Ugo Sposetti a Fanpage: “Napolitano come Berlinguer, simbolo della sinistra italiana rispettato all’estero”
Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica emerito morto ieri a 98 anni, è stato il primo ex comunista a salire al Quirinale, il primo a essere confermato per un secondo settennato, una figura attiva e decisa al centro di una forte crisi politica – quella dell'ultimo governo Berlusconi – culminata con la nascita del governo di Mario Monti. Ugo Sposetti, classe 1947, parlamentare fino al 2018 con una lunga storia nel Partito comunista italiano, poi nella Ds (di cui è stato tesoriere) e infine con il Pd, ha commentato a Fanpage.it il ruolo di Napolitano, sia per la sinistra italiana che per le istituzioni che ha rappresentato.
Napolitano e Berlinguer, avversari nel Pci ma "simboli della sinistra rispettati anche all'estero"
Innanzitutto, Napolitano è stato il primo ex comunista ad essere eletto presidente della Repubblica. Nella sua lunga carriera politica aveva già occupato moltissimi incarichi di prestigio, dalla presidenza della Camera al ministero dell'Interno. Per Sposetti, la sua elezione è stato il simbolo del "successo di quel gruppo di cui si era circondato Palmiro Togliatti", lo storico segretario del Partito comunista.
"Dopo essere tornato da Mosca Togliatti si scelse diversi giovani colti, come Amendola [Giorgio Amendola, ndr] e anche lo stesso Napolitano". A permettere poi l'ascesa di Napolitano ai ruoli più importanti della politica italiana fu soprattutto "il suo fortissimo senso delle istituzioni", secondo Sposetti. "Lo dimostrò sempre sia da presidente della Camera che da presidente della Repubblica".
Proprio Amendola e Napolitano (che si riteneva un suo ‘allievo') furono esponenti della corrente dei cosiddetti "miglioristi", una corrente più riformista all'interno del Pci che negli anni si oppose più volte anche al segretario Enrico Berlinguer. Eppure, per Sposetti i due hanno qualcosa in comune: "Lui e Berlinguer sono stati due simboli della sinistra italiana che hanno ottenuto rispetto e riconoscimento a livello internazionale". Anche negli Stati Uniti, un Paese storicamente molto diffidente verso i politici con un passato comunista, nel tempo mostrarono apprezzamento verso Napolitano: "Gli Stati Uniti, in quanto comunisti ci ritenevano qualcosa che non eravamo, e ci hanno combattuti. Ma con Napolitano fu diverso".
L'incarico al governo Monti: "Io c'ero, anche Berlusconi votò a favore"
Alcuni ritengono che il punto più significativo della storia politica di Napolitano sia stata la conferma al Quirinale per un secondo mandato da presidente della Repubblica, una scelta senza precedenti: "È stato il primo a essere riconfermato, ma quando è successo ha detto che se ne sarebbe andato presto e poi l'ha fatto", ha ricordato Sposetti. "La Costituzione non vieta che ci sia una riconferma, ma neanche lo prevede esplicitamente. È stato giusto quindi, sempre per rispetto del suo senso delle istituzioni, che abbia lasciato l'incarico prima che si concludesse il secondo settennato".
Un passaggio tra i più discussi nel mandato di Napolitano al Quirinale, però, fu la scelta di dare a Mario Monti il mandato per formare un governo tecnico. Il contesto era quello di un governo Berlusconi in forte difficoltà, con la crisi economica e finanziaria internazionale che rischiava di portare l'Italia al default. La scelta di promuovere un governo tecnico, da parte del Quirinale, fu vista come inedita e negli anni successivi è stata criticata da alcuni.
Per Sposetti, però, la storia fu piuttosto semplice: "Io mi ricordo quel momento, ero in Parlamento. Se tutte le forze politiche fossero andate insieme al Quirinale a chiedere di sciogliere le Camere, l’avrebbe fatto. Questo l’avevo capito allora e lo so oggi". Insomma, la decisione formale fu di Napolitano, ma se davvero tutte le forze politiche avessero voluto opporsi e preferito andare a nuove elezioni, sarebbe andata così: "Invece no, questo non avvenne. Infatti poi Berlusconi lo votò, il governo Monti. Per me la questione si chiude così, è semplice".
Anche sull'idea che Giorgio Napolitano sia stato un presidente della Repubblica molto ‘energico', che ha fatto pesare il suo ruolo più di molti predecessori, Sposetti è scettico: "Alla fine i presidenti della Repubblica fanno quello che gli richiede il periodo storico. Da Pertini, a Ciampi, anche allo stesso Mattarella. La Costituzione gli riconosce certi poteri, e quindi gli chiede di esercitarli. La situazione nazionale e internazionale detta le necessità a cui il presidente deve fare fronte". Per il contesto in cui si trovava, "io credo che Napolitano abbia sempre operato per il meglio. Poi saranno gli storici a deciderlo. Ma non gli storici di oggi: chi commenta oggi è troppo preso nei piccoli avvenimenti, nelle cronache. Tra cinquant’anni, rileggendo tutte le carte e mettendo tutto nel giusto contesto, si potrà davvero giudicare la figura di Giorgio Napolitano".