AGGIORNAMENTO – La replica del Governo: "Proposta concordata, costi troppo alti" – "I gruppi di maggioranza del Senato hanno già detto di no alla premessa della proposta del presidente dell’Inps con un ordine del giorno di indirizzo accolto dal governo", è la critica di Maurizio Sacconi, presidente della commissione Lavoro del Senato ed ex ministro del Welfare, alla proposta dell'Inps. Freddezza anche dal ministero del Lavoro, secondo cui i "contenuti delle proposte di Boeri erano noti al Ministero del Lavoro, che le ha ritenute un contributo utile al dibattito sulla riforma delle pensioni", spiegano le fonti del ministero di Via Veneto. Ma "al momento si è deciso di rinviare perché quel piano, oltre a misure utili come la flessibilità in uscita, ne contiene altre che mettono le mani nel portafoglio a milioni di pensionati, con costi sociali non indifferenti e non equi".
Poche ore fa l’Inps ha rilasciato una articolata proposta normativa, dal titolo “Non per cassa ma per equità”, che si propone di intervenire su un settore particolarmente delicato: la povertà in età avanzata e, nello specifico, il sostegno agli over 55 che non hanno ancora maturato i requisiti per andare in pensione. Come spiega la nota dell’Istituto, si tratta di una proposta che intende sia abbattere la povertà, riducendola almeno del 50%, fra chi ha più di 55 anni di età sia garantire una transizione più flessibile dal lavoro al non lavoro e viceversa. La ratio è quella di “intervenire ai confini fra assistenza e previdenza per permettere che l’invecchiamento della popolazione italiana sia non solo finanziariamente, ma anche socialmente sostenibile.”
Come funziona la proposta dell’Inps contro la povertà
L’idea base è quella di offrire una rete di protezione sociale almeno dai 55 anni in su, considerando che si tratta della fascia di età in cui “la povertà è aumentata proporzionalmente di più rispetto alle altre classi di età durante la Grande Recessione e la crisi del debito nell’area Euro”. Si intende, in sostanza, colmare anche il vuoto normativo italiano, considerando che in Italia “unico caso in Europa, mancano forme di sostegno al reddito di ultima istanza che tutelino dal rischio di povertà le persone con scarse opportunità di (re)impiego”.
L’Inps propone di garantire un reddito minimo garantito pari a euro 500€ (400€ nel 2016 e nel 2017) al mese per una famiglia con almeno un componente ultracinquantacinquenne. Tecnicamente si tratterebbe del Sostegno all’inclusione attiva per gli over 55, ma l’assegno è calibrato sul nucleo familiare e può variare a seconda della presenza di altri soggetti nel nucleo familiare (“l’ammontare della prestazione è pari all’importo per un single (500€) moltiplicato per la scala di equivalenza OCSE Modificata, che tiene conto delle economie di scala che si raggiungono condividendo la stessa abitazione”).
Come funziona l'assegno minimo per gli over 55
Un esempio concreto è riportato nel documento:
Consideriamo una famiglia con 2 soggetti adulti, di cui uno con più di 55 anni. Poiché il parametro della scala Ocse Modificata per questa tipologia familiare è pari 1.5, tale famiglia avrebbe diritto a un reddito minimo pari a 500×1.5, ovvero 750€ al mese. Ora, se la somma dei redditi da lavoro mensili di queste due persone fosse pari a 500€ al mese, il valore della prestazione ricevuta ammonterebbe a 250€.
Va detto che l’accesso al sussidio sarà vincolato piuttosto rigidamente (proprio per evitare un disperdersi delle risorse):
- Il valore catastale della casa adibita ad abitazione principale, rivalutato ai fini IMU e al netto degli interessi passivi residui sull’eventuale mutuo, non deve essere superiore a 150.000€
- La famiglia non deve essere titolare di altri diritti reali di godimento oltre l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale.
- Il valore del patrimonio mobiliare del nucleo familiare, non deve essere superiore all’ammontare massimo equivalente del SIA55 per un totale di tre mensilità. Ad esempio, per una famiglia di 2 componenti adulti, il valore soglia del patrimonio mobiliare non può essere superiore a 3x500x1.5=2.250€.
Il sussidio sarà comunque condizionato all’inserimento lavorativo e sarà finanziato anche attraverso il “miglioramento delle proprietà distributive della spesa assistenziale al di sopra dei 65 anni di età”. Tradotto, significa procedere a una rimodulazione delle prestazioni assistenziali fornite in base al reddito del nucleo familiare. La proposta non agisce direttamente sull’assegno previdenziale, ma interviene su quelle “risorse idealmente destinate al contrasto alla povertà, ma che vengono tuttavia erogate verso le fasce più agiate della popolazione”. Per paradossale che possa sembrare, infatti, parte delle risorse per il contrasto alla povertà per gli over 65 finisce nelle tasche di pensionati che si collocano nei “decili” più alti: si tratta di quasi 5 miliardi di euro, per la maggior parte provenienti dalle integrazioni al minimo e da pensioni e assegni sociali.
Come spiega il comunicato, “ci sono costi limitati a carico di circa 230.000 famiglie ad alto reddito (appartenenti perlopiù al 10% della popolazione con redditi più alti) che si vedono ridurre trasferimenti assistenziali loro destinati in virtù di una cattiva selettività degli strumenti esistenti. Tra i potenziali perdenti – sottolinea l'Inps – anche circa 250.000 percettori di pensioni elevate, legate in gran parte all'appartenenza a gestioni speciali, e non giustificate dai contributi versati durante l'intero arco della vita lavorativa, oltre che più di 4.000 percettori di vitalizi per cariche elettive”.
Si immagina poi anche di impostare un regime di uscita flessibile per varie tipologie di lavoratori dipendenti, che possa portare a tale situazione: