'interesse generale alla libera circolazione dei beni immobili, non possono essere riconosciuti in ipotesi diverse e ulteriori rispetto a quelle previste; dall'altro, che il conferimento di un bene in società non è assimilabile in alcun modo allo schema causale della compravendita, in considerazione della diversa natura dell'uno e dell'altro contratto.

Si ricorda che questa Corte, in ordine alla natura giuridica del negozio di conferimento, ha a più riprese ribadito che esso non è componente di un contratto di scambio, nemmeno quando comporti il passaggio di proprietà del bene, di talché non rientra nel novero delle alienazioni a titolo oneroso, né, tanto meno, è equiparabile alla compravendita. Il conferimento è invero elemento essenziale di un contratto, quello di società, che è finalizzato all'esercizio in comune di un'attività economica allo scopo di dividerne gli utili: esso è dunque funzionale all'acquisto della qualità di socio, con i correlativi diritti ed obblighi, laddove nella compravendita il corrispettivo in denaro rappresenta la controprestazione del trasferimento di proprietà della cosa (confr. Cass. civ. 18 settembre 2008, n. 23856; Cass. civ. 17 settembre 2008, n. 23751; Cass. civ. 29 novembre 2005, n. 26044).

7 Con il terzo motivo l'impugnante denunciando violazione degli artt. 1418, secondo comma, e 1346 cod. civ., critica la ritenuta, mancata operatività nella fattispecie del principio inadimplenti non est adimplendum, in presenza di immobili mancanti delle condizioni minime di agibilità e di abitabilità prescritte da norme inderogabili, con conseguente nullità dei contratti di locazione per impossibilità/illiceità dell'oggetto, nullità rilevabile in ogni stato e grado del procedimento.

8 Le censure sono, per certi aspetti inammissibili, per altri infondate. Mette conto evidenziare che il giudice di merito si è occupato della pretesa inagibilità dell'immobile locato nello scrutinio sull'operatività, nella fattispecie, del disposto dell'art. 1460 cod. civ., in base al quale, nei contratti a prestazioni corrispettive ciascuno dei contraenti può rifiutarsi di adempiere la sua obbligazione, se l'altro non adempie o non offre di adempiere contemporaneamente la propria. E sul punto il decidente ha ampiamente argomentato la sua negativa valutazione, evidenziando come le carenze manutentive lamentate non avessero impedito alla conduttrice di continuare a usufruire degli immobili secondo la destinazione convenuta e come le stesse fossero, in realtà, solo in parte sopravvenute rispetto allo stato in cui vennero accettati i locali.

In tale contesto la questione della nullità del contratto per impossibilità ovvero per illiceità dell'oggetto, è eccentrica rispetto al thema decidendum del giudizio di appello, e al postutto nuova. In ogni caso, anche a volere intendere i rilievi critici come volti a censurare la ritenuta insussistenza dei presupposti per la sospensione del pagamento dei canoni, non par dubbio che il giudizio di comparazione dei comportamenti di ambedue le parti che, nei contratti a prestazioni corrispettive, in caso di inadempienze reciproche, si impone ai fini della pronuncia di risoluzione per inadempimento, è accertamento riservato al giudice di merito, come tale incensurabile in sede di legittimità se, come nella fattispecie, congruamente motivato (confr. Cass. civ., 9 giugno 2010, n. 13840; Cass. civ. 8 giugno 2006, n. 13365).

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Avvocato, Foro di Napoli, specializzazione Sspl conseguita presso l'Università “Federico II”; Mediatore professionista; Autore di numerose pubblicazioni in materia di diritti reali, obbligazioni, contratti, successioni. E' possibile contattarlo scrivendo a diritto@fanpage.it.
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