Vogliamo "salvare il Natale"? Inteso come spirito? Salviamo le persone, in mare e in terra. L’indotto economico del Natale si recupera l’anno prossimo e negli anni seguenti, la vita persa no. La narrazione mainstream sui pranzi festivi e le letterine spedite al premier Conte da bambini che scrivono come Camillo Paolo Filippo Giulio Benso, conte di Cavour, è semplicemente imbarazzante. Si fatica a comprendere con quale coraggio si possa scrivere e titolare a proposito del Natale proprio in questi giorni funestati da morti sia in terra che in mare. Giusto qualche titolo di oggi: "Caro Conte, tieniti il Babbo e lasciaci il Natale" (pag. 7 della Verità), "Conte sfida gli scienziati, va salvato il cenone" (pag. 8 del Giornale). E di ieri: "Salvare il cenone ma tra pochi intimi, il Governo già apre il dossier Natale" (pag. 6 del Corriere della Sera), "A Natale niente coprifuoco, l’idea per salvare il cenone" (pag. 8 di Repubblica), "Conte vuol convincerci che regali e cenone peggiorano il Natale" (pag. 1 di Libero), “Don Giuseppi ci spiega anche il Natale” (pag. 7 della Verità). E dell'altro ieri: "Ci hanno tolto anche il Natale" (pag. 5 del Tempo),"Giù le mani dal Natale in famiglia" (pagina 1 del Giornale), e così via. Da non credersi.
Beninteso, nessun sano di mente è contento nel sapere che quest’anno la pandemia arrecherà un enorme danno all’economia del paese, e rinunciare all’indotto del periodo natalizio significa fare a meno di un’iniezione di ossigeno al comparto del commercio, già in crisi. Senza i brindisi a corredo dei rituali "anche a te e famiglia", il crollo dei consumi porterebbe solo nel settore del vino, tuona Coldiretti, a una perdita di 1,2 miliardi di euro, non solo, aggiunge, "il lockdown a Natale cancellerebbe il desiderio di vacanze di oltre 10 milioni di italiani che si sono messi in viaggio nel periodo delle feste di fine anno". E ci mancherebbe altro.
Siamo in una pandemia, non in un film dei fratelli Vanzina. Come già ampiamente scritto qui su Fanpage.it, "le nuove misure del governo costeranno immensi sacrifici, aggraveranno una crisi già profondissima e renderanno più incerto il futuro di milioni di italiani. Lo sappiamo e non possiamo gioirne". Vogliamo salvare l'economia del nostro paese? I libri di Natale acquistiamoli su Bookdealer, l'e-commerce creato dalle librerie indipendenti italiane per resistere alla concorrenza sleale di Amazon, il cui amministratore delegato, Jeff Bezos, nel 2020 ha portato il suo patrimonio personale (da non confondere con il fatturato della sua azienda) oltre i 200 miliardi di dollari. Una ricchezza immensa la sua e degli altri miliardari: loro, ovvero l'1% della popolazione che detiene mezza ricchezza globale, con 1,3 milioni di milionari solo in Italia, nella crisi hanno aumentato i guadagni, talvolta pagando tasse ridicole, senza Iva, e ricorrendo a soldi pubblici pur avendo fabbriche delocalizzate e sedi legali all'estero. Non vogliamo rinunciare ai brindisi? Acquistiamo vini direttamente dai produttori, magari da quelli che a fatica si erano rialzati dopo il terremoto del 2016. Dati aggiornati a dicembre 2019, gli sfollati del sisma del 2016 sono, rispettivamente, 29.689 nelle Marche, 8.757 in Abruzzo, 6.960 in Umbria e 2.902 in Lazio. Delle 14mila richieste di contributo per la ricostruzione dei territori, ne sono state accolte solo 5325, e di questi interventi solo 2544 sono stati realizzati. "Riavrete il vostro paese" ha detto il 24 agosto scorso il premier Conte durante la messa tenutasi ad Amatrice, nel campo sportivo che a suo tempo fu luogo di ricovero, mensa e prima assistenza, e i cittadini ci hanno creduto, perché non hanno altro a cui credere, ma per ora, hanno riavuto solo le bollette di luce, gas e acqua da pagare il prossimo gennaio anche sulle case distrutte e inagibili. Usiamo internet per arrivare a questi produttori e comprare da loro, non da Jeff Bezos.
Che il primato economico, sotto le mentite spoglie della tradizione natalizia, occupi l'intero spazio pubblico mentre ancora riecheggia il grido straziato di una madre che ha perso il figlio in mare è grottesco, indegno di un paese che si forgia di avere la Costituzione più bella del mondo. Più bella perché breve, 9.300 parole o poco di più, una trentina di cartelle dattiloscritte. Più bella perché rigida, che nel linguaggio dei giuristi significa "non modificabile con procedure ordinarie". Più bella perché semplice, composta da quelli che i linguisti chiamano "vocaboli di base", parole chiare a tutti, anche agli analfabeti, perché il contenuto della Costituzione fosse chiaro a tutti: agli ignoranti, agli economisti, ai dialettofoni, ai razzisti, agli uomini di destra, agli uomini di sinistra, agli italiani, anno italiani, in una parola: agli individui. Tutti. E per arrivare a tutti, parafrasando Italo Calvino quando diceva che "in Italia c’è un tradizionale terrore semantico, terrore per le espressioni in cui la bottiglia si chiama bottiglia, e non contenitore di plastica di liquido acqueo", la vita si chiama vita, non "costo sociale", non "potenziale minaccia, assassino, truffatore, terrorista". Ogni individuo, statuisce la Costituzione italiana all'art. 3, "ha diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona". Da ciò discende che il diritto alla vita è incondizionato, inderogabile ed indisponibile. Non declinabile in vita di serie A in quanto produttiva, italiana, di pelle chiara, e vita di serie B perché improduttiva, anziana, straniera, e di pelle scura. Ieri è stato seppellito nel cimitero di Lampedusa il corpo di Ysuf Ali Kanneh, morto lo scorso mercoledì, a 30 miglia dalla costa libica per assenza di sufficienti soccorsi, insieme ad altre cinque persone annegate nel Mediterraneo; ventiquattr'ore prima, martedì 10 novembre, erano morte altre 94 persone durante un altro naufragio. In meno di ventiquattro ore, cento morti in mare, che si sono aggiunti ai 1.203 morti in terra per Covid-19, chi in solitudine, chi tra le mani di un esausto infermiere. Morti di cui non conosciamo neppure i nomi, tranne uno, Ysuf. Il piccolo era nato il 26 aprile di quest'anno, ed era originario della Guinea, un piccolo paese africano dal sottosuolo ricchissimo, sotto ci sono petrolio, oro, platino, ferro, bauxite, petrolio, sopra ci sono persone che vivono in condizioni di povertà. Una povertà troppo grande per gli spazi delle prime pagine dei giornali. Una povertà assoluta.