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Violenza sessuale, la Cassazione: “Se stupratore non risarcisce vittima deve pagare lo Stato”

Una sentenza della Cassazione ha stabilito che in caso di violenza sessuale, se la vittima non viene risarcita da chi è stato condannato penalmente, allora sarà lo Stato a doversi fare carico dell’indennizzo. La decisione dei giudici segue l’orientamento tracciato a luglio dalla Corte di giustizia Ue.
A cura di Stefano Rizzuti
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Se una donna che ha subito una violenza sessuale non viene risarcita nel processo civile, allora sarà lo Stato a doverlo fare. È questo, in sintesi, quanto deciso dalla Cassazione, che ha riconosciuto il diritto al risarcimento da parte dello Stato in favore di una donna, cittadina italiana, che aveva subito una violenza sessuale nel 2005 e dopo la condanna degli imputati non aveva avuto alcun risarcimento nel processo civile. Si tratta di una sentenza che applica l’orientamento tracciato a luglio dalla Corte di giustizia Ue. La terza sezione della Cassazione è stata sollecitata a esprimersi dopo che la questione del mancato indennizzo era finita davanti ai giudizi dell’Ue, poiché l’Italia non aveva recepito la direttiva comunitaria sul mancato indennizzo alle vittime.

Il caso di violenza sessuale era avvenuto in Italia. Poi la questione era stata portata di fronte ai giudici comunitari proprio per il mancato recepimento della direttiva 2004/80, che impone agli Stati di corrispondere un indennizzo alle vittime di reati violenti e intenzionali che non sono stati ristorati dagli autori degli abusi. A richiedere un parere comunitario era stata la stessa Cassazione, che chiedeva se andasse comunque applicata questa previsione. Dopo la pronuncia della Corte Ue, quindi, la Cassazione ha condannato la presidenza del Consiglio a risarcire la vittima in maniera equa e adeguata “rispetto alla sofferenza patita”.

La donna era stata vittima di violenza nell’ottobre del 2005 e gli autori non avevano provveduto al risarcimento in sede civile, nonostante la condanna penale. La somma risarcitoria è stata ridotta vista l’erogazione dell’indennizzo legale in favore della vittima, avvenuto solo nel luglio di quest’anno. La vittima nel 2009 aveva deciso di citare in giudizio la presidenza del Consiglio dei ministri, con lo scopo di dichiarare la responsabilità civile per la mancata attuazione della direttiva Ue sull’obbligo per gli Stati membri di introdurre un sistema di tutela indennitaria “idoneo a garantire un adeguato ed equo ristoro in favore delle vittime di tutti i reati violenti e intenzionali”, compresa anche la violenza sessuale, nel caso in cui non si riesca a ottenere il risarcimento da parte dei responsabili dell’atto. Nei confronti della donna è stato disposto un risarcimento di 30mila euro.

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