La Covid-19 dovrebbe essere ancora uno dei principali argomenti di discussione pubblica, ma c’è da sperare che, con le giuste azioni e gli sforzi necessari, il 2023 potrebbe essere l’anno della fine della pandemia come emergenza sanitaria globale. È questo il concetto intorno al quale ruotano da mesi le analisi del capo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Ghebreyesus. Una lettura che tiene conto dei dati e tradisce un approccio comunque prudente, soprattutto a causa dell’evoluzione della pandemia in questi ultimi mesi e del naturale e comprensibile rilassamento dei cittadini di fronte all'intera questione Covid-19.
L’attenzione della comunità scientifica è focalizzata in parte sulle sotto-varianti di Omicron, in particolare su quelle che sembrano avere un vantaggio evolutivo e sono localizzate in diverse zone del pianeta, in parte sulle dinamiche che hanno determinato la nascita e l'evoluzione della pandemia. Dovremmo ancora preoccuparci della Covid-19, nella consapevolezza del fatto che non possiamo più trattarla secondo logiche di tipo emergenziale, ma con la certezza che è necessario un ulteriore sforzo di comprensione e analisi. Non ha molto senso continuare a dibattere sulla "fine della pandemia", visto che è sempre stata una scelta comunicativa e politica più che una considerazione di carattere epidemiologico. Ne ha invece riflettere sul modo in cui stiamo affrontando questa particolare fase, il ritorno alla cosiddetta normalità, dopo mesi piuttosto complicati seguiti alla decisione della totalità dei governi occidentali di rinunciare a contrastare la circolazione del virus, puntando a limitarne gli effetti grazie alla diffusione dei vaccini e alla migliorata capacità di cura. Purtroppo, i numeri sulla mortalità in eccesso ancora adesso raccontano una realtà diversa e pongono seri dubbi sull'efficacia delle policy adottate dalle autorità sanitarie di mezzo mondo, almeno per quanto riguarda il contenimento degli effetti nefasti del virus e gli investimenti in cure e assistenza.
In Italia siamo invece in una fase completamente diversa, quella del populismo applicato al pur doveroso accertamento delle responsabilità di gestione. Un'impostazione piuttosto discutibile, diciamolo subito. Se dal punto di vista giudiziario sono su un binario morto le indagini e i procedimenti sulle tempistiche delle scelte del governo allora in carica (l'ipotesi era che ritardi e indecisioni nell'introduzione di misure draconiane avessero determinato l'aggravamento della situazione e un maggior numero di contagi, ospedalizzati e morti), la politica ha deciso di muoversi in una direzione peculiare.
Del resto, da tempo i partiti della destra e alcuni fra quelli che rappresentano l'area liberale denunciavano la durezza delle imposizioni nel periodo dell'emergenza Covid19, accusando chi aveva governato di aver abusato delle proprie funzioni, privando i cittadini di diritti essenziali e causando danni all'economia del Paese. Alcune forze politiche non hanno mai nascosto il loro scetticismo nei confronti dei pilastri delle scelte in tema di salute pubblica durante la pandemia: il piano vaccinale, l'utilizzo del green pass e le sanzioni, nonché le scelte sulle chiusure e le limitazioni alla mobilità. Sullo sfondo, del resto, una quota dell'opinione pubblica (con giornali e media di riferimento) che continua a sostenere posizioni antiscientifiche in tema di vaccini e cure, speculando sul concetto stesso di "eventi avversi" e rilanciando bufale e fantasie cospirazioniste.
È in questo clima che si colloca la Commissione d'inchiesta sulla pandemia, che ha avuto un prima via libera dalla Camera dei deputati.
La commissione d'inchiesta sulla Covid-19, di che si tratta
Il testo unificato, che mette insieme tre diverse proposte, si compone di sette articoli. Il primo prevede, appunto, l'istituzione, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, per la durata della XIX legislatura, di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dell'emergenza sanitaria causata dalla diffusione del virus Sars-CoV-2 e sul mancato aggiornamento del piano pandemico nazionale. L’obiettivo dichiarato inizialmente era quello di “accertare le misure adottate per la prevenzione ed il contrasto della diffusione del virus e di valutarne la prontezza e l'efficacia”. Dopo l’esame in sede referente si è optato per aggiungere una postilla, “anche al fine di fronteggiare una possibile e futura nuova pandemia di questa portata e gravità”, in modo da dare anche una prospettiva diversa al progetto.
