Verso le Regionali. In cinque per un posto, la destra litiga in vista del difficile assalto alla Toscana
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Il centrodestra in queste ore appare diviso e litigioso, dove invece più che altrove servirebbe unità d'intenti, per provare a compiere una missione quasi impossibile. Delle sei elezioni regionali del 2025, infatti, la sfida per la Toscana è quella più difficile, per la coalizione di governo. Certo, negli ultimi anni i partiti di maggioranza sono riusciti a conquistare alcune città simbolo della regione. La corsa a governatore però è un'altra cosa, in quello che è ancora considerato un fortino "rosso".
Tanto più che il presidente uscente del Pd Eugenio Giani gode ancora di una discreta popolarità, anche grazie a un certo gusto per il presenzialismo che gli è valso il soprannome di Tartina, con riferimento al gran numero di convegni, inaugurazioni, eventi a cui partecipa. Dalla sua c'è poi la capacità – riconosciuta pure dagli avversari – di pescare voti anche nell'area moderata, oltre il suo campo. Per questi motivi, Giani sarà quasi certamente ricandidato.
Dall'altro lato, nel centrodestra al momento ci sono addirittura quattro candidati in campo per tre partiti, più un altro non ufficiale, che però – secondo alcune indiscrezioni – non avrebbe ancora abbandonato le speranze di spuntarla. La sintesi tra le diverse forze è al momento ancora lontana, anzi negli ultimi giorni i toni della discussione si sono fatti più aspri. Eppure, fino a qualche tempo fa, sembrava che ci fosse già un prescelto.
È Alessandro Tomasi di Fratelli d'Italia. 45 anni, già dirigente di Azione Giovani, nel 2017 regalò al partito di Giorgia Meloni uno dei primi importanti successi elettorali, strappando Pistoia alla sinistra. Oggi è sindaco al secondo mandato e da mesi parla e si muove come candidato in pectore, rilasciando interviste in cui spiega le sue idee per la Toscana e sprona gli alleati a sbrigarsi a incoronarlo.
Le contromosse di Lega e Forza Italia
Il problema è che proprio quest'atteggiamento da predestinato di Tomasi ha finito per irrigidire gli altri partiti della coalizione, anziché convincerli. Per dire, qualche mese fa la Lega aveva persino lanciato l'idea di fare delle primarie all'americana, per scegliere il candidato. L'ipotesi non ha mai preso piede ma il 15 febbraio, all'indomani dell'ennesimo intervento del sindaco di Fdi, il partito di Matteo Salvini ha deciso di mettere in campo un proprio nome. È quello della consigliera regionale Elena Meini, fedelissima di Sussanna Ceccardi, l'europarlamentare ultrasalviniana.
Nella Lega rimane però l'incognita sul ruolo di Roberto Vannacci, che in Toscana (a Viareggio) è di casa. Venerdì 21 febbraio, intervistato dall'emittente locale NoiTv, l'eurodeputato ha criticato la designazione di Meini, dicendo di non essere stato coinvolto nella scelta e di non condividerla perché "squadra che non vince si cambia". L'autore de "Il mondo al contrario" potrebbe quindi scegliere di organizzare una propria lista da far partecipare alla competizione, anche se sul punto per ora rimane ambiguo ("La sorpresa è un principio dell’arte della guerra", ha detto nell'intervista).
Intanto con un effetto domino, pochi giorni dopo l'annuncio della candidatura leghista, anche Forza Italia ha calato le sue carte, portando al tavolo ben due nomi. Il primo è quello del segretario regionale Marco Stella ed è considerabile una candidatura di bandiera. Ma il secondo è ben più pesante: la vicesegretaria del partito di Tajani, Deborah Bergamini. La scelta si presta a varie interpretazioni. Può far pensare a una reale volontà di rivendicare la candidatura di aspirante governatore. Oppure a una mossa tattica: "mettere un carico" nella trattativa complessiva interna al centrodestra su nomi e ruoli, nel gioco a incastro che comprende ovviamente tutte le Regioni al voto.
Ma dalle parti di Fi c'è anche chi fa notare la storica vicinanza di Bergamini alla famiglia Berlusconi. E in questo senso la sua discesa in campo potrebbe essere anche un segnale d'attenzione ai temi sollevati da Marina Berlusconi, nella recente intervista al Foglio. Non a caso la Toscana ha da poco approvato la prima legge italiana sul fine vita, una delle questioni su cui la figlia del fondatore di Forza Italia ha calcato di più la mano.
Lo scontro dentro Fratelli d'Italia
Per ora comunque il favorito nella corsa interna al centrodestra resta Tomasi, ma più passa il tempo più la sua stella rischia di appannarsi. Anche perché indiscrezioni raccolte da Fanpage.it segnalerebbero qualche malcontento sul suo nome pure nella base di Fratelli d'Italia, dove c'è chi lo considera un candidato troppo debole. Critiche che – sebbene mai espresse in pubblico – avrebbero come obiettivo anche il vero uomo forte dei meloniani in Toscana, ovvero il fiorentino Giovanni Donzelli.
Il responsabile organizzazione di Fdi e braccio destro delle sorelle Meloni nel partito sarebbe accusato di concentrarsi solo sulla dimensione nazionale e di non essere particolarmente interessato a mettere la faccia sulla partita delle regionali toscane, che ha buone possibilità di rivelarsi perdente. Piuttosto, sussurrano i maligni, Donzelli sarebbe soprattutto attento a piazzare le sue pedine in consiglio regionale, anche nella competizione interna con un altro big del partito nell'ex Granducato, il sottosegretario all'Agricoltura Patrizio La Pietra, vicino al ministro Lollobrigida.
Diverse fonti hanno confermato a Fanpage.it come tra Donzelli e La Pietra i rapporti siano piuttosto burrascosi. E in queste fratture interne potrebbe provare a inserirsi anche un altro storico esponente di Fratelli d'Italia in Toscana: il sindaco dell'Abetone e vice coordinatore regionale di Fdi Diego Petrucci. Battuto da Tomasi nella gara per guidare il partito a livello regionale, Petrucci mediterebbe vendetta e vorrebbe provare a giocarsi le sue carte, nel caso le trattative dovessero riaprirsi definitivamente.
Alla fine, il rebus toscano verrà risolto a Roma, probabilmente solo dopo che si troverà una quadra sul Veneto, la madre di tutte le battaglie interne al centrodestra per le Regionali. A quel punto, però, per la coalizione di governo potrebbe già essere troppo tardi per avere una chance di contendere la poltrona a Giani. Nel frattempo, la Toscana dimostra come la narrazione di un centrodestra granitico e soprattutto quella di Fratelli d'Italia che si muove come un monolite – senza correnti o scontri interni – sia per l'appunto, solo una narrazione.