video suggerito
video suggerito

UNHCR: “Oltre 1500 morti nel Mediterraneo, è la rotta più letale al mondo”

Un comunicato dell’agenzia della Nazioni Unite lancia l’allarme sui morti in mare nei primi sette mesi del 2018: “Ogni 31 persone che hanno tentato la traversata nei mesi di giugno e luglio, una risulta morta o dispersa, rispetto a 1 su 49 nel corso del 2017”. E ormai la prima destinazione di sbarco è la Spagna.
A cura di Redazione
246 CONDIVISIONI
Immagine

Nel giorno in cui il Parlamento italiano dà il via libera definitivo al decreto che dispone la cessione a titolo gratuito di 12 mezzi navali alla Libia per il controllo delle partenze e per il pattugliamento dalle coste, l’UNHCR, l’Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati, lancia un accorato appello affinché le istituzioni europee cambino registro sulla questione migrazioni. I dati di questi primi sei mesi del 2018, del resto, sono chiarissimi: “Più di 1.500 rifugiati e migranti hanno perso la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo nei primi sette mesi del 2018. […] Circa 60.000 persone hanno attraversato il Mediterraneo quest’anno, la metà rispetto allo stesso periodo nel 2017, segnando un ritorno ai livelli pre-2014. Tuttavia, ogni 31 persone che hanno tentato la traversata nei mesi di giugno e luglio, una risulta morta o dispersa, rispetto a 1 su 49 nel corso del 2017”.

La morte di oltre 850 persone solo nei mesi di giugno e luglio è stata una ulteriore conferma del fatto che quella del Mediterraneo sia “la rotta marittima più letale del mondo.” E per UNHCR poco si sta facendo per il contrasto ai trafficanti che “starebbero organizzando traversate sempre più pericolose su imbarcazioni sempre meno adatte alla navigazione”, barche che “vengono gravemente sovraccaricate di persone, sono poi lasciate salpare nella speranza che arriverà in tempo un soccorso”.

Nelle valutazioni dell’agenzia ONU, è chiaro che “senza ulteriori azioni, sempre più persone moriranno in mare nei mesi a venire, in quanto i trafficanti cercheranno di sfruttare le opportunità presentate dal miglioramento delle condizioni meteorologiche”. Questo anche perché in contemporanea con le “restrizioni di tipo legale e logistico poste alle operazioni delle navi delle Ong impegnate nel soccorso in mare” non si è proceduto a rafforzare le capacità di ricerca e soccorso in mare da parte degli Stati Europei. La conclusione è dura:

“Senza un piano armonizzato e collaborativo, che coinvolga Stati costieri e attori chiave delle industrie marittima e navale, le tragedie del Mediterraneo non si fermeranno. Con così tante vite a rischio, è essenziale dare ai comandanti la sicurezza di poter far sbarcare le persone soccorse in mare, e di conseguenza garantire che venga protetto e rispettato quel principio da tempo acquisito del soccorso delle persone che si trovano in difficoltà in mare”.

246 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views