Piazza San Giovanni si riempie lentamente. I due cortei entrano in piazza e le tante delegazioni prendono piano piano posizione in modo ordinato. Il rosso è il colore che la fa da padrone, quello delle bandiere della Cgil. Tutte le altre quasi scompaiono. È la dimostrazione che il primo sindacato italiano ha ancora la capacità di mobilitare e riempire la piazza, non solo per i concerti ma anche per una manifestazione tutta politica.
La scommessa della Cgil di Maurizio Landini è riuscita. Ci sono 150.000 persone "vere", non solo perché i numeri sono effettivamente quelli dichiarati, ma perché è una piazza di lavoratori e lavoratrici, che chiedono risposte a problemi veri: si parla di salari, reddito, sanità, investimenti. Una piazza che ha un programma di opposizione al governo di Giorgia Meloni.
La destra destra insomma, dopo quasi un anno che siede a Palazzo Chigi indisturbata, ha qualcosa di cui preoccuparsi. Perché quelle di ieri sono state le prove, o almeno questo sperano a Corso Italia: il sindacato è pronto a preparare lo sciopero generale, traindando dietro di sé uno schieramento quanto più vasto possibile. Ieri in piazza c'erano le Acli, che sulla difesa dei più deboli e dei più fragili da tempo hanno più sintonia con il sindacato con la bandiera rossa che con la Cisl. C'era l'Arci, Libera, Legambiente e tante associazioni grandi e piccole.
La piazza ha accolto la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein, come non accadeva da molto tempo a un leader dem. Presenza discreta ma prolungata, che non si è limitata all'abbraccio di rito e alle dichiarazioni alla stampa tra la folla: Schlein arriva, guida per un tratto lo spezzone del PD, e poi rimane a lungo tra il parco e il prato ad ascoltare gli interventi dal palco.
Per lo sciopero si parla di metà novembre. Si continua a chiedere ascolto e tavoli di confronto al governo, ma in realtà si discute più della data che dell'opportunità. La piazza è piena ma non "eccede" quello che già è ben organizzato. Le centrali associative chiamate a raccolta dal sindacato compongono un'alleanza vasta, ma che da sola non basta a fare paura al governo.
In un paese dove la mobilitazione collettiva negli ultimi dieci anni è scesa ai minimi storici, il "movimentismo" non è certo una scorciatoia per chi si vuole opporre alle politiche del governo. Riportare la gente in piazza, convincerle che protestare e manifestare non è un esercizio inutile, è il percorso difficile ma obbligato per chi vuole fare opposizione a un governo ancora forte, con un consenso largo cementato in un paese che si è spostato sempre più a destra.
Ieri la Cgil ha cominciato a costruire un'alleanza, ed è già qualcosa. Ha dimostrato che riempire una piazza contro il governo Meloni è possibile. Ha abbozzato un programma per il sindacato, la società civile e perché no, anche i partiti. Poche cose, ma chiare.
Ora la scommessa è capire se le piazze cominceranno a riempirsi più spesso. Se Meloni, Salvini e Tajani possono stare tranquilli, avendo a che fare con un'opposizione parlamentare litigiosa e divisa. O se dovranno fare i conti anche con un parte del paese a cui non stanno bene i tagli alla sanità, i salari al palo, la cancellazione del reddito di cittadinanza, il negazionismo climatico e così via. Alla fine dell'autunno ne sapremo certamente di più.