Una donna su cinque subisce violenze e umiliazioni in sala parto. É la scioccante situazione descritta dalla prima ricerca nazionale realizzata dalla Doxa per conto dell’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica in Italia. Di violenza ostetrica raramente si parla in Italia, ma a quanto pare sembra essere un fenomeno decisamente pervasivo e per nulla marginale. Stando ai dati del rapporto "Le donne e il parto" – indagine condotta su un campione rappresentativo di circa 5 milioni di donne italiane tra i 18 e i 54 anni con almeno un figlio dagli 0 ai 14 anni – "si stimano in circa 1 milione le madri in Italia – il 21% del totale – che affermano di essere state vittime di una qualche forma (fisica o psicologica) di violenza ostetrica alla loro prima esperienza di maternità. Un’esperienza così traumatica che avrebbe spinto il 6% delle donne, negli ultimi 14 anni, a scegliere di non affrontare una seconda gravidanza, provocando di fatto la mancata nascita di circa 20.000 bambini ogni anno nel nostro Paese".
Il rapporto ha rilevato che "per 4 donne su 10 (41%) l’assistenza al parto è stata per certi aspetti lesiva della propria dignità e integrità psicofisica. In particolare, la principale esperienza negativa vissuta durante la fase del parto è la pratica dell’episiotomia, subita da oltre la metà (54%) delle mamme intervistate". L'episiotomia – intervento chirurgico che prevede il taglio della vagina e del perineo per allargare il canale del parto – un tempo era considerata un aiuto alla donna per agevolare l’espulsione del bambino, mentre oggi viene definita dalla stessa Organizzazione Mondiale della Sanità una pratica "dannosa, tranne in rari casi".
"Ad aggravare la situazione il fatto che, in Italia, 3 partorienti su 10 negli ultimi 14 anni, vale a dire 1,6 milioni di donne (il 61% di quelle che hanno subito un’episiotomia) dichiarano di non aver dato il consenso informato per autorizzare l’intervento", si legge nel rapporto. "Per il 15% delle donne che hanno vissuto questa pratica, pari a circa 400.000 madri, si è trattato di una menomazione degli organi genitali. A registrare il numero più alto di episiotomie sono le regioni del Sud Italia e le isole con il 58%, seguite dal centro e Nord-Est Italia (55% pari merito), ultimo il Nord Ovest con 49%".
Non solo l'episiotomia, sono molteplici i trattamenti invasivi e umilianti subiti dalle donne in sala parto, come ad esempio la costrizione a subire parti cesarei non necessari: "In Italia, il 32% delle partorienti ricorre al parto cesareo. Di queste, il 15% racconta che si è trattato di un cesareo d’urgenza. Nel 14% dei casi, rivela l’indagine, si è trattato di un cesareo programmato su indicazione del medico, mentre solamente il 3% di donne ne ha fatto esplicita richiesta".
"Il 27% delle madri lamenta una carenza di sostegno e di informazioni sull’avvio dell’allattamento e il 19% la mancanza di riservatezza in varie fasi e momenti della loro permanenza nell’ospedale. Inoltre, il 12% delle donne afferma che gli è stata negata la possibilità di avere vicino una persona di fiducia durante il travaglio; al 13% non è stata concessa un’adeguata terapia per il dolore. Infine, non può non destare allarme, in relazione alla sicurezza e al rischio nel parto, il 4% (circa 14.000 donne all’anno) che afferma di avere vissuto una trascuratezza nell’assistenza con insorgenza di complicazioni ed esposizione a pericolo di vita".
Sebbene per una parte del campione l’esperienza del primo parto non ha influenzato la scelta di avere altri figli (63%) o non è stato il fattore che ha spinto la donna a decidere di non avere altri figli (15%), l’11% delle madri in Italia ammette di aver subito un trauma dovuto all’assistenza nell’ospedale e di conseguenza ha preferito rimandare di molti anni la scelta di vivere un’ulteriore gravidanza, con conseguenze significative sulla fertilità al livello nazionale. Per il 6% del totale il trauma è stato così forte da decidere di non avere più altri figli, stimando a 20.000 all’anno i bambini non nati. Una conseguenza sulla natalità di cui fino ad oggi non era emersa alcuna correlazione.
Basta tacere sui maltrattamenti in sala parto: l'approfondimento di Fanpage.it
Complice la campagna di sensibilizzazione lanciata dalla pagina Facebook #bastatacere, nel maggio del 2016 Fanpage.it si è occupata di violenza ostetrica, denunciando il fenomeno e raccontando le umilianti esperienze subite dalle neo-mamme in sala parto. Sul Web sono centinaia le testimonianze rese dalle protagoniste di alcuni episodi agghiaccianti, costrette a subire trattamenti sanitari senza consenso che definire disumani e degradanti sarebbe un eufemismo. Donne umiliate, sbeffeggiate, zittite, insultate, abbandonate a se stesse, psicologicamente violate. Tra abusi e umiliazioni, molte mamme hanno raccontato il proprio parto come fosse un'esperienza al confine della tortura legalizzata.