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Processo Yara, Bossetti sbotta in aula: “Bugie, mai detto di volermi suicidare”

Prosegue a Bergamo il processo per l’omicidio di Yara Gambirasio. Il furgone Daily dell’imputato Massimo Bossetti è al centro dell’udienza di oggi. Per la prima volta il muratore ha chiesto di parlare: “Ho mentito sul tumore e mi vergogno”.
A cura di Susanna Picone
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UPDATE – Bossetti: “Ho inventato di avere il tumore perché non mi pagavano”. Dopo il primo intervento di questa mattina, Massimo Bossetti ha chiesto una seconda volta di parlare. E ha spiegato in aula di aver mentito sul lavoro. “Ho dovuto mentire inventando la storia del tumore alla testa, e me ne vergogno, perché non venivo pagato all'azienda per cui lavoravo e potermi quindi assentare per cercare altri lavori”, ha spiegato il muratore che prima di oggi non era mai intervenuto durante le udienze del processo. “Confermo che ad Andreoli (il geometra della ditta per cui lavorava che ha testimoniato oggi) ho detto di avergli riferito di avere un tumore alla testa. È vero e me ne vergogno”, ha ammesso Bossetti, secondo cui “da gennaio non percepivo soldi, circa diecimila euro. E siccome mi era stato intimato di non assentarmi neanche mezz'ora per fare altri lavori, perché loro sapevano che facevo altri lavori, e siccome non potevo dire che facevo altre attività lavorative perché mi avrebbero bloccato i pagamenti, mi è venuto in mente di mentire”. A quel punto il muratore avrebbe iniziato a dire “di dover fare delle visite, di fare degli esami” allo scopo di potersi assentare “per fare altri lavori e guadagnare perché da loro non stavo ricevendo soldi”. “L'affermazione di Ennio Panzieri – ha detto sempre Bossetti riferendosi a un imprenditore con cui aveva collaborato – non è affatto vera. Non ho mai detto che avevo problemi con mia moglie, il soprannome ‘favola' solo lui lo diceva, perché per lui la stretta di mano era un contratto e non ho costruito la villetta a Val di Taro perché lui non mi pagava da un po'. Ed era solo lui che istigava gli altri a chiamarmi ‘favola'”, ha continuato.

Prosegue in tribunale a Bergamo il processo per l’omicidio di Yara Gambirasio che vede imputato il muratore di Mapello Massimo Giuseppe Bossetti, arrestato nel giugno del 2014. Dopo diverse udienze dedicate alle tracce di dna ritrovate sugli indumenti della ragazzina di Brembate Sopra rapita e uccisa il 26 novembre del 2010 oggi al centro dell’udienza c’è il furgone Iveco Daily di Bossetti. Per la prima volta dall’inizio del processo Massimo Bossetti, sempre presente in aula, ha preso la parola. L’imputato si è alzato in aula per smentire di aver detto che voleva suicidarsi. Ennio Panzieri, un imprenditore della provincia di Bergamo con cui in passato Bossetti ha collaborato e che oggi è stato chiamato a testimoniare, ha replicato all'avvocato della civile spiegando che Bossetti gli avrebbe detto “che stava passando un periodo difficile con sua moglie e minacciò anche il suicidio”. A questo punto Bossetti si è alzato in piedi per pronunciare le sue prime parole dall'inizio del processo: “Non è vero, non è vero, mi state solo denigrando, sono tutte bugie su di me”, è intervenuto l’imputato poi ripreso dalla presidente della Corte, che gli ha assicurato che in altri momenti avrà tutte le opportunità per parlare.

Testimone: “Vidi un furgone chiaro passare davanti la palestra” – In totale oggi sono state chiamate a testimoniare al processo in merito al furgone di Bossetti 18 persone. “Stavo portando mia figlia al corso di nuoto (nella palestra dove è stata vista per l'ultima volta Yara, ndr) che si tiene tra le 18.40 e le 19.30. Percorso il rettilineo dovevo svoltare a sinistra per parcheggiare. Dal lato opposto ho visto arrivare un furgone chiaro a forte velocità”, è quanto ha detto Federico Fenili, un 49enne di Valbrembo, che ha confermato quanto aveva già detto in precedenti deposizioni con carabinieri e polizia. La scena, ha raccontato Fenili, è stata osservata a circa una trentina di metri di distanza. “Erano le 18.40 – ha spiegato – ricordo di aver guardato l'orologio sul cruscotto perché ero in ritardo”. Si tratta di un orario compatibile con quello della scomparsa di Yara. Dopo Fenili sono comparsi davanti alla Corte altri cinque proprietari di furgoni del tutto simili a quello di Bossetti e sono stati interrogati dal giudice e dagli avvocati. Dalle loro testimonianze non sono però emersi dettagli nuovi.

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