Procreazione assistita, la Corte europea boccia la legge 40
La corte europea di Strasburgo ha aggiunto un altro tassello nella delicata vicenda della fecondazione assistita regolata dalla legge italiana. Una sentenza della Corte europea dei diritti umani infatti ha dato ragione ad una coppia italiana che aveva presentato un ricorso contro alcuni divieti imposti dalla legge 40 e ha condannato il nostro Paese a pagare un risarcimento di 15mila euro. Il ricorso presentato nell'ottobre 2010 dai coniugi Rosetta Costa e Walter Pavan riguardava in particolare il divieto alla diagnosi preimpianto che la coppia voleva effettuare essendo fertile ma portatrice sana di fibrosi cistica. In più la coppia sosteneva che la legge 40 discriminerebbe tra diverse malattie visto che la fecondazione in vitro e la diagnosi preimpianto è invece possibile ad esempio per coppie in cui l'uomo ha una malattia sessualmente trasmissibile come l'Aids.
La legislazione italiana è incoerente – I giudici europei hanno dato ragione ai due stabilendo che non si può proibire alle coppie affette o portatrici di una malattia genetica, di ricorrere alla procreazione assistita e alla diagnosi preimpianto come invece prevede la legge 40. Per la corte europea il sistema legislativo italiano per la fecondazione assistita è incoerente in quanto un'altra norma permette l'aborto terapeutico se il feto è affetto da fibrosi cistica mentre si vieta la diagnosi preimpianto per stabilire se l'embrione è malato. Un altro punto su cui la legge 40 è stata messa in discussione dunque perché viola il diritto al rispetto della vita privata e familiare di una coppia.