"L’unione civile è il termine con cui si indica il negozio giuridico, diverso dal matrimonio, che comporta il riconoscimento giuridico della coppia di fatto, finalizzato a stabilirne diritti e doveri". La definizione più semplice, chiara ed intuitiva della locuzione "unione civile" è probabilmente quella di Maria Corbi su La Stampa e ci aiuta a circoscrivere fin da subito l'ambito entro il quale sarebbe sensato muoversi. In effetti, il motivo per cui in una simile discussione dovrebbero entrare valutazioni etiche, morali, religiose, filosofiche o "di sensibilità" continua ad esserci completamente oscuro. La questione è decisamente più semplice. C'è un vuoto normativo, ampio, evidente, che comporta confusione e distorsioni. Ed è compito della politica colmarlo, nella maniera più efficace possibile e lavorando in direzione dell'ampliamento dei diritti. Che è poi l'unica possibile, anche considerando come si esprime non solo la Costituzione della Repubblica italiana (articolo 2), peraltro con numerosi richiami della Corte Costituzionale in tal senso ("alla coppia omosessuale spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri"), ma anche le istituzioni europee, nella considerazione che nel resto dell'Europa occidentale vi sono varie forme che disciplinano le unioni civili e che i "registri locali" sono del tutto insufficienti.
La discussione delle ultime settimane ruota appunto intorno ad uno dei modelli europei, quello tedesco. A caldeggiarlo è soprattutto il nuovo segretario del Partito Democratico Matteo Renzi. Ma in cosa consiste il modello tedesco? Lo spiegava qualche mese fa Paolo Soldini su Casa Europa, spazio de L'Unità:
Per toccare subito il punto più importante, diciamo che dalla parificazione dei diritti delle coppie di fatto registrate, che in Germania sono costituite totalmente da omosessuali perché le coppie non sposate eterosessuali sono riconosciute di fatto, è escluso il regime fiscale. […] A parte il regime fiscale, in Germania i diritti delle coppie di fatto si avviano ad essere ormai del tutto uguali a quelli delle coppie sposate eterosessuali. Le ultime differenze, che riguardano in particolare le modalità per le adozioni comuni, sono in via di superamento [….] La legge stabilisce che due persone intenzionate a dar vita a una convivenza stabile lo dichiarino «reciprocamente, personalmente e contemporaneamente» davanti a un ufficiale di stato civile. I conviventi possono scegliere, se vogliono, un cognome comune e assumono obblighi di assistenza e sostegno reciproco che sussistono anche dopo l’eventuale separazione. Alla coppia vengono riconosciuti tutti i diritti contributivi e assistenziali previsti con il matrimonio. L’equiparazione al matrimonio eterosessuale vale anche per i diritti di successione: al convivente che sopravvive alla scomparsa del compagno o della compagna viene assicurata la pensione di reversibilità e la continuità dell’eventuale contratto di affitto.
Ovviamente una delle questioni centrali è quella relativa alle adozioni. Ecco, inizialmente il modello tedesco non prevedeva "alcuna possibilità di adozione comune". Tuttavia, una modifica successiva ha reso possibile l'adozione comune dei "figli dei componenti della coppia nati da altre o precedenti relazioni": una modifica di sostanziale buonsenso che serviva ad evitare che a "pagare" fossero i minori in situazioni particolarmente delicate.
Il modello prospettato dunque dovrebbe essere molto simile a questo, con la possibilità di una seria discussione sulla questione fiscale (restano infatti non pochi dubbi proprio di tipo costituzionale su una eventuale disparità di trattamento fiscale, tra l'altro gli stessi dubbi che hanno provocato la riapertura del dibattito in Germania). La proposta di Renzi infatti parte da quella presentata al Senato da Andrea Marcucci (ancora non assegnata ad alcuna Commissione) e che, come ricorda Europa, "prevede due istituti: 1) le unioni civili, che riguardano le coppie gay e prevedono per loro in sostanza gli stessi diritti del matrimonio nonché la stepchild adoption (l’adozione del figlio che il compagno o compagna ha avuto da una precedente relazione) e la filiazione (uno dei due soggetti della coppia viene considerato genitore del figlio del compagno avuto in costanza di unione civile, anche con il ricorso alla fecondazione assistita); 2) i patti di convivenza che garantiscono una serie di diritti alle coppie, anche dello stesso sesso, che non intendono sposarsi". Una proposta di buonsenso, al di là di propaganda e retorica.