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Posto fisso, nero e mattone: pilastri in crisi dell’economia italica

Tempi duri per i tre pilastri dell’economia italiana degli anni del “miracolo economico”: per il “nero”, il posto fisso e il mattone gli spazi vanno riducendosi. A questo punto sarebbe meglio investire in nuove attività, stando attenti ai rischi…
A cura di Luca Spoldi
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Signora mia, non c’è più religione o quasi, anche se di fanatismo a sfondo pseudo-religioso ce n’è ancora fin troppo in giro (come dimostrano i fatti di Parigi). Minacciato d’estinzione il posto fisso e mentre Italia e Svizzera appaiono vicine, dopo quasi due anni di trattative, a chiudere l’atteso accordo sul rientro dei capitali (il termine massimo previsto dalla recente normativa sulla “voluntary disclosure” è il 2 marzo, ma si punterebbe ad una sigla già entro la prossima settimana, dunque non oltre metà gennaio), anche il mattone continua a deludere e l’Istat certifica:  anche nel terzo trimestre del 2014 l’indice dei prezzi delle abitazioni (Ipab) acquistate dalle famiglie, sia per fini abitativi sia per investimento, è diminuito dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e del 3,9% nei confronti dello stesso periodo del 2013.

Come dire che i tre pilastri dell’economia italiana degli anni del “miracolo economico”, ovvero il posto fisso (specie pubblico), il “nero” (sostanzialmente tollerato dallo stato nei confronti di imprese e lavoratori autonomi privati) e il mattone, stanno vacillando sempre più. O forse stanno solo cambiando aspetto, visto che la politica continua a cercare facili consensi elettorali “proteggendo” il posto fisso delle proprie caste e clientele, mentre il provvedimento sulla voluntary disclosure altro non è che il “consueto” scudo fiscale con cui periodicamente si cerca di fare cassa per coprire altri buchi aperti da una serie di provvedimenti disparati e alquanto confusi e il mattone qualche segnale di sia pur minima ripresa sembra mandarlo, se non altro perché il dato medio riferito dall’Istat deriva da un calo tendenziale inferiore a quello del secondo trimestre (-4,9%), oltre ad essere la sintesi “delle diminuzioni su base annua dei prezzi sia delle abitazioni esistenti (-4,8%) sia di quelle nuove (-1,3%)”.

Diminuzioni che appaiono di ampiezza molto differente e sembrano indicare che per immobili di migliore qualità, o comunque in grado di incontrare maggiormente le esigenze della domanda (come ci si aspetta debbano essere le nuove costruzioni), i prezzi stiano tenendo meglio. L’impressione che esistano in Italia più mercati immobiliari (oltre che del lavoro, a ben vendere) è del resto rafforzata dal dato cumulato dei primi nove mesi del 2014, che ha visto i prezzi delle abitazioni nuove calare “solo” del 2,4%, meno della metà del -5,5% segnato dai prezzi di quelle esistenti. Da qui a sperare che il mattone possa tornare un investimento interessante ce ne corre, tanto più per quanto riguarda il settore commerciale.

Secondo l’ufficio studi di Immobiliare.it, ad esempio, “l’offerta di spazi commerciali in vendita nelle città italiane negli ultimi due anni è arrivata a crescere, in alcuni centri, di oltre l’8%, mentre i prezzi hanno seguito la direzione opposta, vale a dire quella del calo che, in città come Torino e Bologna, ha superato addirittura il 20%”. Di fondo persiste infatti un circolo vizioso: con una domanda interna che resta debole e prospettive di solo un modesto incremento del reddito disponibile non tanto per le misure “pro crescita” varate dal governo quanto per gli effetti positivi della deflazione dal lato dell’offerta, segnatamente per il calo dei prezzi dell’energia e con un’offerta che continua a crescere, i prezzi degli immobili commerciali (ma anche di altri asset produttivi, in primis purtroppo il lavoro) non possono che calare in termini sia nominali sia reali, persino ora che l’inflazione è ferma (+0,2% in tutto il 2014).

Per uscirne sarebbe necessario trovare un modo, ad esempio innovando le formule commerciali con le quali vengono concessi i mutui, per far acquistare casa alle giovani coppie, o accettare una ancora più marcata svalutazione degli immobili esistenti così da consentire ai prezzi di tornare appetibili anche per percettori di redditi sicuramente meno elevati e più instabili rispetto a quelli che potevano vantare la maggior parte dei potenziali acquirenti fino a una quindicina d’anni fa e in ogni caso prima della crisi del 2008. Nel frattempo, permettetemi un consiglio da analista finanziario: se avete dei risparmi non lasciatevi tentare dal portarli all’estero, Svizzera o meno che sia.

A parte gli accordi di cui sopra, il “nero” per sua natura non rende nulla o quasi e in compenso è sempre meno ben accetto, a meno che non si tratti davvero di milioni di euro e non riusciate a reinvestirlo con profitto lontani dall’Italia (e dai principali paesi occidentali con cui l’Italia ha avviato collaborazioni in campo fiscale). Visto che anche le prospettive del mattone restano al momento problematiche (e che le tasse rischiano di erodere ulteriormente il rendimento ottenibile), investite piuttosto i vostri capitali in strumenti del risparmio gestito, per quanto questi siano stati bersagliati dalla scriteriata politica fiscale degli ultimi governi italiani, oppure investite in attività reali il cui sviluppo possiate curare direttamente (partecipazioni in società più che in titoli azionari o obbligazionari o titoli di stato). Certo correrete dei rischi, magari anche elevati (come può capitare partecipando ad esempio ad una startup), ma una svolta verso forme di maggiore imprenditorialità appare sempre più necessaria per un paese che, volente o nolente, dovrà imparare ad abbandonare i pilastri dell’economia italiana “anni Settanta” (nero, mattone e posto fisso) ed entrare, sia pure obtorto collo, nel ventunesimo secolo come investitori oltre che come cittadini.

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Luca Spoldi nasce ad Alessandria nel 1967. Dopo la laurea in Bocconi è stato analista finanziario (è socio Aiaf dal 1998) e gestore di fondi comuni e gestioni patrimoniali a Milano e Napoli. Nel 2002 ha vinto il Premio Marrama per i risultati ottenuti dalla sua società, 6 In Rete Consulting. Autore di articoli e pubblicazioni economiche, è stato docente di Economia e Organizzazione al Politecnico di Napoli dal 2002 al 2009. Appassionato del web2.0 ha fondato e dirige il sito www.mondivirtuali.it.
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