Il 14 luglio al salone delle Fontane dell'Eur (Roma) si terrà l'Assemblea Nazionale del Partito Democratico. E questa è già una notizia, visto che inizialmente l'intenzione era quella di una due giorni di lavoro. Un cambio di programma dovuto al fitto calendario degli impegni parlamentari, con provvedimenti a breve scadenza che rendono necessario un surplus di lavoro da parte di deputati e senatori. L'altra notizia è che l'assemblea "è convocata per approfondire l'esame della situazione politica in Italia e in Europa, il confronto sulla riforma della legge elettorale e avviare la definizione dei punti programmatici per l'alternativa che il Pd intende presentare al Paese". Già, temi senza alcun dubbio interessanti, punti sui quali il Partito Democratico si gioca parte della sua credibilità come forza responsabile "in grado di garantire al Paese un Governo solido ed efficiente".
Tutto bene, dunque? Ma neanche per sogno, ribattono in tanti all'interno dei democratici. Perché in effetti, "casualmente" manca nel programma dell'assemblea un punto dirimente per il futuro del partito e a ben vedere dell'intero centrosinistra. Stiamo ovviamente parlando della questione primarie, intorno alla quale nei giorni scorsi erano divampate furiose polemiche, tra l'altro nella confusione generale per quel che riguarda data, modalità e candidature. Il tutto a partire dalla dichiarazione di Bersani da Livorno: "Abbiamo detto che faremo le primarie, non che si aprono le primarie perché altrimenti saremmo da ricovero, chiamerebbero il 118". Un'uscita ai limiti del surreale, come notava Civati: "Veramente siamo di fronte a comportamenti completamente bipolari (ma non bipolaristi) e ad atteggiamenti spaesanti per molti elettori. Un mese fa Bersani si è candidato alle primarie. Ma non era per indirle, era solo per annunciarle. Poi si vedrà".
A calcare la mano era stato poi Renzi (sulla cui candidatura pesa comunque una "complicata questione procedurale", dal momento che per Statuto solo il segretario del Partito Democrativo potrebbe correre per la keadership della coalizione): "Dopo che Bersani aveva annunciato le primarie per il 14 ottobre, ci comunicano dalla regia che probabilmente la data slitterà e che la prossima Assemblea del Pd forse fisserà la data, ma rinvierà le regole. Molti vorrebbero stracciarsi le vesti e fare polemica, ma io credo che Pierluigi Bersani sia un galantuomo e che manterrà l’impegno preso".
Da ambienti vicini al segretario però arriva una replica piuttosto secca che, in buona sostanza, ribadisce un concetto "centrale": Bersani non ha mai fissato una data precisa, ma solo un percorso entro il quale incardinare la discussione programmatica e stilare una carta di intenti che è precondizione a qualsiasi consultazione interna o scelta della leadership. Non solo, ma addirittura la conferma dell'assemblea del 14 (nel mutato quadro delle alleanze) è un segnale di disponibilità e apertura al confronto del segretario che però, come sottolineato anche da D'Alema, non vuole "correre il rischio di partire dalla fine" e ha scelto di "mettere ordine per ridare forza al percorso politico". Sarà, ma l'impressione è quella di un partito che cerca sempre e comunque il modo migliore di complicarsi la vita. E Bersani (che invece alle primarie pensa sul serio, come "testimonia" in maniera sibillina il post di popolino) dovrebbe invece mostrare più coraggio e abbandonare una volta per tutte tatticismi e "improvvisate alchimie". Si metta in gioco sul serio, per il bene del partito e nel rispetto dell'intelligenza del "suo" popolo.