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Via libera al Def: le stime di crescita del governo Meloni nel 2023

Il governo mette nero su bianco il perimetro economico e finanziario entro il quale si muoverà quest’anno: c’è il via libera al Def.
A cura di Annalisa Girardi
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Il Consiglio dei ministri approva il Def e mette nero su bianco il perimetro economico e finanziario entro il quale si muoverà il governo quest'anno, anche alla luce delle stime di crescita.

Il ministero dell'Economia comunica che nello scenario tendenziale a legislazione vigente, il Pil è previsto crescere dello 0,9% nel 2023 e il programmatico all'1%, dato rivisto al rialzo in confronto al DPB di novembre, in cui la crescita del 2023 era fissata allo 0,6%, dell’1,4% nel 2024 (programmatico 1,5%), dell’1,3% nel 2025 e dell’1,1% nel 2026 (stesse percentuali nel programmatico). La stima per il 2024 viene pertanto rivista al ribasso (dall’1,9 %) in confronto allo scorso novembre. La proiezione per il 2025 è in linea con il Dpb, mentre la decelerazione prevista per il 2026 è dovuta a prassi metodologiche concordate a livello di Unione europea.

Per quanto riguarda invece il deficit, secondo quanto appuntato nel Def, quest'anno sarà del 4,5%, per restare comunque oltre quota 3% anche nel 2024. "Il Def punta a ridurre gradualmente, ma in misura rilevante e sostenuta nel tempo, il deficit e il debito della PA in rapporto al Pil. Coerentemente con questo obiettivo, il Governo conferma gli obiettivi di indebitamento netto presenti nel documento dello scorso novembre", scrive il Mef, che specifica gli obiettivi sul deficit contenuti nel Def: "4,5% nel 2023, 3,7 nel 2024, 3,0 nel 2025, fino al 2,5 nel 2026".

Nel 2022 il rapporto debito/Pil è risultato pari al 144,4 per cento, 1,3 punti percentuali inferiore rispetto alla previsione del Dpb dello scorso novembre.  Una diminuzione che, coerentemente agli obiettivi indicati nello scenario programmatico continuerà progressivamente a scendere nel 2023, al 142,1 per cento, nel 2024, al 141,4, fino a raggiungere il 140,4 per cento nel 2026. Tuttavia non possono essere ignorati gli effetti di riduzione del rapporto debito/Pil che si sarebbero potuti registrare se il super bonus non avesse auto gli impatti sui saldi di finanza pubblica che sono stati finora registrati.

"La prudenza di questo documento è ambizione responsabile. Abbiamo davanti a noi grandi sfide, dai cambiamenti climatici al declino demografico della popolazione italiana ma anche notevoli opportunità di aprire una nuova fase di sviluppo del nostro Paese", ha commentato il ministro Giancarlo Giorgetti sul Def appena approvato. "Le riforme avviate intendono riaccendere la fiducia nel futuro tutelando la natalità e le famiglie anche attraverso la riforma fiscale che privilegerà i nuclei numerosi. Inoltre riconoscerà lo spirito imprenditoriale quale motore di sviluppo economico, promuovendo il lavoro quale espressione essenziale dell’essere persona".

"È realistico puntare – ha aggiunto Giorgetti – per i prossimi anni ad un aumento del tasso di crescita del PIL e dell’occupazione, lungo un sentiero di innovazione e investimento all’insegna della transizione ecologica e digitale". 

Il primo Documento di economia e finanza di Giorgia Meloni, comunque, resta nel segno della prudenza, viste le numerose incognite che pesano sul prossimo futuro. In primis quella riguardante l'inflazione, che continua a destare preoccupazioni, nonostante i valori siano più contenuti rispetto agli ultimi mesi.

Anche il Fondo monetario internazionale, nell'ultimo Global Financial Stability Report, ha sottolineato come i rischi alla stabilità finanziaria siano aumentati. E lo dimostrerebbero i recenti terremoti bancari, tra Silicon Valley Bank e Credit Suisse. "L'emergere di stress sui mercati finanziari complica il compito delle banche centrali in un momento in cui le pressioni inflazionistiche si stanno dimostrando più persistenti di quanto anticipato", si legge nel report. Che però assicura non ci siano crisi come quella del 2008 all'orizzonte.

Per il Fmi la crescita italiana è comunque più alta del previsto, allo 0,7% contro lo 0,6% che supponeva invece a gennaio. Per il prossimo anno, però, anche secondo il Fondo le previsioni sono più contenute e le ritocca al +0,8%. Con questa cifra l'Italia rimane fanalino di coda del G7. Il Fmi, comunque, nel 2023 a essere più bassa delle aspettativa è anche la crescita mondiale, che si ferma al 2,8%.

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