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Via libera all’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti (ma dal 2018)

Con il via libera della Camera dei deputati è legge la revisione del finanziamento pubblico ai partiti voluta dal Governo Letta.
A cura di Redazione
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Dalla Camera dei deputati è arrivato il via libera definitiva al disegno di legge che cambia il finanziamento pubblico ai partiti e che negli ultimi mesi è stato oggetto di una feroce polemica politica tra maggioranza e opposizione. Si tratta della "Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 28 dicembre 2013, n. 149, recante abolizione del finanziamento pubblico diretto, disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della contribuzione indiretta in loro favore", testo già approvato dal Senato e passato alla Camera che non vi ha apportato modificazioni sostanziali (c'è ovviamente la constatazione dello slittamento di un anno della manovra).

Il provvedimento è consultabile nel dettaglio qui e rappresenta in ogni caso una mediazione fra istanze divergenti. Per quel che riguarda i numeri dell'operazione, resta il sunto complessivo fatto dalla relazione del ministro Quagliariello: "In applicazione delle disposizioni recate dal comma 1, le risorse residue iscritte nel fondo per il finanziamento dei partiti sono pari a 54,6 milioni per il 2015, 45,5 milioni per il 2016, 36,4 milioni per il 2017. Parallelamente i risparmi ammontano a 36,4 milioni per il 2015, 45,5 milioni per il 2016, 54,6 milioni per il 2016  e 91 milioni a decorrere dal 2017″. Accanto a questo sistema entrerà gradualmente a regime il meccanismo del 2×100 che permetterà ai partiti di incassare parte delle tasse dei cittadini (su base volontaria, ovviamente, con un tetto massimo e con la parte "inoptata" che resterà allo Stato). Sulle donazioni lo scontro è stato piuttosto duro, anche all'interno della maggioranza. Al Senato si è deciso per un tetto di 100mila euro per le persone fisiche e per altri soggetti, mentre ci saranno detrazioni fiscali del 37% per chi donerà tra i 30 euro e i 20mila euro, del 26% per chi verserà tra i 20mila e i 70mila euro.

Confermato anche il fondo per la cassa integrazione dei dipendenti dei partiti che perderanno il posto di lavoro a seguito del taglio dei finanziamenti, così come non sono state reintrodotte le agevolazioni sull'Imu e sulle scuole di formazione politica (che comparivano nella prima stesura del testo).

Durante le dichiarazioni di voto i gruppi hanno ribadito il loro giudizio sulla legge (che, ricordiamo, era stato presentato a maggio e poi "sostituito" dal decreto del Governo a dicembre), mentre il Movimento 5 Stelle ha rinunciato al paventato ostruzionismo anche considerando che il decreto sarebbe comunque "decaduto" il 26 febbraio (dunque c'erano in ogni caso i margini di tempo per l'approvazione). Dal plauso centrista al provvedimento (Balduzzi ha parlato di "scelta saggia, proprio nel momento in cui cresce la sfiducia"), alle prime perplessità sui "controlli" (che effettivamente mancano e saranno probabilmente affidati ad un nuovo intervento legislativo), fino ad arrivare alle bocciature di Sinistra Ecologia e Libertà su controlli, democrazia dei partiti e "sul peggioramento della qualità democratica". Positivo il giudizio di Forza Italia, affidato in Aula a Rocco Palese, che ha ricordato come anche la riforma del 2012 andasse nella direzione di una "rivoluzione culturale che vedrà la libera partecipazione dei cittadini al finanziamento pubblico dei partiti".

La contrarietà del Movimento 5 Stelle è invece stata declinata dall'ex capogruppo Roberta Lombardi: "Siamo all'epilogo di una farsa recitata da 20 anni. Noi volevamo abolizione di ogni forma di finanziamento pubblico ai partito, limitare nel tempo la cassa integrazione per i dipendenti dei partiti e la restituzione dei soldi da parte di chi viola le regole. Avete bocciato tutte queste proposte". Il sì del Pd è arrivato per bocca del deputato De Maria: "Così rafforziamo le istituzioni e rispondiamo al messaggio di rabbia e odio del Movimento 5 Stelle che strumentalizza la crisi e la sofferenza degli italiani. Il nostro modello di finanziamento è valido, ma per ricostruire il rapporto fra cittadini e istituzioni serviva una riforma come quella che abbiamo oggi".

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