Arresti tra ultras di Milan e Inter

Zaratti (Avs): “Per non lasciare il calcio alla malavita, serve la partecipazione popolare nei club”

L’inchiesta sui gruppi ultras di Inter e Milan ha messo in luce l’attività illegale delle frange più estreme delle curve delle squadre di calcio. Per il deputato di Avs Filiberto Zaratti, ospite degli studi di Fanpage.it, la soluzione è la “partecipazione popolare” nella proprietà delle società calcistiche.
A cura di Redazione
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a cura di Marco Billeci e Giulia Casula

L'inchiesta della procura di Milano sui gruppi ultras di Inter e Milan ha messo ancora una volta in luce l'attività illegale delle frange più estreme delle curve delle squadre di calcio, dal racket dei biglietti alla gestione dei parcheggi nei pressi degli stadi. Sono emersi anche diversi episodi di violenza e legami con ambienti della malavita organizzata. Secondo il deputato di Avs Filiberto Zaratti: "Questi casi non sono isolati, l'azione repressiva non basta a combattere questi fenomeni serve una grande riforma del calcio italiano".

Per Zaratti la soluzione a questa deriva del tifo è regolare anche in Italia la cosiddetta partecipazione popolare dei tifosi nella proprietà e nella gestione delle società calcistiche. Il deputato di Avs ha presentato una proposta di legge che ricalca il modello tedesco, per cui il 50+1% delle azioni dei club deve di norma (pur con alcune eccezioni) essere in mano a tifosi e sostenitori, mentre gli sponsor privati possono detenere solo una minoranza delle quote.

Ogni socio dell'azionariato popolare può possedere una sola azione e la struttura organizzativa della società deve garantire democrazia e trasparenza. "Quando si coinvolgono 350mila tifosi come fa il Bayern Monaco, le fascie violente o criminali del tifo diventano completamente marginali", spiega Zaratti. La stragrande maggioranza di chi partecipa sono le persone perbene, che garantiscono anche la trasparenza nella gestione della società". Secondo il parlamentare della sinistra, il modello a partecipazione popolare avrebbe anche altri pregi: potrebbe contribuire a rimettere in sesto le finanze dei club super indebitati e riaccenderebbe la passione dei tifosi, che oggi seguono sempre in minor numero le partite di serie A.

I casi cronaca giudiziaria degli ultimi giorni hanno riportato al centro del dibattito il tema del rapporto tra società e frange più estreme del tifo. Lei che idea si è fatto di questa vicenda? 

Questi casi non sono isolati. Il problema delle infiltrazioni criminali nelle tifoserie ormai è un elemento diffuso. Ovviamente massimo sostegno alla magistratura per quello che sta facendo, ma questo non basta. È necessario intervenire preventivamente con una grande riforma che riguardi il calcio italiano e che sia in grado di isolare queste parti minoritarie della tifoseria che, in realtà, nei nostri stadi la fanno un po' da padrone.

Lei già mesi fa ha presentato una proposta di legge per regolare anche in Italia per regolare la cosiddetta partecipazione popolare alle società calcistiche. Intanto ci spiega questa proposta? 

Noi viviamo un momento di crisi profondo del calcio italiano. Una crisi come quella che noi stiamo vivendo ora l'ha vissuta anche la Germania negli anni 90. Come ne è uscita fuori? Con una riforma importante che prevedeva che il 51% delle società di calcio fossero di proprietà dei tifosi. Da quel momento in poi noi abbiamo assistito a una rinascita del calcio tedesco. Faccio un esempio: una delle più grandi società al mondo che è il Bayern Monaco ha 350mila soci che detengono il 70% della proprietà di quella società. Ecco quello è il modello di riferimento, perché mette al centro del progetto i tifosi, le famiglie, le persone che vogliono partecipare. Con questa partecipazione diretta alla gestione della propria società è evidente che anche le fasce più marginali, violente, che hanno contatti con la criminalità organizzata, diventano sempre meno incidenti.

Si può pensare che invece quelle frange, con questo metodo, potrebbero finire proprio dentro, nella pancia delle società?

