"Si sono spartiti tutto, non parliamo di 10mila, 100mila o due milioni di euro, noi parliamo di centinaia di miliardi di euro". Lo confesso, ho provato in tutti i modi a resistere alla tentazione di annuire all'ennesima dichiarazione "qualunquista" di Beppe Grillo. Ma stavolta non ce l'ho fatta, non sono riuscito a resistere alla tentazione di pensare, citando la Polverini: "E che cazzo". Una sensazione di scoramento cresciuta mano a mano che montava la polemica sui rimborsi, sugli stipendi, sull'enorme fiume di denaro che inonda le Regioni e le stanze dei partiti, praticamente a tutti i livelli. Intendiamoci, c'entra poco o niente la questione degli stipendi e dei vitalizi: cifre che già conoscevamo e che "almeno in teoria" sarebbero anche giustificati dall'alto valore del ruolo ricoperto e…vabbeh, ci rinuncio.
Il problema è diverso, almeno in parte. E' l'ingordigia, la cupidigia, la sete insaziabile di denaro e potere che attanaglia i nostri politici. E' il senso di impunità, anzi, in gran parte dei casi, l'impunità stessa. E' l'incapacità di "immaginare" un Paese diverso, in cui trasparenza ed onestà siano parole inutili, superflue, inessenziali, perché bagaglio minimo di un rappresentante dei cittadini.
Non ricordo, non potrei, i tempi della "questione morale", della diversità a sinistra. E non ho motivi, solo vaghi sospetti "complottisti" per metterne in dubbio i principi. Ricordo la rabbia e l'indignazione dei primi mesi di Tangentopoli e ricordo come una distorta concezione del garantismo e il riposizionamento dei soliti noti abbiano stroncato sul nascere ogni possibilità di cambiamento radicale (ove mai ce ne fosse stata). Ricordo tutte le volte che ho sentito dire le frasi "non siamo tutti uguali", "anche se tutti, noi no!" (questa merita veramente un discorso a parte), "non generalizziamo" e via discorrendo. E continuo a chiedermi fino a quando può scendere in basso l'asticella della decenza.
Perché è evidente che non basta mandare a casa Berlusconi e le Olgettine. Non basta tagliare il numero dei parlamentari (ammesso che sia giusto poi…). Non basta ridurre gli stipendi e tagliare gli sprechi di deputati e senatori. Non basta ridurre il finanziamento pubblico ai partiti. Non basta tagliare le spese "inutili" di Regioni ed Enti locali. Atti doverosi, finanche insufficienti, ma che con il vero problema non c'entrano nulla, almeno fino a che il processo sarà gestito dagli stessi "soggetti" coinvolti. E' come tappare le falle del Titanic già affondato. E' come riprendersi le mance date al croupier dopo aver dilapidato un patrimonio alla roulette.
Sulle macerie dei partiti e sul disastro delle istituzioni, sullo svilimento dei concetti base della politica, tanto è già stato scritto. Sul "Franco Fiorito" che è in ognuno di noi ha già scritto in modo impeccabile Michele Serra. E stesso discorso sulla necessità di trovare un argine alla sfiducia e alla deriva qualunquista. Ma più ci giriamo intorno e più sembriamo tornare sugli stessi concetti, sulle solite domande: questa politica è in grado di riformare se stessa? O ci trascineremo con provvedimenti spot fino al prossimo scandalo? Fino al prossimo Bunga Bunga, al prossimo Batman o Lusi di turno?