“Vi spiego perché dobbiamo togliere il termine razza da tutti i documenti pubblici”
Non ha alcun senso parlare di "razza" per la specie umana. La comunità scientifica lo sostiene da tempo e alcuni Paesi, come la Francia, già dieci anni fa hanno eliminato questa parola dalla Costituzione. Anche in Italia finalmente c'è stato un primo passo: in commissione Affari costituzionali e Lavoro alla Camera è stato approvato un emendamento, presentato dal deputato Arturo Scotto, che prevede che nei documenti pubblici il termine "razza" venga sostituito da "nazionalità".
"Questo emendamento in realtà è frutto del lavoro di anni. Io ho presentato una proposta di legge già nella XVII legislatura e poi l'ho riproposto all'inizio di questa. Avevo lavorato con un'equipe di scienziati, antropologi e con il giornalista Pietro Greco: proponevamo l'abolizione da tutti gli atti e i testi della pubblica amministrazione della parola "razza", per sostituirla con "nazionalità", seguendo anche l'esempio francese", ha commentato Scotto a Fanpage.it. Che però, su una ipotetica modifica anche nella Costituzione è più dubbioso: "Quando si mette mano alla Costituzione, anche con buoni propositi come questo, bisogna essere sempre molto cauti".
Perché non ha senso parlare di "razza" per l'essere umano
Non esiste alcun fondamento scientifico per parlare di razza riferendosi agli esseri umani. I professori di Antropologia Olga Rickards e Gianfranco Biondi già nel 2014 avevano lanciato un appello alle istituzioni per l'abolizione del termine, sottolineando come la ricerca avesse ampiamente dimostrato "che il concetto tassonomico di razza non può essere applicato alla nostra specie Homo Sapiens". In tassonomia il concetto di razza definisce la classificazione biologica al di sotto della specie, esprimendo cioè un rapporto di parentela antenato-discendente tra le popolazioni.
Nei secoli scorsi, però, il concetto è stato utilizzato in altro modo. Gli è stato dato un significato semplificato e distorto per legittimare, di fatto, le discriminazioni di alcuni gruppi. Le differenze morfologiche che si vedono ed esistono, sottolineavano Rickards e Biondi nel loro appello, non sono in alcun modo di natura "razziale", ma ambientale ed ecologica. "Gruppi diversi in ambienti simili tendono a somigliarsi anche se geneticamente molto lontani tra loro", scrivevano. Ad esempio, l'antropologia classica tendeva a descrivere le popolazioni europee come più vicine a quelle asiatiche che a quelle africane, in base al colore della pelle. La ricerca recente ha invece dimostrato che i popoli europei hanno con quelli africani, da cui discendono tutte le popolazioni attuali, un grado di parentela molto più stretto, in quanto sono stati un'unica popolazione più a lungo.
Scotto: "Sulla "razza" sono stati costruiti i peggiori orrori della storia"
Se non ha alcun senso parlare di "razze umane" in termini scientifici, abolire la parola dai documenti pubblici è comunque un segnale importante. "È un segnale politico – ha detto Scotto a Fanpage.it – Il tema del resto è tornato centrale dopo le molte esternazioni provenienti dalla maggioranza. Il ministro Lollobrigida, dopo le dichiarazioni sulla sostituzione etnica, aveva detto di essere d'accordo con la proposta di cancellare la parola dalla Costituzione. Io presentai un ordine del giorno al dl Cutro, ma fu bocciato. Era sullo stesso schema dell'emendamento che ora è stato approvato all'unanimità con l'apposizione delle firme di tutti i gruppi parlamentari. Credo che sia un bel segnale, un messaggio politico molto forte", ha aggiunto.
Nel testo della proposta di legge che Scotto aveva presentato a inizio legislatura, fra le altre cose, si sottolineava come il patrimonio genetico di tutti gli esseri umani fosse pressoché identico: "Tutti gli antropologi e la comunità scientifica spiegano benissimo come gli studi più recenti dimostrino che la parola "razza" non si attagli agli esseri umani. Il 99,9% del patrimonio genetico degli esseri umani è identico ma attorno a quel 0,1% restante, che comunque non presuppone diversità insormontabili, la storia ha costruito gli orrori più grandi. Dalle leggi razziali ai campi di sterminio, dalla pulizia etnica all'apartheid", ha sottolineato ora il deputato.
Le strumentalizzazioni razziste sul concetto di "etnia"
La comunità scientifica si è espressa chiaramente sulla questione. Perché c'è voluto tanto per un primo passo anche sul versante politico? Fatichiamo davvero così tanto ad accettare l'idea di uguaglianza tra tutti gli esseri umani?
Gli stessi dubbi sorgono anche sulla parola "etnia". Dovremmo smettere di usare anche quella? "Ci sono documenti che vanno esattamente in questa direzione, che sostengono che la parola "etnia" si sovrapponga alla parola "razza" – ha spiegato Scotto – È un dibattito che riguarda la comunità scientifica. Quello che io mi sento di dire è che sicuramente non esiste l'idea di sostituzione etnica. È una gravissima affermazione politica: è un'idea che nasce nei circoli complottistici che immaginano una riduzione dello spazio della cittadinanza tradizionale in Europa, occupato invece da migranti che vengono da altri continenti. È qualcosa di aberrante e che rischia di produrre gli effetti di una guerra civile europea".
Per poi concludere: "Perché come sappiamo tutti i populismi e tutte le destre hanno sempre avuto in testa l'idea di costruire attorno alla paura il proprio clima elettorale politico".
Tra i documenti citati da Scotto ce n'è anche uno firmato dalla Società Italiana di Antropologia Applicata che ribadisce come anche il termine "etnia" venga spesso strumentalizzato, facendone un abuso pseudo-scientifico per giustificare discriminazioni e marginalizzazioni razziste. Si parla di "etnia" come se alcune caratteristiche culturali o identitarie avessero una natura ereditaria e immutabile, con l'unico scopo creare gerarchie xenofobe tra le popolazioni. Che non sono altro che costrutti arbitrari, concetti astratti per tracciare dei confini tra "noi" e "loro".
Anche l'identità di un popolo, i suoi costumi e la sua cultura, è in divenire. È soggetta a cambiamenti e mutazioni. Un Paese come l'Italia, che ha alle spalle una storia millenaria di interazioni tra popolazioni diverse e deve la sua ricchezza proprio a questo crocevia di culture, non dovrebbe dimenticarlo.