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Una famiglia su 10 non può comprare un quaderno ai figli, ma il problema è il reddito di cittadinanza

I poveri assoluti sono quelli che se gli si rompe una scarpa non possono entrare in un negozio e comprarsene un paio nuove il giorno stesso.
A cura di Saverio Tommasi
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Cinque milioni e mezzo di persone in Italia vivono – o meglio sopravvivono – in povertà assoluta.
I più poveri sono la fascia più piccola della popolazione: ovvero 1,4 milioni di bambini, bambine e adolescenti sul suolo italiano.

In Italia, in percentuale, i poveri assoluti rappresentano quasi il 10% della popolazione. Una persona su dieci, ad esempio fra quelle che vedete camminare per strada accanto a voi, è povera in modo estremo. Però, a seconda di dove vivete, potreste anche camminare tutto il giorno sul marciapiede e non vederne neanche una per tutto il giorno. E' così che funziona: i poveri stanno spesso a casa, o si muovono soltanto a poche centinaia di metri da dove dormono. Eppure sono il 10% della popolazione italiana.

E' difficile spiegare il concetto di povertà assoluta a chi non lo vive. Diciamo che significa vivere in condizione di deprivazione. Significa non potersi permettere generi di prima necessità, significa dover rinunciare all'essenziale.

Significa avere un piccolo buco nelle mutande e decidere di ripararlo due, tre volte. Oppure semplicemente tenere le mutande così come sono, con il buco, aspettando tempi migliore per comprarne un paio nuove.
Con i calzini, stessa cosa. Con i pantaloni, non ne parliamo neanche.

Non si tratta di rinunciare alla palestra, o a qualche cena fuori. Significa che sport e cibo fuori casa non sono neanche contemplati fra le possibilità.
Significa comprare sempre quantità minime di cibo, e al discount. Significa comprare tre, quattro o cinque prodotti al massimo ogni volta, dunque spese piccole da fare obbligatoriamente almeno una volta al giorno, perché non si hanno i soldi per comprare il mangiare necessario per l'intera settimana. I poveri assoluti non fanno scorte, perché è tanto se arrivano a domani.

Significa aprire il frigo e trovarlo vuoto, a volte non avere neanche il frigo.

Povertà assoluta significa scegliere sempre i prodotti in offerta, indipendentemente dal prodotto. Se poi ti piace è una fortuita casualità, perché comunque prodotti non in offerta, o di marca, non te li puoi permettere.

Povertà assoluta significa rinunciare all'essenziale, non al superfluo.

Povertà assoluta significa ammalarsi prima degli altri, ad esempio perché le finestre non hanno buoni infissi, o perché il riscaldamento è spesso spento, e immaginatevi cosa accadrà quest'inverno.
Povertà assoluta significa ammalarsi prima degli altri perché la medicina preventiva salta completamente, perché i prodotti che si acquistano sono generalmente di qualità più bassa, perché il ricorso alla diagnostica e alle cure è rimandato, anche in presenza di dolori. In altre parole: si aspetta che passi, e proprio quando questo non accade ci si rivolge in ospedale, quasi sempre ben oltre i tempi consigliati.

Per una bambina o un bambino povertà assoluta significa rinunciare a un quaderno di scuola, ai libri, a un gelato. Significa magari che i genitori non ti portano al compleanno di un amico perché non hanno i soldi per il regalo e si vergognano. Così inventano scuse, impegni, appuntamenti, e tu bambino finisci per essere privato della socialità e dell'amicizia. E' questo quello che accade alle persone in povertà assoluta: diminuiscono le occasioni di aggregazione, una birra fuori, il teatro, un ritrovo in un locale qualsiasi.

Significa non curarsi i denti, e se il dolore è troppo forte semplicemente farseli estrarre e non sostituirli.
Significa non cambiarsi gli occhiali, neanche quando la vista si abbassa un po'.
Significa cambiarsi gli assorbenti meno volte di quanto sarebbe necessario. Significa a volte restare a casa perché non si hanno assorbenti puliti per uscire.
Significa comprare i prodotti in scatola al posto di quelli freschi, o il sugo al pomodoro al posto del ragù.
Significa mangiare più primi che secondi, perché i carboidrati costano meno e riempiono prima.
Significa evitare un esame di controllo al seno, o un'ecografia.
Significa non andare dal medico di base perché poi ti segnerebbe delle medicine che in farmacia non sei in grado di comprare.
Significa mangiare più pane che companatico.

Povertà assoluta significa chiedere qualche prestito senza sapere con certezza se si potrà restituire.
Significa sentirsi umiliati dagli sguardi, dai giudizi, dagli indici puntati di chi – ad esempio – vorrebbe abolire il reddito di cittadinanza, che al momento raggiunge (e spesso con cifre molto basse), 4 milioni e 700.000 persone, ma soltanto il 44% dei poveri assoluti. E questo perché? Perché spesso i poveri assoluti sono estromessi dalla vita sociale, dalla capacità di entrare in relazione con una collettività che ti porterebbe a conoscere e accedere ad alcuni dei tuoi diritti. Leggono meno, ad esempio, i poveri assoluti. E possono fruire meno dei mezzi tecnologici all'avanguardia.
Per questo, spesso, i poveri assoluti non hanno neanche la possibilità di accedere a quelli che sarebbero dei diritti a loro riconosciuti. E questo avviene perché sono emarginati dal consesso, messi di lato, considerati un peso, uno scarto, un problema, un fastidio per gli occhi di chi – quando apre il frigo – si sofferma per scegliere e non per piangere.

Vorrei finire con una frase ottimista, termino invece con un pensiero triste: dalla pandemia in poi i dati sono in aumento, i poveri sono sempre di più.

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Sono giornalista e video reporter. Realizzo reportage e documentari in forma breve, in Italia e all'estero. Scrivo libri, quando capita. Il più recente è "Siate ribelli. Praticate gentilezza". Ho sposato Fanpage.it, ed è un matrimonio felice. Racconto storie di umanità varia, mi piace incrociare le fragilità umane, senza pietismo e ribaltando il tavolo degli stereotipi. Per farlo uso le parole e le immagini. Mi nutro di video e respiro. Tutti i miei video li trovate sul canale Youmedia personale.
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