L’articolo due disciplina la composizione della Commissione, che dovrebbe essere composta da 15 senatori e 15 deputati, nominati dai presidenti delle Aule rispettando gli equilibri dei gruppi parlamentari; il presidente della Commissione sarà eletto a maggioranza assoluta. L’articolo tre contiene la previsione dei compiti della Commissione, un elenco vastissimo tra cui segnaliamo: la valutazione dell'efficacia, della tempestività e dei risultati delle misure adottate dal Governo; l'accertamento delle vicende relative al piano pandemico nazionale, del mancato aggiornamento del piano redatto nel 2006; la verifica dell’operato delle task force e delle strutture commissariali; l'indagine su eventuali abusi, sprechi, irregolarità od illeciti sulle procedure di acquisto e la gestione delle risorse destinate al contenimento ed alla cura del Covid-19 da parte del Governo (con particolare riferimento agli acquisti dalla Cina); la valutazione delle misure di contenimento adottate dal Governo nelle fasi iniziali e successive della pandemia sotto il profilo della ragionevolezza, proporzionalità ed efficacia, del fondamento scientifico delle stesse; la valutazione della legittimità della dichiarazione dello stato di emergenza e delle sue proroghe nonché dello strumento della decretazione d'urgenza; la verifica dell'efficacia, adeguatezza e congruità della comunicazione istituzionale; l'indagine relativa agli acquisti delle dosi di vaccino destinate all'Italia nonché all'efficacia del piano vaccinale predisposto.
Al fine di assolvere questo compito, la Commissione si doterà degli opportuni poteri ispettivi e provvederà a convocare esperti, tecnici e politici. I componenti dovranno rispettare l'obbligo del segreto, limitatamente ad alcuni aspetti del lavoro parlamentare.
Perché non è una buona idea
Durante le dichiarazioni di voto alla Camera, l'ex ministro della Salute Roberto Speranza è stato netto: "Per come l’avete impostata ha un’unica e sola finalità: mettere su un tribunale politico per colpire i principali esponenti dei governi che vi hanno preceduti". Ancora più duro l'ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che ha parlato di un "plotone di esecuzione", prima di lasciare l'Aula in segno di protesta.
Per queste ragioni, gran parte dell’opposizione (Pd, M5s e altri esponenti di sinistra) con ogni probabilità non parteciperà ai lavori della Commissione. Per logiche di priorità di intervento e per valutazioni sull’impostazione dell’operazione, è negativo anche il giudizio di Azione di Carlo Calenda. Il progetto è monco in partenza, dunque. Soprattutto, finisce con il diventare uno strumento politico in mano alla maggioranza parlamentare. Illuminante per certi versi è stato l’intervento della deputata Varchi, di Fratelli d’Italia, che ha messo in relazione il consenso elettorale con le valutazioni di merito sulla gestione della pandemia, spiegando che “noi non avvertiamo la necessità di celebrare alcun processo, anche perché non è nostro costume, poiché la sentenza l'hanno già data gli italiani con il loro voto”.
È questo il primo vero vulnus dell’intera operazione: non ci sono le condizioni di partenza per un percorso imparziale, trasparente e intellettualmente onesto, che possa giungere a risultati di una qualche rilevanza oggettiva. Basterebbe leggere appunto i resoconti dei dibattiti preparatori o le dichiarazioni in Assemblea per rendersi conto dei pregiudizi, delle sentenze già emesse e delle “certezze assolute” con cui gli esponenti della maggioranza si preparano ad “analizzare” l’operato dei governi Conte e Draghi nel periodo della pandemia. Un approccio molto diverso da quello adottato in altri Paesi nel varo di commissioni indipendenti e comitati di analisi.
Poi c'è la questione del perimetro d'azione della Commissione, dove si arriva al paradossale. Per cominciare, dall'intera indagine parlamentare resta fuori l'operato delle singole Regioni, che pure hanno gestito aspetti centrali della risposta alla pandemia (e che del resto hanno funzioni costituzionalmente definite in materia sanitaria). Si è molto discusso di questa scelta, sui giornali e in sede di dibattito parlamentare, senza che la maggioranza riuscisse a fornire una spiegazione convincente. In effetti, appare abbastanza difficile negare che si tratti di una scelta per "tenere fuori" dall'indagine alcune amministrazioni regionali amiche, in particolare quelle di Lombardia e Veneto, fra le Regioni più colpite dalla prima ondata e fra quelle che hanno operato le scelte più discusse e discutibili. Davvero non si è ritenuto che il caso lombardo potesse meritare una maggiore attenzione? Sul serio ci si può limitare a prendere atto dei risultati elaborati da commissioni interne alla Regione? E, soprattutto, se uno degli obiettivi principali della Commissione è analizzare le disfunzioni del sistema sanitario e provare a correggerle (come sostiene Italia Viva), perché tenere fuori la regione che più di altre ha mostrato i limiti del sistema ospedale-centrico e le contraddizioni dei rapporti fra sistemi territoriali e centrali?
