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Umberto Bossi chiede l’affidamento ai servizi sociali per scontare la condanna per vilipendio

Il Senatore del Carroccio, Umberto Bossi, sarebbe intenzionato a chiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali per scontare la condanna a un anno e 15 giorni di carcere per vilipendio al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che durante un comizio tenuto nel 2011 chiamò “terùn”.
A cura di Charlotte Matteini
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Il Senatore del Carroccio, Umberto Bossi, sarebbe intenzionato a chiedere l'affidamento in prova ai servizi sociali per scontare la condanna a un anno e 15 giorni di carcere per vilipendio al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che durante un comizio tenuto nel 2011 chiamò "terùn". Secondo quanto si apprende da Fatto Quotidiano, il legale del Senatùr depositerà oggi l’istanza di richiesta per la misura alternativa.

Esattamente come Silvio Berlusconi, che scontò la propria condanna relativa al processo Mediaset facendo 12 mesi di misura alternativa al carcere nel centro di Cesano Boscone della Fondazione Sacra Famiglia, anche il fondatore del Carroccio vorrebbe poter regolare così il proprio conto con la giustizia, una richiesta avanzata "per garantire a Bossi di poter proseguire l’attività politica a Palazzo Madama".

La condanna a un anno è 15 giorni di carcere per Vilipendio al Capo dello Stato è stata confermata dalla Cassazione lo scorso 12 settembre. La sentenza di primo grado emessa dal tribunale di Bergamo aveva condannato il fondatore della Lega a 18 mesi di reclusione, mentre successivamente la pena era stata ridotta in appello. La Cassazione, però, dichiarando inammissibile il ricorso del legale del Senatùr, ha infine confermato la pena di un anno e 15 giorni inflitta in appello al fondatore della Lega. Bossi dovrà anche pagare le spese processuali e versare 2mila euro alla Cassa delle ammende.

Il reato di Vilipendio al Capo dello Stato è regolato dall’articolo 278 del codice penale e prevede pene da uno fino a 5 anni. L'articolo in questione recita: "Chiunque offende l’onore o il prestigio del presidente della Repubblica è punito con la reclusione da uno a cinque anni”.  Il reato si consuma quando sia comunicata con qualsiasi mezzo, un'offesa che relativa alla persona del Presidente della Repubblica sia in riferimento a fatti che ineriscono all'esercizio o alle funzioni cui è preposto, sia a fatti che riguardano l'individualità privata, anche in relazione anteriori all'attribuzione della carica.

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