Zelensky chiama Draghi: “Corridoi umanitari bloccati e bambini morti, aiutateci ancora”
Il presidente Zelensky e il premier Mario Draghi hanno avuto una nuova conversazione al telefono sulla situazione in Ucraina. In particolare il leader di Kiev ha aggiornato il capo del governo sul blocco da parte russa dei corridoi umanitari, lamentando poi continui bombardamenti nelle città, comprese le scuole. Per questo, secondo Zelensky, continuerebbero a morire centinaia di civili innocenti, tra cui molti bambini.
Quindi il premier ucraino ha chiesto all'Italia un intervento ancora più forte da parte dell'Italia e dell'Unione europea a favore del suo Paese. Draghi, dal canto suo, ha ribadito il pieno e fermo sostegno dell'esecutivo alle autorità e al popolo ucraini e la piena disponibilità dell’Italia a contribuire all’azione internazionale per porre fine alla guerra e promuovere in seguito una soluzione alla crisi con la Russia che sia "durevole". Solo sei giorni fa il premier ucraino era intervenuto in video-collegamento alla Camera, con il suo messaggio seguito da una replica proprio dello stesso Draghi. In quell'occasione l'ex numero uno della Bce aveva spiegato che l'Italia vuole Kiev all'interno dell'Unione europea.
Ad annunciare l'assenza di corridoi umanitari era stata stamattina su Facebook la vicepresidente ucraina Iryna Vereshchuk. Il blocco è stato disposto per "motivi di sicurezza". In questo contesto, quindi, la Croce Rossa internazionale non riesce ancora a far entrare alcun aiuto nella città assediata di Mariupol (a sud del Paese). Secondo il portavoce Matt Morris, invece, "le parti devono avere un accordo per permettere un passaggio sicuro a tutti gli aiuti umanitari e devono pubblicizzare il percorso, lasciando molto tempo alle persone per uscire”. A sancirlo, d'altronde, è il diritto umanitario internazionale, secondo cui le persone "devono essere autorizzate ad andarsene, anche se non sono costrette a farlo".
Nel frattempo diverse persone residenti a Mariupol, mentre le bombe continuano a cadere sulla città, si sono rifugiate nelle cantine e si trovano ora praticamente senza cibo, acqua e medicine.