Processo Thyssen approda in Cassazione, sei manager imputati
UPDATE 23.30 La Cassazione annulla la sentenza d'appello per alcuni reati.
Pg: "Non fu omicidio volontario" – La spaventosa tragedia Thyssen, dove morirono sette operai dell'acciaieria di Torino non fu omicidio volontario. Lo ha sostenuto il sostituto procuratore generale della Cassazione, Carlo Destro, davanti ai giudici delle sezioni unite penali della Cassazione che dovranno emettere la sentenza. Il Pg infatti ha chiesto alla Suprema Corte di respingere il ricorso presentato dalla Procura di Torino contro la sentenza di Appello che aveva modificato quella di primo grado. Allo stesso tempo il Pg ha chiesto di respingere anche il ricorso degli imputati nel processo e di confermare così in pieno la sentenza emessa dalla Corte d'Assise d'Appello di Torino il 28 febbraio 2013. La sentenza giudicava i dirigenti Thyssen colpevoli di "omicidio colposo con colpa cosciente" riducendo le pene rispetto al primo grado. Il Pg Destro ha chiesto anche di escludere "Medicina Democratica" dalle parti civili.
La tragedia della Thyssenkrupp di Torino dove morirono sette operai torna oggi in un’aula di tribunale approdando davanti alle sezioni unite della Cassazione con la sentenza definitiva. Sarà l'ultimo capitolo di uno dei processi più discussi degli ultimi anni iniziato con una condanna in primo grado per omicidio volontario per i dirigenti della Thyssen e proseguita con il processo di Appello e la derubricazione dell'accusa da omicidio volontario a omicidio colposo con i relativi sconti di pena per gli imputati. Sul banco degli imputati del processo Thyssen vi sono, oltre all'amministratore delegato Harald Hespenhahn, anche il responsabile della sicurezza, Cosimo Cafueri, il responsabile dello stabilimento torinese Giuseppe Salerno, il membro del comitato esecutivo dell'azienda Gerald Priegnitz, il responsabile dell'area tecnica, Daniele Moroni, e il dirigente Marco Pucci.
La sentenza di Primo grado – Per la morte dei sette operai avvenuta nell'incendio dell'acciaieria di Torino nel dicembre del 2007, la Corte d'Assise nel processo di primo grado aveva condannato l'amministratore delegato Thyssen, Harald Espehnhan, a sedici anni e sei mesi di reclusione per omicidio volontario con dolo eventuale, una sentenza storica per un caso di morte su lavoro. Per gli altri dirigenti Thyssen le accuse a vario titolo erano di incendio colposo (con colpa cosciente) e di omissione delle cautele antinfortunistiche. Gerald Priegnitz, Marco Pucci, Raffaele Salerno e Cosimo Cafueri, furono condannati a 13 anni e 6 mesi di reclusione. Daniele Moroni a 10 anni e 10 mesi. La ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni Spa, chiamata in causa come responsabile civile, era stata condannata invece al pagamento della sanzione di 1 milione di euro, all'esclusione da agevolazioni e sussidi pubblici per 6 mesi, al divieto di pubblicizzare i suoi prodotti per sei mesi, alla confisca di 800mila euro. Pene insolitamente alte per un processo del genere.
Il processo d'appello – La Corte d'Appello di Torino però nel febbraio 2013 nel processo di secondo grado ribaltò l'impianto accusatorio della Procura stabilendo che alla Thyssen non ci fu omicidio volontario ma colposo. La pena per Espehnhan venne ridotta a dieci anni, mentre per il direttore dello stabilimento, Raffaele Salerno, a otto ani e mezzo. Cosimo Cafueri venne condannati a 8 anni, sette anni invece ai dirigenti Gerald Priegnitz e Marco Pucci e 9 anni per Daniele Moroni. La Procura però fece ricorso in Cassazione ritenendo che la tragedia Thyssen fu la conseguenza della scarsa preoccupazione sul fronte della sicurezza da parte della dirigenza perché la fabbrica di Torino avrebbe chiuso pochi mesi dopo.
Sentenza in serata – Dopo la sentenza di secondo grado le madri, le sorelle e i parenti delle vittime per protesta avevano occupato la maxiaula del Palagiustizia di Torino per alcune ore. Anche oggi i parenti delle vittime della tragedia Thyssen saranno in Aula per la Sentenza della Cassazione il cui verdetto è atteso in serata. Fuori dall'Aula sono stati esposti diversi striscioni nei quali si chiede giustizia per la tragica morte degli operai.