Violenza di genere, Gadda a Fanpage: “Spero di vedere anche tanti uomini in piazza, tema riguarda tutti”

Ogni femminicidio ha un diretto responsabile, un esecutore materiale, ma sulla violenza di genere tutta la comunità si deve interrogare. Lo dice in un’intervista con Fanpage.it la deputata di Italia Viva Maria Chiara Gadda, affermando di auspicare che il 25 novembre, giornata internazionale contro la violenza sulle donne, anche tanti uomini scendano in piazza.
A cura di Annalisa Girardi
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"L'ennesimo femminicidio, che non è il primo e purtroppo non sarà l'ultimo". Così Maria Chiara Gadda, deputata di Italia Viva, commenta la morte della ventiduenne Giulia Cecchettin, ammazzata dall'ex fidanzato. E, in un'intervista con Fanpage.it, parla di come contrastare la violenza di genere, dalla prevenzione alla tutela delle vittime. "È importante che si inizi a discuterne, che si apra un dibattito culturale, ma dobbiamo anche imparare a non reagire sempre sull'onda dell'emotività esplosa all'ultimo omicidio, per poi non parlarne più appena passa la notizia", ha sottolineato.

Il femminicidio di Giulia Cecchettin sembra aver innescato una forte reazione nell'opinione pubblica e si parla di rivoluzione culturale, di educazione ecc… Qual è stata la sua percezione?

Dobbiamo fare davvero un dibattito profondo nella società. Anche a livello legislativo io non credo sia pensabile, di fronte ai grandi temi della nostra società, procedere per decreti. Dobbiamo capire come monitorare le leggi esistenti e farle funzionare. Non possiamo agire sull'emergenza, la violenza di genere è una presenza – purtroppo – nella nostra società. Le norme sono state tante in questi ultimi trent'anni. Quando sono nata c'era ancora il delitto d'onore, dai punti di vista legislativo e culturale abbiamo fatto molti passi avanti, anche con la ratifica della Convenzione di Istanbul. Il punto è che quelle norme in grande parte rimangono inattuate.

Il cambiamento deve essere culturale, si sta dicendo in questi giorni…

Se si parla di violenza di genere è fondamentale innanzitutto agire su altri due aspetti, oltre ovviamente alla repressione. Il primo è la prevenzione. È un aspetto importantissimo perché i reati più gravi, come l'omicidio, sono sempre preceduti dai cosiddetti reati sentinella, che possono essere un livido o la violenza economica. Ci sono molte donne che sono quotidianamente vittime di violenza da parte dei loro mariti, dei loro partner: quella violenza parte anche dalle limitazioni alla vita privata, non poter lavorare, non poter uscire con i propri amici. E poi, piano piano, si aggiungono anche gli episodi di violenza fisica. Bisogna mettere le risorse nella formazione degli operatori, dobbiamo dare gli strumenti a tutta la comunità educante. Ad esempio, se si parla di scuola e di educazione affettiva, bisogna mettere risorse su psicologi e figure professionali a scuola. Serve poi formazione delle forze dell'ordine e degli operatori all'interno del sistema giudiziario. Talvolta, quando le donne denunciano, possono essere sottovalutate. Dobbiamo costruire una società che nei suoi diversi punti chiave sia in grado di intercettare gli episodi di violenza, affinché non si possa arrivare poi al reato finale.

Poi c'è il tema della presa in carico e della tutela delle vittime. Se tante donne non denunciano questo avviene anche perché spesso ci sono i minori in famiglia. Il tema della violenza assistita è un altro triste capitolo di questa vicenda: dobbiamo consentire che le case rifugio vengano finanziate a dovere e dobbiamo lavorare a un coordinamento dei centri antiviolenza, che includa enti locali, servizi sociali, tribunali, procure, terzo settore… Su questo punto credo che come maggioranza e opposizione non dobbiamo fare battaglie ideologiche, ma provare davvero ad incidere nella società.

Anche in casi di cronaca come questo però ci sono delle polemiche. Penso alle parole della sorella di Giulia Cecchettin, che ha lanciato un appello agli uomini, chiedendo loro di rendersi conto del privilegio che hanno e di usarlo per cambiare le cose, ed stata attaccata da alcuni consiglieri regionali…

Ma come può venire in mente di attaccare una ragazza giovane che ha perso in un modo così brutale la sorella? Che ha perso un anno fa la madre? Ci vuole un pudore nelle dichiarazioni e forse talvolta il silenzio è la cosa migliore. Sicuramente di fronte questi episodi c'è una responsabilità individuale, di chi ha commesso il reato, e questo non può non essere messo in conto. Però comunque la comunità si deve interrogare rispetto al fatto che molte volte si è indifferenti per ignoranza, perché non si hanno gli strumenti. Non è detto che la società non possa essere in grado di vedere prima questi fenomeni di violenza. Ci dobbiamo sentire tutti responsabili.

Credo che sia importante provare a dare voce anche agli uomini che non hanno nessuna intenzione di fare violenza nei confronti delle donne, ma che anzi hanno voglia di partecipare a una società diversa. Io proverei ad alimentare un dibattito che dia voce alle donne, sicuramente, ma anche agli uomini, perché comunque siamo siamo tutti e due parte parte in causa.

Spero di vedere anche tanti uomini in piazza il 25 novembre, per la Giornata contro la violenza sulle donne?

Assolutamente sì. Spero di vedere in piazza donne, uomini, ragazzi, giovani. Insomma la comunità, in modo costruttivo.

Il ministro Valditara ha annunciato un piano per l'educazione sentimentale a scuola. Che idea si è fatta?

Sul piano sospendo il giudizio. L'educazione sentimentale è importantissima, educare alla gentilezza, all'eliminazione degli stereotipi di genere è importante. Però anche qui servono delle risorse vere, non soltanto un titolo. Serve mettere all'interno della scuola professionalità vere, perché se questo non avviene si possono ottenere anche dei danni molto gravi. Vedremo come sarà il dibattito, ma non dobbiamo prenderci in giro. E poi, soprattutto, se ci si deve davvero educare alla parità di genere, al rispetto reciproco, alla gentilezza, lo si deve fare sin dai primi anni di scuola. Non si può arrivare tardi, va fatto nei primi anni di vita, quando si impara a stare con sé stessi e con gli altri.

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