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Pussy Riot a processo: due componenti in carcere, un’altra invece è libera

La sentenza odierna della Corte di appello di Mosca divide i destini delle tre Pussy Riot: per due di loro c’è il carcere, per la terza la libertà vigilata. Nelle ultime ore aveva adottato una linea difensiva diversa dal gruppo.
A cura di Susanna Picone
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La sentenza odierna della Corte di appello di Mosca divide i destini delle tre Pussy Riot: per due di loro c’è il carcere, per la terza la libertà vigilata: nelle ultime ore aveva adottati una linea difensiva diversa dal gruppo.

Oggi è stato il giorno del processo d’appello per le componenti del gruppo femminista Pussy Riot, colpevole di “teppismo motivato da odio religioso” a causa di una performance anti-Putin nella cattedrale di Cristo Salvatore: niente da fare per due di loro per le quali la corte di Mosca ha confermato la condanna a due anni di carcere. La 22enne Nadezhda Tolokonnikova e la 24enne Maria Alekhina saranno trasferite in una colonia penale mentre alla 30enne Yekaterina Samutsevich è stata liberata con la condizionale perché i giudici hanno ritenuto che quest’ultima potrà essere rieducata anche fuori dal carcere. La Samutsevich si sarebbe dissociata dal suo gruppo, il suo legale aveva chiesto si valutare la sua diversa partecipazione alla performance sotto accusa (sarebbe stata bloccata prima della preghiera anti-Putin, avrebbe dunque colpe minori rispetto alle altre due). Chiaramente, le ha ricordato la corte, la sua libertà sarà soggetta a una serie di limitazioni, per esempio la Pussy Riot dovrà andare due volte al mese al commissariato e non dovrà commettere altri reati.

“Putin non è meglio di noi” – Quando i giudici hanno letto la sentenza la donna ha espresso la sua soddisfazione portando il pugno verso l’alto, le altre due imputate alle quali la pena è stata invece confermata non hanno manifestato emozioni. E se una delle Pussy Riot si è dissociata conquistando la libertà, un’altra ha continuato a portare avanti le idee del gruppo. Maria Alekhina ha accusato infatti Putin di non essere migliore di loro e ha affermato che la Chiesa ortodossa russa avrebbe ricattato la band per ottenere il loro pentimento: “La Chiesa ortodossa russa attraverso il suo servizio stampa ha detto in televisione che avrebbe chiesto di alleviare la pena, se ci pentiamo. Tali dichiarazioni sono del tutto inammissibili in uno stato laico”. Le parole della Alekhina sono state accolte nell’aula del Tribunale di Mosca tra risate e proteste dei giudici che poi hanno interrotto l’udienza. Tutte e tre, comunque, si sono dichiarate innocenti chiedendo l’annullamento della sentenza e i loro avvocati hanno detto che porteranno il caso dinanzi al tribunale di Strasburgo.

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