Per questo noi diciamo che ogni socio può avere al massimo un'azione. Perché quando coinvolgi 300mila persone come fa il Bayern Monaco, l'incidenza dei poteri criminali è assolutamente insignificante e invece la stragrande maggioranza sono le persone perbene, che poi sono quelle che garantiscono la trasparenza, perché c'è una grande partecipazione delle persone che è regolamentata dalla legge. È evidente che anche i bilanci devono essere trasparenti, anche la gestione deve esserlo, non ci possono essere parti oscure, parti in nero, rapporti sui biglietti che vengono dati e vedi sti sul mercato clandestino e tutte le altre cose che fanno ricchi i poteri criminali, i quali vivono nell'opacità. Ma non solo, la partecipazione popolare presuppone un'altra questione che si vuole candidare quella società che diventa un patrimonio pubblico deve essere in grado di presentare un progetto che sia sano, discutibile, pubblico. Noi vediamo che le più grandi squadre del mondo, a partire dal Real Madrid, funzionano così. E quando a Barcellona oppure a Madrid si deve rinnovare il presidente del gruppo dirigente della società, ci sono delle elezioni che a volte sono più sentite e partecipare delle elezioni che riguardano il Consiglio comunale di quelle città.

Finanziariamente secondo lei è un modello che può reggere di fronte al calcio dei grandi Paperoni? 

Penso che possa competere. Compere il Real Madrid, competono il Barcellona e il Bayer Monaco, non si capisce perché il Milan, l'Inter, la Juventus, Roma e Lazio non possano competere allo stesso livello. Anche perché, parliamoci chiaro, il calcio italiano oggi è terribilmente indebitato. Peraltro spesso sono legate alle grandi multinazionali, ai fondi di investimento, i quali hanno pochissimo interesse per quella società, per quei tifosi ma hanno interesse magari alla realizzazione dello stadio o ad altri interventi speculativi. Io penso che lasciare il sentimento nel nostro Paese, la passione più profonda, nelle mani della speculazione più bieca forse non è un bel progetto.

La versione forse più "romantica" di questo modello partecipazione popolare che ha fatto scuola in tutto il mondo è il Sankt Pauli.

Ma anche l'Union Berlino, una piccola società che improvvisamente è arrivato alla Bundesliga, due o tre anni fa. I tifosi della Union Berlino sono andati proprio fisicamente come volontari a metter giù i mattoni per ricostruire lo stadio perché la società non aveva soldi. In occasione dei mondiali, nel campo da calcio portarono centinaia e migliaia di divani, tutti quanti assieme e si vedevano le partite della Germania. Organizzano iniziative benefiche, c'è un senso di partecipazione e di appartenenza e io penso che questa idea possa in qualche modo aiutare a tenere un comparto della nostra economia vivo. Io penso che rivivrebbe ancor di più l'entusiasmo non solo per le squadre di calcio, ma anche per la Nazionale. Ci sarebbe forse la possibilità di investire di più nei settori giovanili per far giocare a calcio i nostri giovani. Ecco, intorno alla questione del calcio noi possiamo mettere in campo un'idea di società diversa.

Vede emergere una consapevolezza della gravità della situazione nella classe dirigente del calcio e della politica? 

La sensazione che si ha è che la classe dirigente dello sport italiano e del calcio in qualche modo, sia un po' come i passeggeri del Titanic che ballano mentre il Titanic affonda. Dico semplicemente che, nelle prime tre giornate di calcio, alle piattaforme televisive si sono collegate 11 milioni 400mila persone. Questo diciamo sottolinea due aspetti. In primo luogo, il fatto che in Italia non è possibile che per vedere il calcio bisogna abbonarsi a due o tre piattaforme, spendendo cifre esorbitanti e su questo il Governo dovrebbe intervenire per regolamentare la materia. La seconda questione è che ovviamente così la proposta calcistica che viene fatta è una proposta che non attira più spettacolo e noi dobbiamo considerare che le grandi società calcistiche italiane vivono solvano quasi unicamente di diritti televisivi. Nel momento in cui non c'è più domanda e quindi gli incassi delle piattaforme dovessero andare, come questi numeri dimostrerebbero, a calare significativamente, nei prossimi anni con il rinnovo dei contratti delle piattaforme le nostre società calcistiche sono destinate a diventare assolutamente marginali nel mercato europeo del calcio.

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