Un altro naufragio nel Mediterraneo, 40 dispersi e 6 salme recuperate: solo in 10 arrivano a Lampedusa

Un'altra tragedia in mare, avvenuta al largo di Lampedusa. Sono stati recuperati 6 cadaveri di migranti, che viaggiavano a bordo di un gommone partito domenica da Sfax, in Tunisia. Erano in tutto 56 quando l'imbarcazione ha lasciato le coste tunisine, e solo in 10 sono sopravvissuti, arrivando a Lampedusa. Il resto delle persone a bordo del gommone, che sarebbero una quarantina, risultano disperse. Le ricerche sono ancora in corso.
Cosa è successo ai migranti affondati al largo di Lampedusa
I 10 naufraghi, sei uomini e quattro donne sbarcati oggi a Lampedusa, una volta giunti nell'hotspot, hanno raccontato appunto d'essere partiti domenica notte in 56 da Sfax, in Tunisia, a bordo del gommone. Dopo meno di 24 ore di navigazione, mentre erano in acque internazionali, molti migranti sarebbero caduti in acqua durante la traversata forse a causa del mare agitato. Il gommone ha però proseguito la sua navigazione e ieri pomeriggio, ormai semi affondato, è stato intercettato nelle acque antistanti Lampione dalle motovedette della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza.
Subito dopo lo sbarco al molo Favarolo due migranti sono stati portati al poliambulatorio, ma dopo i controlli medici anche loro sono stati condotti all'hotspot, insieme agli altri otto migranti superstiti. I militari, nel frattempo, sempre nei pressi di Lampione, hanno proseguito con le operazioni di ricerca, recuperando i 6 cadaveri, tutti di giovani uomini, già portati alla camera mortuaria del cimitero di Cala Pisana e verranno sottoposti ad ispezione cadaverica. All'appello mancherebbero dunque una quarantina di dispersi. Le ricerche sono sono riprese questa mattina.
Oggi i 10 naufraghi verranno ascoltati dalla polizia e si cercherà di ricostruire, con maggiore precisione cosa sia accaduto e di vagliare il loro racconto. Era da diverse settimane che non venivano intercettati natanti partiti dalla Tunisia. Ultimamente tutti i migranti sbarcati a Lampedusa hanno riferito d'essere salpati dalla Libia. Dopo i 10 naufraghi, sull'isola sono giunti altri 40 migranti (9 donne e 2 minori) ivoriani, senegalesi, guineani e malesi. Anche loro hanno riferito d'essere partiti da Sfax e hanno viaggiato su barchino di metallo di 8 metri. Ieri a Lampedusa sono stati registrati complessivamente cinque sbarchi con un totale di 213 migranti. All'hotspot di contrada Imbriacola al momento ci sono 230 ospiti.
Le reazioni
Nicola dell'Arciprete, Coordinatore in Italia dell'Ufficio Unicef per l’Europa e l’Asia centrale, ha commentato così quanto accaduto ieri: "Un naufragio al largo di Lampedusa ha provocato sei morti e altri 40 dispersi, tra cui – secondo le ricostruzioni – anche minorenni. È l'ultimo di una serie di incidenti mortali segnalati lungo le coste di Lampedusa e un evento tragico, ma comune, per le persone che si imbarcano su queste rotte in cerca di sicurezza e protezione in Europa. Queste morti possono e devono essere evitate".
"L'Unicef – ha proseguito – esorta i governi a sfruttare il quadro fornito dal Patto sulla migrazione e l'asilo per rafforzare il loro impegno a salvaguardare bambine, bambini, e adolescenti in linea con il diritto comunitario e internazionale. Ciò include la garanzia di percorsi sicuri, legali e accessibili per coloro che cercano protezione e si ricongiungono con i membri della famiglia. Operazioni coordinate di ricerca e salvataggio in mare, sbarco sicuro, accoglienza nelle comunità e accesso ai servizi di asilo sono essenziali per prevenire le morti e proteggere bambine, bambini, adolescenti e giovani".
Il Comitato 3 ottobre, nato per ricordare il naufragio del 2013 a Lampedusa che provocò almeno 368 morti, auspica che ai cadaveri dei sei migranti recuperati ieri nelle acque dell'isola e gli eventuali dispersi che dovessero venire recuperati, "venga subito prelevato almeno un campione di Dna e che la Polizia scientifica fotografi i cadaveri. Riteniamo che sia doveroso farlo, come avverrebbe se il naufragio vedesse coinvolti dei turisti e non delle persone migranti", ha detto Tareke Brhane, presidente del Comitato 3 ottobre, secondo cui "la corretta identificazione di queste vittime è una questione di uguaglianza, salvaguardata da leggi nazionali e internazionali, tra cui le quattro convenzioni di Ginevra del 1949 e i successivi protocolli, così come l'articolo 10 della nostra Costituzione. Non si tratta, quindi, solo di un obbligo di carattere morale, ma di un obbligo giuridico. Chiediamo alla prefettura di Agrigento di mettere in atto tutte le azioni atte all'identificazione di queste persone e che vengano resi pubblici i luoghi di sepoltura. L'Unione europea riconosca e tuteli il diritto all'identificazione di coloro i quali sono deceduti nel corso di una migrazione. Cercando di trovare una soluzione ad ampio respiro utilizzando risorse governative già esistenti, creando specifici regolamenti e procedure".
"Il naufragio vicino a Lampedusa della notte scorsa è un vero e proprio incubo. La notizia di oggi potrebbe essere datata in qualunque momento nella storia degli ultimi quindici anni, dato che queste tragedie continuano a ripetersi e che nulla viene fatto per impedire. Al contrario, vengono stretti accordi con chi i traffici, ovvero la vera causa di queste nefaste vicende, li alimenta. Entro novembre il nostro Governo può decidere di interrompere il Memorandum con la Libia, cosa aspetta a farlo?", ha detto Valentina Brinis, advocacy officer di Open Arms.