Visibilia, nella sentenza di patteggiamento la giudice conferma: “Bilanci truccati dal 2016”
"Le società Visibilia Editore spa e Visibilia Editrice srl hanno messo in atto plurime condotte di falso in bilancio dal 2016 al 2023 e altrettanti illeciti amministrativi" senza conseguire "un profitto di rilevante entità, ma al contrario aggravando la rispettiva condizione economica". Si legge così nella sentenza di patteggiamento della giudice per l’udienza preliminare di Milano, Anna Magelli, disposta venerdì scorso, 17 gennaio, a carico delle due aziende fondate dalla ministra del Turismo, Daniela Santanchè.
A Milano, la gup ha infatti approvato una sentenza di patteggiamento per Visibilia Editore, Visibilia Editrice, le aziende coinvolte in una serie lunghissima di violazioni amministrative legate alla gestione societaria. Nel testo della decisione si legge che i responsabili, cui fa parte anche un ex amministratore delle società, Federico Celoria, agendo "attraverso azioni esecutive di un medesimo piano illecito in periodi diversi", non hanno vigilato sul rispetto delle norme e non hanno verificato la corrispondenza tra bilanci e registrazioni contabili. Al contrario, hanno espresso parere favorevole su bilanci in contrasto con le regole contabili.
"La società avrebbe nascosto le continue perdite", si legge nella sentenza di 13 pagine, "senza conseguire profitti rilevanti ma anzi, aggravando di fatto la situazione. Una situazione che già nel 2016 avrebbe necessitato di interventi mirati. Già da quell'anno avrebbe dovuto esserci una svalutazione visto che fino al 2020 la società ha conseguito utili senza una vera prospettiva aziendale e i test che venivano fatti erano più che altro basati su piani triennali eccessivamente ottimistici".
La ministra del Turismo, Daniela Santanché, figura come riferimento economico del gruppo Visibilia ed è tra i 17 imputati rinviati a giudizio per falso in bilancio.
M5S e la mozione di sfiducia
Il Movimento 5 Stelle ha depositato una nuova mozione di sfiducia contro Santanché, già al centro di polemiche anche per altre vicende giudiziarie. La notizia del rinvio a giudizio ha spinto i capigruppo Silvestri e Patuanelli a dichiarare: "Chiediamo ancora una volta che la ministra lasci il suo incarico. Per questo motivo abbiamo presentato mozioni sia alla Camera che al Senato".
Secondo l’opposizione, la permanenza della ministra nel governo rappresenta un danno politico: "questo rinvio evidenzia una condotta grave e inaccettabile. Il Parlamento ha il dovere di agire. La premier Meloni, che ha già difeso Santanché in passato, sta compromettendo la credibilità del Paese", hanno ribadito i leader di partito.
In attesa dell’udienza del 20 marzo, le richieste di dimissioni immediate si moltiplicano: l’ex premier Giuseppe Conte, in un intervento su X, ha accusato il governo di insabbiare le questioni interne: "Abbiamo presentato una nuova mozione di sfiducia. Metteremo il governo di fronte alle proprie responsabilità di fronte al Parlamento e agli italiani".
Un precedente tentativo di sfiducia, promosso nel 2024, era stato poi respinto con 213 voti contrari. "È inaccettabile che la promozione del turismo e l’immagine dell’Italia siano affidate a una ministra sotto processo per falso in bilancio e indagata per truffa ai danni dello Stato sui fondi Covid", ha aggiunto Conte.
Le accuse ai danni dell'Inps
È attesa per il prossimo 29 gennaio la decisione della Cassazione sulla competenza territoriale, sulle accuse ai danni dell'Inps. La Cassazione dovrà stabilire se il caso verrà trattato a Milano o a Roma. La vicenda riguarda sempre Santanchè, questa volta accusata di truffa aggravata ai danni dell’Inps. Il caso è legato alla gestione della cassa integrazione in Visibilia durante l’emergenza Covid.
"Siamo sempre cauti nei confronti delle mozioni di sfiducia individuali, e anche in questa circostanza confermiamo la nostra posizione garantista, come sottolineato da Antonio Tajani", ha dichiarato Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia al Senato.
Nel frattempo, all’interno del centrodestra si ipotizza che un imminente confronto diretto tra la Presidente del Consiglio e la ministra coinvolta potrebbe rivelarsi determinante.