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Violenza fuori controllo in Tunisia, mentre l’Ue tratta l’accordo sui migranti voluto da Meloni

A Sfax, in Tunisia, è scoppiata una nuova ondata di violenze tra residenti e migranti subsahariani dopo l’uccisione di un uomo tunisino. Nel frattempo l’Ue tratta un accordo per fermare le partenze.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Non si ferma l'ondata di violenze in Tunisia, a Sfax, dove continuano gli scontri tra la popolazione residente e i migranti subsahariani. Per la terza notte consecutiva la tensione è stata altissima, con pneumatici bruciati, strade bloccate e sassaiole tra gruppi rivali. I tunisini chiedono alle autorità di espellere dal Paese i migranti irregolari, arrivati dall'Africa subsahariana per provare a raggiungere l'Europa via mare. La polizia locale è dovuta intervenire più volte per provare a sedare gli scontri, al momento senza successo.

Gli scontri sono cominciati dopo l'uccisione di un uomo tunisino di quarant'anni, accoltellato da un gruppo di migranti. Il Procuratore di Sfax ha disposto la custodia cautelare per tre persone provenienti dal Camerun, mentre un altro indagato è attualmente in fuga. Dopo i funerali dell'uomo, però, è scoppiata la rivolta e si è alzato il livello della violenza nella periferia della città tunisina, diventata negli anni un punto di riferimento per i migranti che vogliono provare la traversata di fortuna. In tanti arrivano lì e aspettano anni prima di riuscire a tentare il viaggio, rimanendo relegati ai margini della società.

Il presidente Kais Saied ha usato toni duri verso l'immigrazione irregolare, soffiando di fatto su un fuoco mai sopito: "La Tunisia non accetta che chi non rispetta le sue leggi risieda sul suo territorio, né che sia Paese di transito o terra di reinsediamento per i cittadini di alcuni Paesi africani", ha detto il presidente, senza provare a usare toni distensivi. Negli ultimi giorni sono stati fermati almeno 300 migranti subsahariani.

"In Tunisia, dopo una perquisizione in una casa a Sfax, 48 persone sono state arrestate, e 20, tra loro, sono state espulse in Libia dai militari tunisini – fa sapere l'ong Alarm Phone – Ora si trovano nella regione di confine e chiedono urgentemente aiuto: sono stati minacciati da uomini armati, denaro e cibo sono stati portati via, i loro telefoni cellulari sono stati distrutti". Tra loro "ci sono sei donne e una ragazza (di 16 anni), due donne sono incinte, una di loro ha bisogno di cure mediche". E attacca: "Queste pratiche di deportazione e violenza perpetrate dalle autorità tunisine sulle comunità migranti sono documentate da tempo. Questo evento è un'altra prova che la Tunisia non può essere considerata un Paese sicuro".

Nel frattempo l'Unione europea continua a trattare un accordo con il presidente Saied per fermare le partenze verso l'Europa, visto che ormai – numeri alla mano – dalla Tunisia si imbarcano più migranti che dalla Libia. Si parte dal memorandum firmato grazie al contributo di Giorgia Meloni, che ha portato le istituzioni europee in Tunisia per provare a raggiungere un'intesa, ma Saied continua a rilanciare con l'opinione pubblica interna, dicendo che non farà il custode dei confini di altri Stati, mentre chiede sostanzialmente più soldi all'Ue.

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