Sempre scegliendo fior da fiore, va sottolineato che uno dei propositi dei parlamentari è quello di indagare sulla questione vaccini. Non tanto e non solo sul piano vaccinale, sulla filiera di approvigionamento/distribuzione e su eventuali errori e ritardi, quanto sull'intero processo. In poche parole, ai parlamentari della maggioranza e quelli di Italia Viva (con l'ausilio di esperti che loro stessi provvederanno a convocare) toccherà analizzare la rolling review delle autorità europee, gli studi sulla sicurezza dei vaccini, la letteratura scientifica in materia e via discorrendo. I parlamentari potranno indagare sulle scelte di EMA, OMS e Commissione Europea, non su quelle di Fontana, De Luca o Zaia. Cosa potrebbe andare storto?
Anche perché dal dibattito preliminare è emersa grande attenzione sugli "eventi avversi" e diversi parlamentari di Lega e Fratelli d'Italia hanno attaccato l'opposizione, insinuando che ci fosse un certo interesse a occultare fatti e dati. In realtà, i dati sulle vaccinazioni sono pubblici e aperti: come vi abbiamo raccontato più e più volte, le reazioni avverse e gli eventi infausti rappresentano una percentuale molto bassa del totale, e non vi sono dubbi sul piano scientifico sulla sicurezza dei vaccini che sono stati somministrati. Non è difficile prevedere cosa accadrà nelle settimane in cui la Commissione affronterà il tema specifico con audizioni e approfondimenti: sullo stesso piano di analisi finiranno esponenti di primo piano della comunità scientifica, ciarlatani e complottisti; sui media rimbalzeranno gli interventi di studiosi e teorici della controinformazione, che godranno di un palcoscenico unico per diffondere disinformazione e bufale antiscientifiche. C'è da giurare che persino questioni di senso, dall'implementazione del green pass ai ritardi nelle chiusure o riaperture, finiranno con l'essere decontestualizzate e de-storicizzate, viste con le lenti deformate di una quotidianità libera dall'angoscia del virus e non con quelle di un'emergenza che ha provocato milioni di morti.
Un circo, un'occasione unica per complottisti, no vax e specialisti della disinformazione scientifica.
Si poteva evitare? Certo. Perché il problema non è una Commissione d'inchiesta sulla Coivid-19, anzi. Ci sono tanti aspetti che andrebbero analizzati, tante decisioni che dovrebbero essere passate sotto setaccio, per appurare responsabilità e per prevenire errori futuri. La pandemia ha messo sotto stress non soltanto il sistema sanitario italiano, ma anche le fondamenta dello stato di diritto e della democrazia liberale. Milioni di italiani hanno vissuto anni di paura, dolore e confusione: meritano risposte e spiegazioni, è necessario capire come si è operato il bilanciamento fra diritti individuali e ragioni di salute pubblica, nonché se vi siano stati abusi, eccessi, sprechi di denaro pubblico o addirittura ingerenze di altri Stati. Ma questa Commissione non farà questo, perché non nasce con questo spirito. È un processo a quella parte politica che ha gestito la pandemia, è un moderno tribunale dell'Inquisizione egemonizzato dai partiti di maggioranza, che si propone il compito di riscrivere la verità dei fatti, in modo da strizzare l'occhio a una parte del proprio elettorato di riferimento. È una Commissione che nasce per ragioni politiche (colpire il M5s e il Pd, obiettivo comune alla maggioranza e a parte dei liberali) e comunicative, come debito elettorale da pagare per chi dall'emergenza ha guadagnato voti e visibilità. Non si propone di capire, ma di punire responsabilità e scelte, sostituendosi peraltro agli organi preposti.
Ecco, in definitiva, nessuno dovrebbe aver paura della verità. Tutti, invece, dovremmo preoccuparci quando è il potere politico a stabilire quale sia la verità.