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Un milione di italiani esclusi dalle elezioni: è ora di una legge che permetta il voto ai fuorisede

Dopo dieci anni di battaglie per cercare di correggere un’ingiustizia è arrivato l’impegno del governo per emanare un decreto, che consenta ai cittadini in mobilità di votare fuori dal Comune di residenza.
A cura di Annalisa Cangemi
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Votare è un diritto, ma non per tutti. In una realtà in cui la ricerca di un'occupazione spinge sempre di più i giovani a trovare una collocazione diversa da quella del Comune di nascita, l'Italia non ha ancora previsto un meccanismo di voto per consentire ai cittadini in mobilità di recarsi alle urne.

Ma per gli elettori che si preparano alle elezioni politiche del 2018 potrebbe arrivare finalmente la svolta. Finora i governi che si sono succeduti in questi ultimi dieci anni, dopo proposte di legge cadute nel vuoto e nonostante le polemiche sull'astensionismo in crescita, non si sono occupati del problema: quasi un milione di potenziali elettori, conteggiati tra studenti e lavoratori fuorisede rischiano di essere ancora una volta esclusi delle consultazioni elettorali. Per citare il caso più recente, in Sicilia per le Regionali dello scorso 5 novembre non ha votato il 53,24% degli aventi diritto. Ma stando ai dati che abbiamo ricavato dal database del Miur, se si considerano soltanto gli universitari siciliani che studiano in una Regione diversa da quella di residenza, si parla di 51.405 studenti in mobilità che di fatto potrebbero non aver esercitato il diritto di voto. In Italia sono molti di più: gli studenti fuorisede sarebbero oltre 300mila, secondo i dati diffusi dal comitato Iovotofuorisede.

A sollevare la questione ci ha provato il presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera Andrea Mazziotti, con un emendamento alla legge elettorale, poi decaduto dopo che sul Rosatellum bis è stata messa la fiducia. Ma ora il tempo stringe. Il governo si è impegnato, almeno moralmente, dopo la presentazione a ottobre di un ordine del giorno da parte di Mazziotti, condiviso da molti parlamentari, a emanare un decreto, come già accaduto in altre occasioni, viste le condizioni di urgenza determinate dall'approssimarsi della data delle elezioni. Dalle parole però non è detto che si passi ai fatti. Per evitare l'ennesima battuta d'arresto la soluzione presentata ha delle caratteristiche differenti rispetto alle precedenti: in questo caso si prevede che gli elettori votino direttamente nel Comune di temporanea residenza. Funzionerebbe così: un elettore che si trovi temporaneamente in una provincia diversa da quella di iscrizione nelle liste elettorali può fare domanda, di volta in volta, per ottenere lo spostamento temporaneo in un'altra lista, e votare così nel Comune in cui risiede. Potrebbero votare anche i conviventi e i parenti di coloro che ne fanno richiesta. La domanda sarebbe valida per un'unica consultazione, e andrebbe presentata entro una data stabilita. Il Comune di temporanea residenza provvederebbe poi a comunicare la richiesta agli uffici elettorali da cui provengono gli elettori in mobilità, affinché questi non vengano temporaneamente considerati nelle liste delle sezioni d'origine. Naturalmente rimarrebbero intatte le norme previste per consentire le agevolazioni nei trasporti, per chi ha la possibilità di rientrare a casa per votare. "Non possiamo disincentivare il ritorno nel Comune di residenza – ha spiegato Mazziotti, contattato da Fanpage.it – "I rimborsi sarebbero comunque garantiti". Una spesa non da poco, visto che gli spostamenti per elezioni costano in tutto 30 milioni.

Nell'ottica anche di un risparmio per le casse dello Stato, la proposta di Mazziotti prevedeva inizialmente un voto anticipato, (sulla falsariga di quello danese o di quello tedesco) presso le Prefetture. Ma sull'"early vote" per corrispondenza il Viminale aveva dato parere contrario lo scorso 4 ottobre, adducendo le seguenti motivazioni di carattere tecnico: in primo luogo, nel nostro ordinamento vige il principio della territorialità della scheda, per garantire procedure snelle e per rispondere a esigenze di controllo della regolarità del voto; inoltre ha sollevato la questione del rischio brogli e della manomissione delle buste spedite, contenenti i voti; poi le Prefetture dovrebbero essere organi tecnici neutrali, e non possono svolgere anche funzioni di amministrazione attiva; e infine il ministero ha sottolineato come le schede votate in anticipo risulterebbero riconoscibili perché meno nuove di quelle utilizzate al seggio. "Appare strano che si sollevi il problema dei brogli, visto che già il voto per corrispondenza si utilizza per la circoscrizione Estero da molti anni, basta essere registrati all'Aire – ha detto Andrea Mazziotti, – "Si tratterebbe adesso di inserire una norma semplice, come quella che è stata adottata per gli studenti Erasmus nel 2015. Ma è un paradosso che la possibilità di votare non ce l'abbiano i cittadini italiani all'interno del territorio nazionale". Gli abbiamo chiesto quindi quale sia il sistema di voto migliore per i fuorisede: "La formula ideale non esiste, dipende dalle varie esigenze. Se un cittadino, studente o lavoratore, cambia domicilio per un breve periodo di tempo allora è preferibile il voto per corrispondenza, con l'early vote. Per chi invece sta lontano a lungo ha più senso che voti per il candidato del posto".

Ma a chi non piacerebbe invece il voto nel Comune di provvisoria residenza, che pure è l'unica ad avere una chance di andare avanti? Probabilmente ad alcuni partiti preoccupa l'eventuale spostamento di bacini elettorali da un area del territorio ad un'altra. Tradotto: la risoluzione del problema non è solo una questione di tempi tecnici, ma anche di opportunità politica. Non votando per esempio per un deputato del proprio collegio un elettore del Sud potrebbe non voler favorire partiti più "nordisti".

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