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Opinioni

Willy era un bravo ragazzo, ma non era necessario

Willy era un bravo ragazzo ben integrato nella comunità e aveva molti amici, però vorrei dire che Willy avrebbe anche potuto fumare e avere disagi relazionali: non sarebbe cambiato niente. Il gioco di andare a spulciare il curriculum delle vittime per capire quanto emozionarci è una perversione.
A cura di Saverio Tommasi
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Willy Monteiro Duarte
Willy Monteiro Duarte

Willy era un bravo ragazzo, ben integrato nella comunità, aveva amici ed era amico di molti, non beveva e non fumava, questo ci tengono tutti a sottolinearlo e lo capisco perché quando viene ucciso "un bravo ragazzo" fa molto male.

Però vorrei dire che Willy avrebbe anche potuto fumare, e magari alzare il gomito spesso per affogare un senso di solitudine dato dal non essere (ipotesi) ben integrato nella comunità.
Willy avrebbe anche potuto avere qualche piccolo precedente penale; se ci pensate, se ci avessero beccato in certi momenti della nostra vita, qualche piccolo precedente penale lo avremmo quasi tutti, sicuramente io che scrivo.

In altre parole l'omicidio di Willly è stato qualcosa di barbaro, indegno e raccapricciante per tanti motivi, e sarebbe stato ugualmente indegno, raccapricciante e barbaro anche se Willy fosse stato "un po' meno bravo ragazzo".

La biografia della vittima, come i vestiti che indossava al momento dell'omicidio, il capezzolo fuori o una tuta da lavoro tirata con la cerniera fino sopra al collo; o l'ora a cui la vittima rientrava quando è stata uccisa, o il suo orientamento sessuale, o il colore della pelle, o il genere, non rendono mai la vittima un po' colpevole.
Una gonna corta o una gonna lunga non sono attenuanti per il carnefice, come il fatto che una vittima amasse oppure no bere alcolici con gli amici non diventa un motivo per piangere la vittima di un omicidio un po' di più o un po' di meno.

Il gioco di andare a spulciare il curriculum vitae delle vittime per capire quanto emozionarci, è una perversione abituale.
Sta accadendo la stessa cosa per le vittime nere della Polizia negli Stati Uniti d'America. Nel caso di Willy non sembra emergere un movente razzista nell'omicidio, ma questo non cambia la necessità per un certo pubblico di verificare "quanto fosse integrato".
Quando ammazzano "un nero" c'è sempre qualcuno che prima di indignarsi vuol capire se "quel nero lì" aveva precedenti penali, se guidava senza assicurazione o se magari era stato coinvolto in una rissa vent'anni prima. Nel caso dispiace ma fa meno effetto, come se la decisione della Polizia di soffocarlo con un sacchetto, o sparargli alle spalle, o schiacciargli il collo a terra con il ginocchio fino a lasciarlo senza aria, fosse dipesa da quello.
Come se la decisione di uccidere Willy da parte di quattro "picchiatori seriali al soldo degli spacciatori e in cerca sempre di qualcuno da menare" (come li hanno definiti alcuni amici di Willy), fosse dipesa dalle abitudini alimentari di Willy.

In altre parole: Willy era un bravo ragazzo, ma non sarebbe stato necessario.

In fondo vi ho detto una questione che vorrei apparisse banale, ma a leggere certe narrazioni, certi commenti, sembra rivoluzionaria. Non lo è, però. Ricordiamocelo: i colpevoli sono sempre, in qualsiasi situazione, gli assassini. Mai le vittime.

Proveremo a ricordarcelo una volta in più, caro Willy.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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