La differenza non è solo di sigle o definizioni, ma di sostanza. Da una parte l'approccio morbido, timoroso e dettato dalla logica dei piccoli passi, dall'altra l'affermazione veemente della necessità di abbattere il muro del pregiudizio e di ampliare definitivamente la sfera dei diritti. Una banalizzazione, certo, ma anche il ritratto a tinte nitide del dibattito in atto ormai da tempo all'interno del centrosinistra e soprattutto del Partito Democratico. E quello andato in scena ieri sera alla Festa Democratica di Reggio Emilia è solo l'ultimo atto di un confronto che è destinato a proseguire anche nella campagna elettorale per le primarie (se ci saranno…) e soprattutto nella definizione del programma di coalizione per le elezioni politiche del 2013.
Da una parte Rosy Bindi, nell'occhio del ciclone per aver "tecnicamente impedito" la discussione di un ordine del giorno sul tema durante l'assemblea nazionale di metà luglio. Dall'altra Nichi Vendola, protagonista già in passato di una polemica a distanza con l'area centrista del PD e poco incline a compromessi di sostanza sulla questione. "Io non voglio stare in un acronimo. Voglio poter dire che a 54 anni mi voglio sposare con il mio compagno", senza troppi giri di parole, senza tecnicismi né elucubrazioni cervellotiche. Del resto, il leader di Sel ricorda anche le parole di Cameron, Obama ed altri, quasi a voler sottolineare l'assurdità delle resistenze e dei temporeggiamenti di tanta parte della politica italiana. "Io credo che se noi parliamo di unioni civili siamo in grado di portare avanti questo impegno […] L'obiettivo che ci possiamo porre e possiamo raggiungere è quello del riconoscimento e della regolamentazione delle unioni civili e non del matrimonio, non perché sono credente, ma perché sono fedele alla Carta Costituzionale italiana". La risposta della Bindi, del resto, non parte da considerazioni di carattere "etico", ma dalla sentenza della Corte Costituzionale in cui si stabilisce "l'impossibilità di prevedere per la nostra Costituzione l'istituto del matrimonio". Insomma, il problema sembrerebbe dunque solo relativo alla possibilità o meno di inserire nella Costituzione quello che Vendola chiama "il pareggio dei diritti".
Così come sono tante le domande ancora inevase sulla questione, da una parte e dall'altra. Ad esempio, il Partito Democratico è pronto a caricarsi sulla spalle una battaglia di civiltà, lasciandosi alle spalle remore e cautele? E Vendola è disponibile ad evitare strumenatlizzazioni e a contribuire a colmare quello che è un vuoto "non soltanto legislativo"? E infine, siamo capaci di distinguere la "propaganda sulle sigle" dalla reale incidenza per la vita di migliaia di coppie di un "provvedimento minimo di decenza"?