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Vendola guadagnerà voti o li toglierà a qualcuno?

Il leader di Sel ha ufficializzato la sua candidatura, sparigliando le carte in tavola. Vendola potrebbe fare la parte del leone oppure rischiare di alterare gli attuali equilibri, forse avvantaggiando Bersani.
A cura di Andrea Parrella
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Primarie di coalizione siano! Manca sapere il come e il quando, forse per qualcuno anche il perché, ma conosciamo chi e cosa: Nichi Vendola parteciperà alla corsa per la guida del centro sinistra, sfidando Pierluigi Bersani e Matteo Renzi (l'ordine non rivela indici di gradimento, solo conoscenza dell'alfabeto), gli altri due che puntano davvero alla leadership. Il governatore della regione Puglia sfiderà gli altri concentrandosi sulle sfumature, le defaillance dei due principali contendenti. Sfrutterà l'avversità al governo Monti, sostenuto invece dal segretario e dal quasi-tutto-Pd, punterà sullo strenuo sostegno all'articolo 18 e l'ostracismo allo stravolgimento che la riforma Fornero, uno dei capisaldi del governo tecnico, ha comportato ai danni della tutela ai lavoratori (il Pd ha lavorato perché il ministro ridimensionasse la portata della modifica, ma c'è chi contesta ancora che l'articolo 18 non andasse toccato e basta). Combatterà FiRenzi con i contenuti e i principi saldi, di cui Matteo fino ad ora appare carente, premiando l'idea di una campagna di impatto visivo più che concettuale. Ma questo non è per forza un difetto, ricordiamo che nella maggior parte dei casi le elezioni si vincono così.

Esistono buoni motivi per credere che Nichi Vendola sia il candidato perfetto per questo momento storico, e per le sue vicende biografiche, e per l'autorevolezza espressa, a metà strada tra il chiaroscuro vetusto di Bersani e la candida immaturità di Renzi. Ha così tante chances che non si capiva come mai la sua candidatura tardasse a giungere. Tutto porterebbe a credere che la sua storia recente, nonostante alcuni disagi legali generati dalla gestione in Puglia, rispetti il naturale percorso che un aspirante alla leadership dovrebbe fisiologicamente compiere. Ma le carte in tavola potrebbero essere diverse dai clamori di novità che oggi lo vedono in testa nei sondaggi. Le sorti delle primarie potrebbero essere determinate da valori e giochi di potere interni ai partiti che forse eludono la semplice percezione empatica di un elettorato, oggi naturalmente orientato a guardare al nuovo, al cambiamento. Quindi è vero che Vendola potrebbe prendersi i voti degli indecisi tra il vecchio e il nuovo posticcio, che sommati a quelli dei suoi sostenitori naturali farebbero un bel gruzzolo, quasi gli potrebbero garantire di uscirne vittorioso (anche se il periodo ipotetico, qui, è la parte più importante della frase).

Oppure potrebbe accadere altro. Ieri Mentana al Tg di La7 illustrava un sondaggio che evidenziava un consenso, per il leader di Sel,  piuttosto basso in una virtuale graduatoria dell'uomo più adatto alla guida del paese (riscontro basso motivato anche dalla mancata discesa in campo sino a ieri, e quindi ovvia disattenzione mediatica). Se scenari di questo tipo dovesser essere tangibili e rimanere invariati, potrebbe accadere che Vendola sia destinato alla rubricazione in quella scomoda lista di personaggi colpevoli di togliere voti a qualcuno, piuttosto che guadagnarsene. Esiste un "ladro" di voti per ogni elezione. In questo caso, considerando gli orientamenti dell'immaginario collettivo, i voti non potrebbe che toglierli a Renzi, visto che l'elettorato di Vendola, secondo un'approssimativa valutazione di tipo culturale, si fonde molto meglio con quello del sindaco di Firenze che non con i bersaniani. Ne verrebbe fuori, dunque, quella che francamente, all'alba della candidatura di Vendola, è l'ipotesi più grigia per le sorti del Pd, ovvero che l'attuale segretario possa uscire vincitore dalle urne. Mi perdoni Pierluigi, niente di personale, ma la cosa, a questo punto, suonerebbe un po' fuori luogo. Insomma: Vendola scende in campo per vincere, o per fare il gregario?

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